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«DREAM INTO IT - Billy Idol» la recensione di Rockol

Billy Idol racconta la sua storia, con un po’ di nostalgia punk

L’icona del punk rock più ballabile torna con il suo primo lavoro di inediti in oltre dieci anni

Recensione del 30 apr 2025 a cura di Elena Palmieri

Voto 7/10

La recensione

Certe vite suonano come un lungo colpo di tosse nel buio, altre come un pugno di cori brillanti che sfidano il tempo. Billy Idol, a quasi settant'anni, torna con l’album “Dream into it”. Per l’icona del punk rock più ballabile, si tratta del primo lavoro di studio in oltre dieci anni, dall’uscita di “Kings & queens of the underground” nel 2014.

“Dream into it”: un giovane punk arrabbiato giunto alla vecchiaia

“Dream into it” è un diario inciso nell’acciaio e nella nostalgia, un grido che riecheggia tra i resti della King’s Road, con l’euforia della scena punk inglese che lo ha formato, e i neon bruciati della California, da dove ora Idol osserva ed evoca quel passato fatto di fame, ambizione e creatività DIY. “Late night conversations / With past life hesitations / Once when I was younger / Back when I knew hunger / I was just bored with a life to live / All I knew was to dream into it”: così si apre il nuovo e nono album in studio del musicista britannico, introducendo fin da subito l'umore prevalente delle nove tracce che lo compongono.

L’album si muove tra il riverbero dei grandi sintetizzatori e il rombo delle chitarre, con Billy Idol che non sembra mai perdere il ghigno e la grinta: è un giovane punk arrabbiato arrivato alla vecchiaia. Il ritorno agli anni Ottanta fatto di grandi riff fa leva sulla nostalgia e sull’accettazione, e con brani come “Too much fun” funziona. “They said, ‘Pick your poison’ / So I drank every one”, canta Idol in uno dei momenti più energici del disco, in cui l’artista elenca una serie di disavventure dei suoi primi giorni di successo. 
Trasformandosi in una sessione di terapia sotto forma di canzoni, “Dream into it” non manca quindi di mostrare persino le conseguenze peggiori di una vita al limite. “I know I could be sorry, but I don't feel bad for being who I am / I see you're disappointed I left school to start a punk rock band”, inizia a ricordare Billy Idol in “People I Love”, uno dei momenti meglio riusciti. E dichiara: “I gotta find a way to stop pissing off people I love”.
Billy Idol canta tutto con sincerità e, non essendo mai stato famoso per il suo bisogno di sorprendere, può concedersi un po’ di nostalgia. Non a caso, c’è anche la malinconia grazie all’incursione della new wave con “Gimme the weight”, con echi di “Rebel yell”, e la ballata “I’m your hero”.

I duetti

Per vivacizzare il disco, Billy Idol ha deciso di includere un trio di duetti che lo vede collaborare con Avril Lavigne, Joan Jett e Alison Mosshart, cantante di Kills e Dead Weather. La collaborazione con quest’ultima in “John Wayne” è l’irruzione migliore. I sintetizzatori abbelliscono la magia del pezzo e salvano dalla malinconia, mentre i due si scambiano affettuosamente le rispettive inquietudini e le loro voci si bilanciano perfettamente. Punto extra anche per l’assolo di Steve Stevens.

Joan Jett arriva invece per “Wildside”, una confessione dove al centro si trovano tristezza e autolesionismo. I due artisti si sorreggono a vicenda, condividendo demoni e glorie. Peccato che al brano manchi un po’ di quel carisma che ci si aspetterebbe da entrambi.

Il vero punto debole, non solo tra i duetti, ma di tutto l’album, è “77”. La sovrapproduzione soffoca il pezzo, che si riduce a mero esempio di “pop-punk da Disney Channel” - come l’ha sagacemente descritto “Blabbermouth”. In un brano che vorrebbe incarnare l’immagine di due generazioni ribelli a confronto, troviamo Avril Lavigne che, più presente di quanto ci si aspetterebbe, non restituisce propriamente l’idea di ribellione

Un’operazione a cuore aperto

Nel fare il bilancio della sua vita, il leggendario punk rocker ci tiene a sottolineare di non aver nessun rimpianto. Assaporando i ricordi dei bei momenti, guardandosi indietro, Idol si rende conto che non cambierebbe molto del suo passato. “È stato un lungo viaggio, ma il viaggio è tutto ciò che conosco”, canta Idol nella conclusiva “Still dancing”, che citando uno dei suoi più grandi successi (“Dancing with myself “), si meriterebbe un posto stabile nella scaletta dei concerti. L’artista raccoglie così nel pugno la polvere e l’oro di una carriera vissuta senza rete.

Sembra un’operazione a cuore aperto quella che fa su se stesso Billy Idol nel suo nuovo album in studio, “Dream into it”. Nel bene e nel male. C’è voglia di raccontare se stesso ripercorrendo la propria vita e la scena che lo ha formato, e bisogno di abbracciare storie diverse. Il disco diventa così una raccolta di memorie per le generazioni future. Nella celebrazione del passato, con il desiderio di rivivere quei sogni da rockstar con l’esperienza e la saggezza del presente, c’è però troppo auto citazionismo. Il rischio di trasformarsi da icona a caricatura di se stesso è dietro l’angolo, ma Idol riesce comunque a scamparlo e mantiene il suo status commemorando la sopravvivenza.

Tracklist

01. Dream Into It (05:05)
02. 77 - feat. Avril Lavigne (02:53)
03. Too Much Fun (03:20)
04. John Wayne - feat. Alison Mosshart (04:15)
05. Wildside - feat. Joan Jett (03:36)
06. People I Love (03:40)
07. Gimme The Weight (03:49)
08. I’m Your Hero (04:21)
09. Still Dancing (03:46)
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