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«DANSE MACABRE - Duran Duran» la recensione di Rockol

Il disco ludico dei Duran Duran ispirato ad Halloween

Gli eterni beniamini della new wave e la letizia “gotica” di ‘Danse Macabre’.    

Recensione del 26 ott 2023 a cura di Simöne Gall

Voto 7.5/10

La recensione

Ci fu un tempo in cui i Duran Duran, dopo i fasti degli Ottanta (primariamente della prima metà degli stessi), ebbero qualche seccatura, con l’arrivo del decennio seguente, nel cercare di “rimanere rilevanti”, per dirla alla maniera di un certo gergo discografico. L’album ‘Liberty’ fu infatti un disastro, ma chi li dava ormai per spacciati dovette ricredersi quando, nel 1993, Le Bon e i suoi sodali salirono al numero uno della classifica americana dei singoli con la splendida semiballad “Ordinary World” (fu un successo, del resto, anche lo stesso “Wedding Album” che la includeva).

Trent’anni più tardi - oggi, cioè -, in un’epoca in cui il successo si misura con visualizzazioni e ascolti perlopiù liquidi, i sempiterni Wild Boys possono permettersi di fare spallucce dinnanzi ai tormenti e ai mutamenti che affliggono di continuo il music business, consapevoli di poter contare sull'affetto di un pubblico che non se l’è mai sentita di voltar loro le spalle. La pubblicazione di ‘Danse Macabre’ segue infatti il grande successo internazionale del tour concatenato a ‘Future Past’ (recensito anche in questa sede), ma si accoda altresì a una serie di importanti colpi messi a segno dalla band di Birmingham, tra questi l’induzione nella tanto dibattuta (e per molti poco imparziale) Rock And Roll Hall Of Fame, sede in cui già Le Bon e il bassista Andy Taylor avevano inaugurato la cerimonia di ingresso di un’entità artistica particolarmente formativa per i due, parliamo dei Roxy Music.

Come e dove nasce ‘Danse Macabre’

Per capire come si è costituito ‘Danse Macabre’ (il titolo, salvo smentite, è lo stesso del noto poema sinfonico composto secoli fa da Camille Saint-Saëns), bisogna tornare a una performance un po’ particolare che i Duran avevano filmato a Las Vegas il 31 ottobre dello scorso anno, in occasione, lo si può intendere dalla data stessa, della ricorrenza di Halloween. Il live aveva visto il gruppo, vestito e truccato secondo dettami, eseguire diverse cover e ripescare alcuni brani di repertorio come “Secret Oktober”, “Love Voodoo” e “Nightboat”, decidendo quindi di imbottigliare l’energia del concerto (e quindi l’atmosfera di quella notte di ‘Tutti i Santi’) secondo un processo da studio “puro e organico”, così aveva infatti affermato il tastierista Nick Rhodes. L’uscita di ‘Danse Macabre’ è però prima di tutto un regalo che la band fa a se stessa, e la volontà di tributare una storia musicale ormai ultraquarantennale appare evidente dall’aver riunito a sé, per l’occasione, due membri storici come i chitarristi Andy Taylor e Warren Cuccurullo. Particolarmente significativa risulta essere la partecipazione del primo, che lo scorso settembre, a scapito del brutto malessere che ne ha fortemente compromesso l’esistenza (un tumore al quarto stadio), è riuscito persino a pubblicare un (bel) disco a suo nome, ‘Man's Wolf To Man’. 

Cosa c’è in ‘Danse Macabre’

