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«BLUE ELECTRIC LIGHT - Lenny Kravitz» la recensione di Rockol

“Blue Electric Light”: Kravitz derivativo ma brillantissimo

Dopo sei anni dal suo precedente disco, torna il cantante newyorkese più in forma che mai.

Recensione del 25 mag 2024 a cura di Michele Boroni

Voto 7.5/10

La recensione

Quando si parla di Lenny Kravitz alla fine si va sempre a cadere sulla sua splendida forma fisica, sulle sue mille case, il suo lato spirituale e le sue relazioni ma sempre meno di musica. Dopo aver ascoltato questo “Blue Electric Light” forse qualcuno tornerà ad accorgersi del Kravitz insossidabile autore e musicista. 

Le influenze e l'ottimo prodotto finito 

Chiariamo subito le cose. Questo suo dodicesimo disco non è niente di nuovo, Kravitz è sempre un artista, capace di mescolare e lavorare su melodie e sound già nell'aria, creati da grandi maestri del soul, del rock e del rhythm & blues, per creare nuove canzoni che funzionano in modo eccellente. 
Ascoltando queste 12 tracce anche i detrattori più arcigni dovranno arrendersi e ammettere che il Nostro qui possiede la polverina magica per la fusione radio friendly di rock e soul per un songwriting dalla ricca grammatica pop. Insomma, Kravitz conosce a fondo il suo mestiere e continua a sfornare canzoni che attingono dalle influenze passate e, allo stesso tempo, a suonare aggiornato.
Ad esempio il groove sornione della canzone d'apertura “It's just another fine day” prende spunto dal vecchio classico di Aaron Neville  “Hercules”, il riferimento di “Paralyzed” è chiaramente “When The Levee Breaks” dei Led Zeppelin, e poi qua e là (“Tk421” e “Bundle of Joy”) ampi echi di Prince. 
Derivativo, mi direte. Certo, ma poco importa quando poi i risultati sono queste canzoni realizzate con questa gran maestria, come ad esempio l'ottima yacht rock track “Honey” e la perfetta ballad “Spirit in my heart” che possono diventare a loro volta nuovi classici. Sarà divertente ascoltarle dal vivo nel suo tour già sold out a luglio a Lucca e Perugia, mentre ci sono ancora biglietti per la data del 13 agosto a Lido di Camaiore.
Si dice che Kravitz abbia trascorso il lockdown alle Bahamas in un contesto ideale per la creatività che gli ha fatto scrivere tanto manteriale per quattro potenziali album, tra cui questo doppio che rappresenta la sua prima uscita in sei anni.  Quindi se questo è il livello c'è da aspettarsi altri dischi piacevolissimi, in cui gioca sempre da solo, senza bisogno di featuring o collaborazioni con altre pop star o produttori di grido. 

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