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«BASED ON A TRUE STORY - Will Smith» la recensione di Rockol

Based on a true story: il ritorno di Will Smith non convince

Dopo 20 anni e con una storia da raccontare, l'attore ex rapper torna ma senza ispirazione.

Recensione del 07 apr 2025 a cura di Michele Boroni

Voto 5.5/10

La recensione

Prima di scrivere e incidere questo disco, il primo dopo vent'anni, Will Smith ha chiesto dei consigli a due pesi massimi dell'hip-hop su come approcciare al rap. Lo ha raccontato lo stesso Smith in un'intervista alla stazione radio satellitare americana Sirius XM. Jay-Z gli ha suggerito di “essere fedele alla tua storia” mentre Kendrick Lamar più tranchart gli ha confidato “Di' semplicemente quella m***a che hai sempre avuto paura di dire”. 
Due consigli non male, specialmente il secondo, per due motivi: il primo perché Smith non è mai stato precisamente un duro quando faceva rap, e poi perché questa volta aveva anche una storia conosciuta da tutti da raccontare dal suo punto di vista. 

L'antefatto

Per chi nel 2022 era in missione su Marte, forse vale la pena ricordarlo. Cerimonia degli Oscar, il comico Chris Rock – presentatore della cerimonia – fa una battuta un po' cattiva sulla testa rasata della moglie Jada Pinkett-Smith, così l'attore americano risentito reagisce in diretta con un sonoro schiaffo a Rock. Nonostante avesse vinto l'Oscar come miglior attore, Smith diventa rapidamente persona non grata nell'industria dell'intrattenimento, mentre il suo matrimonio non convenzionale rimane per lungo tempo il bersaglio di infinite battute. Quindi “Based on true story” arriva sul mercato carico di aspettative, con la speranza che sia un disco in cui l'uomo si toglie la maschera e racconta la sua storia. 
Ma non è così. 
O meglio, la prima traccia dà una certa speranza: è una sorta di dialogo all'interno di un barbiere ("Int. Barbershop – Day") su una base del suo storico sodale Jazzy Jeff e con il comico B. Simone sui pettegolezzi e sul tumulto post-Oscar, in una chiave autoironica e un po' spaccona. E funziona. 

Discorsi motivazionali e sermoni

Il problema sono le tracce successive che invece sembrano più dei discorsi motivazionali o dei sermoni su delle basi di 10-15 anni fa. L'attore-rapper di Philadalphia vuole esorcizzare gli ultimi anni raccontando il maltrattamento percepito sia dalla stampa che dal pubblico, ma lo fa in modo molto superficiale al punto che i testi sembrano in parte un seminario di auto-aiuto e in parte una crisi di mezza età.
Will Smith è ancora un rapper piuttosto solido nel flow (“Hard Times” con Teyana Taylor è gradevole) ma si capisce che gli manca l'ispirazione sia nei testi che nelle basi; funziona invece molto di più in certi siparietti e balletti ispirati al Principe di Bel-Air come quello fatto con la rapper Doechii e la co-protagonista Tatyana Ali sulle note di "Anxiety" che impazza su TikTok.

Le canzoni 

In “You can make it” la butta tutta su banalità tipo fallimento/redenzioni con frasi ad effetto tipo "Più dura è la caduta, più in alto voli". Mentre musicalmente si ispira ad alcune vecchie idee di Kanye West: “Rave In The Wasteland” sembra una “Black Skinhead” addolcita e senza energia, il riff di pianoforte di “Bulletproof” sembra uscito da “College Dropout” mentre il Sunday Service Choir fa capolino nella già citata “you can make of it”.
Insomma, non siamo contrari ai ritorni per partito preso - LL Cool J è tornato a fine 2024 con un disco eccellente – però in questo caso era meglio rimanere con il ricordo allegro di “Miami” e “Gettin' jiggy wit it”. 

Tracklist

01. Int. Barbershop - Day (feat. DJ Jazzy Jeff & B. Simone) (01:55)
02. You Lookin' For Me? (02:19)
03. The Reverend (Rave Sermon) (01:26)
04. Rave In The Wasteland (02:37)
05. Bulletproof (feat. Jac Ross) (02:56)
06. Hard Times (Smile) [feat. Teyana Taylor] (03:31)
07. Beautiful Scars (feat. OBanga) (03:46)
08. Tantrum (03:05)
09. First Love (03:17)
10. Make It Look Easy (03:31)
11. The Reverend (YCMI Sermon) (00:52)
12. You Can Make It (03:40)
13. Work Of Art (feat. Jaden) (03:24)
14. The Reverend (WOA Sermon) (00:46)
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