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«JACKMAN. - Jack Harlow» la recensione di Rockol

Jack Harlow vuole essere preso sul serio, ma fallisce

Il rapper del Kentucky abbandona il suo rap-pop di successo, per infilarsi in un ego-trip senza idee

Recensione del 10 mag 2023 a cura di Michele Boroni

Voto 6.5/10

La recensione

È davvero complicata la vita del rapper bianco con la perenne foga di dimostrare agli altri di essere bravo, credibile e con una forte reputazione, anche se il successo già ti sorride. È accaduto a Eminem, è successo purtroppo a Mac Miller, con infauste conseguenze, ed ora lo vediamo anche in Jack Harlow.

Quando il successo non basta

Per chi non lo conoscesse ancora, Harlow è un giovane rapper di Louisville, Kentucky: la sua popolarità è esplosa tre anni fa con un singolo fortunato su Tik Tok, a cui sono seguite candidature ai Grammy, l'ala protettiva di Don Cannon (scopritore dei maggiori talenti rap degli ultimi anni) e due dischi di successo con produzioni di Pharrell Williams e Rogét Chahayed. 
La sua formula è stata quella di ibridare il rap con il pop, cosa che gli è riuscita con una certa facilità. Ma evidentemente tutto questo non gli basta. Questo suo terzo lavoro “Jackman.” suona come il disco di un artista che ha ancora tutto da dimostrare. 

Luoghi comuni e suoni già sentiti 

25 minuti, 10 brani senza featuring e nomi di spicco alla produzione, ma piuttosto autobiografico. La produzione spesso fa perno sugli aspetti hip-hop degli anni '90 ma più introspettivi. Quindi molto minimalismo e liriche totalmente prive di umorismo, in cui Harlow racconta che sta davvero lavorando e impegnandosi più di qualsiasi altro, con il solito ego-trip ormai noto nel mondo hip-hop (“Ambitious”, “Questions”, “Blame on me”) ma anche lamentandosi sul razzismo nei confronti dei bianchi (“It can't be”). Quando poi si avventura in temi un po' più seri come in “Gang gang gang” sullo stupro e sulla pedofilia o come “Common Ground” sull'appropriazione culturale, lo fa con una parvenza di autorità ma inanellando banalità da social. 
Musicalmente il disco non dice di nuovo riproponendo il suono di 15-20 anni fa e anche se Harlow è capace di rappare, non riesce a portare alcun contributo innovativo,  dimenticandosi del tutto quella vena pop che in passato lo aveva differenziato dagli altri e che esce solo in poche canzoni come “Blame on me”.  
A livello di sample alcune soluzioni sono interessanti come l'inserimento deli  Stereolab in “Gang gang gang” o Bill Withers in “It can't be”, ma evidentemente non bastano. 

Tracklist

01. Common Ground (01:40)
02. They Don't Love It (01:53)
03. Ambitious (02:52)
04. Is That Ight? (01:58)
05. Gang Gang Gang (02:49)
06. Denver (02:38)
07. No Enhancers (01:39)
08. It Can't Be (02:19)
09. Blame On Me (04:01)
10. Questions (02:14)
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