Realizzato assieme ai produttori Josh Blair e Mr Hudson, ‘Danse Macabre’ è aperto dalla brezza atmosferica del remake autoreferenziale di “Nightboat” (dal Duran debutto del 1981), fra le cui note si diffonde l’ugola di un Le Bon incorruttibile come agli esordi. Il preciso pop-wave atmosferico della traccia è spinto dalle onde oscure e decadenti del basso dell’altro Taylor, John, mentre i suoni accesi della seconda “Black Moonlight” fanno rizzare in piedi come una secchiata d’acqua improvvisa sulla faccia. Qui, l’intramontabile songwriting della band è fortificato sia dalla presenza di Andy Taylor, sia da quella del vecchio amico Nile Rodgers, rinomato producer ed ex membro degli Chic (nonché ex collaboratore, tra gli altri, di David Bowie). Il remake nuovamente autoreferenziale di “Love Voodoo” (che qui diventa “Voudou”) perdura sulla linea dell’orecchiabilità, scendendo giù come un cocktail tra Simply Red e Wham, ma bevuto sullo sfondo di una piscina festosa da videoclip vintage. Con la quarta traccia, i Duran guardano alla contemporaneità portando all’attenzione una cover di Billie Ellish, “Bury A Friend”, aprendo la serie di rivisitazioni di brani altrui di cui ‘Danse Macabre’ è per l’appunto pregno, dato lo spunto originario di cui si è parlato all’inizio. Il remake della Ellish si dissolve in fretta, tipo un brano da playlist diffuso attraverso gli altoparlanti di un store di abbigliamento trendy. Sennonché, in successione, Le Bon e gli altri trovano il modo di rifarsi piazzando una pulsante cover di “Supernature”, che resta sorprendentemente aderente alla sua versione originale a opera di Cerrone. Di questa hit disco del 1978 (da non perdere è il surreale videoclip, ai limiti del trash), andrebbe rilevata la grande attualità della sua costruzione sonora. Lo sa bene il duo elettropop britannico Goldfrapp, che già lo aveva omaggiato nel titolo del suo terzo album (uscito su Mute Records nel 2005). La title track “Danse Macabre” fa sfoggio del featuring di Cuccurullo (l’altro è su “Love Voudou”) e di una penetrante linea di basso, mentre il cantato quasi recitato di Le Bon lascia spazio a un giro di tastiera leggermente sinistro. Nella restante parte, il pezzo si irrigidisce grazie a una ritmica dall’andare denso e quasi hard rock. “Secret Oktober 31st” è la rilettura di una b-side del singolo di “Union Of The Snake”, risalente a quando la Duran-mania, nel 1983, era ormai in atto. “Ghost Town” degli Specials è invece rimodellata secondo un gusto pop-funk scuro, ma che lascia intatti i “cinematici” arrangiamenti originali di una traccia che - nonostante il titolo sembri indirettamente allinearsi al tema di Halloween evocato da ‘Danse Macabre’ - nulla ha a che vedere col concetto di leggerezza (la sua scrittura è infatti intrisa della grande crisi economica e occupazionale che molti britannici vissero sulla propria pelle nei primi anni Ottanta). Il remake elettrorock di “Paint It Black”, classico sempreverde degli Stones, poteva essere risparmiato, così come l’audace ripristino del goth-classic “Spellbound”, dei Siouxsie & The Banshees, sebbene attualizzato in modo non banale, resta indiscutibilmente distante dallo sfiorarne l’originale pienezza. Meglio, a questo punto, la rivisitazione di “Psycho Killer”, dove troviamo – eccolo qui – il contributo dell’ospite d’onore Victoria De Angelis, giovane e vivace bassista dei Måneskin. Il pezzo più celebre dei Talking Heads è qui affrontato con un interessante stile sophistipop alla Roxy Music, periodo ‘Flesh And Blood’; dopodiché, la vellutata “Confession In The Afterlife”, il cui titolo sembrerebbe echeggiare la spettrale immagine che adorna la copertina di ‘Danse Macabre’ (pescata, a quanto sembra, da una collezione fotografica di sedute spiritiche di proprietà di Nick Rhodes), è condotto a una più che decorosa conclusione. 

Tracklist

01. NIGHTBOAT (04:23)
02. BLACK MOONLIGHT (03:06)
03. LOVE VOUDOU (04:29)
04. BURY A FRIEND (03:04)
05. SUPERNATURE (03:44)
06. DANSE MACABRE (04:22)
07. SECRET OKTOBER 31ST (04:22)
08. GHOST TOWN (03:00)
09. PAINT IT BLACK (02:38)
10. SUPER LONELY FREAK (04:27)
11. SPELLBOUND (03:27)
12. PSYCHO KILLER (featuring Victoria De Angelis) (04:25)
13. CONFESSION IN THE AFTERLIFE (04:33)
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