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«TREDICI CANZONI URGENTI - Vinicio Capossela» la recensione di Rockol

Il grido d'allarme di Vinicio Capossela

Reale, politico e attuale, l'invito all'umanità di "Tredici Canzoni Urgenti"

Recensione del 21 apr 2023 a cura di Marco Di Milia

Voto 8/10

La recensione

Il mondo va a fondo, adagiato mollemente sul divano. E mentre le sirene d’allarme si fanno ogni giorno più insistenti, il passo per una necessaria presa di coscienza diventa sempre meno rimandabile. Da questa pressante necessità, Vinicio Capossela ha messo a fuoco mali e bestie ben peggiori di quelle con cui si è spesso confrontato nel corso della sua carriera più che trentennale, ovvero il terribile momento storico in cui stiamo vivendo.

Un allarme al giorno

Così il cantautore ha raccolto queste istantanee di tragica quotidianità in un album che è soprattutto specchio di un’esistenza in caduta libera, “Tredici Canzoni Urgenti”, in cui il dramma di una guerra che si manifesta in tv con regolare documentazione non è che l’apice dell’annullamento di qualsiasi speranza per il futuro. A proposito del proprio lavoro, Capossela ha precisato: “Sono canzoni scritte, prodotte e registrate nel corso dell’ultimo anno, in questo tempo di dubbio e di distanza, di fine del mondo servita al ritmo di un allarme al giorno, a partire dal 24 febbraio 2022, da quando si è presa consapevolezza che il tempo per rimandare le questioni urgenti non è illimitato e reclama la nostra piena appartenenza al presente. È un disco musicalmente polimorfo, che alterna diverse forme, dalla folìa cinquecentesca al reggae and dub anni ‘90. Ci sono ballate, waltz, jive e anche un cha cha cha. E ci sono molti musicisti e molti strumenti musicali”.

L'arte di vivere assieme

C’è quindi la materia sempre densa di riferimenti letterari e poetici da cui il poliedrico musicista è solito attingere, ma in queste canzoni c’è anche un’istanza di racconto e di riflessione più esplicitamente politica, intesa come “arte di vivere assieme”, in accordo con l’antica definizione fornitaci dal greco Pericle. Ecco, allora che miti e allegorie si prestano per raccontare tematiche del tutto attuali quali la cultura dello spreco, il razzismo, la violenza di genere, l’abbrutimento sociale e il consumismo senza inibizioni né pensieri denunciato nella dissacrante “All you can eat” o l’assuefazione emotiva all’informazione vissuta nella frenesia di “Il divano occidentale”.

In una girandola di ballate gonfie di strumentazioni antiche e moderne realizzate con il contributo prezioso di vecchi e nuovi compagni di viaggio quali, tra i tanti, Alessandro “Asso” Stefana, Cesare Malfatti, Vincenzo Vasi, Sir Oliver Skardy, Margherita Vicario, Andrea Lamacchia, John Convertino, Enrico Gabrielli e Raffaele Tiseo, Vinicio Capossela costruisce la propria denuncia sociale utilizzando quanto di più efficace a sua disposizione: le parole. Precise, profonde e senza bisogno di filtri. Cita apertamente Ludovico Ariosto per tracciare la sconfitta dell’uomo nell’accorata “Ariosto Governatore”, perché “se il senno è tutto sulla Luna, vuol dire che sulla Terra non è restata altro che follia”. E poi, di nuovo, nel coro festante di “Gloria all’archibugio”, dove l’autore dell’“Orlando Furioso” è richiamato in un salto temporale di oltre cinquecento anni, in cui dall’invenzione delle armi da fuoco ai droni non si è fatto altro che affinare la tecnica della distruzione, non solo il proprio pianeta ma anche direttamente per sé stessi.

Canzoni per ribaltare le coscienze

Ancora, si fa sentire l’eco di Leonard Cohen, così come dello scrittore di viaggio Patrick Leigh Fermor, di Goethe e di Kant, passando per le prese di posizione contro la deriva dei valori operata da Bertolt Brecht. C’è tutta la sua avversione alle armi nella sofferenza delle immagini di macerie e innocenza perduta evocate in “La crociata dei bambini”, mentre la bandiera del drammaturgo tedesco “Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati” diventa la base per l’epica western di “La parte del torto”, il canto di chi si muove controcorrente per sfuggire a una ipocrisia dilagante che si riveste di giustizia e cerca di inglobare ogni cosa. In mezzo a tanta rovina collettivamente accettata, tra sarcasmo e denuncia sociale, Vinicio Capossela ribalta le coscienze battendosi per un rinnovamento etico, educativo ed esistenziale.

Non ci sono evidentemente intenti moralizzatori in “Tredici Canzoni Urgenti”, quanto piuttosto la necessità di riacquistare un senso di umana appartenenza che oggi pare del tutto compromesso. Perciò all'incertezza economica c'è da rispondere con il valore degli affetti in “Il bene rifugio”, mentre i retaggi tossici dell'amore sono tutti da disinnescare con “La cattiva educazione”. Si riparte allora con il riappropriarsi della propria fanciullezza e della spontaneità al ritmo dei salti in “Cha cha chaf della pozzanghera”, dal sentimento di gratitudine attenta verso quanto ci circonda nellla giocosa giostra di “Il tempo dei regali”, per arrivare agli esempi virtuosi, come quello delle tante donne della Resistenza celebrate insieme alla voce delicata di Mara Redeghieri in “Staffette in bicicletta”, eroine che a rischio della vita davano il proprio contributo per passare ai giorni nostri il testimone di quanto sia indispensabile tenere alto il valore stesso della vita. E poi, in chiusura, nella marcia “Con i tasti che abbiamo” i pochi tasti di un pianoforte malconcio ricordano il potere eccezionale che può scaturire da ciò che ci è rimasto.

A viso aperto

“Tredici Canzoni Urgenti” è un album che attraverso la sua complessa forma e sostanza non cerca l’alto, quanto piuttosto di recuperare connessioni fisiche in una quotidianità dove, invece, c’è posto solo per l’individualismo. Per questo, tra archi e fiati, folk polveroso e squarci di elettronica, si rivela un carico di concretezza come mai prima per il suo autore. Infonde nuovo calore, avanza critiche e punta dritto al cuore delle questioni, nel solco di una vasta tradizione di “musica di protesta”. Al pari dei movimenti pacifisti, operai, culturali e ambientalisti cantati da Woody Guthrie, Bob Dylan o, dalle nostre parti, da Francesco Guccini o Fabrizio De André, Vinicio Capossela affronta a viso aperto un tempo presente in cui obiezioni e confronti paiono essere più che mai distaccati dalla realtà. Ma non per questo meno urgenti.

Tracklist

01. Il bene rifugio (04:27)
02. All you can eat (03:48)
03. La parte del torto (05:33)
04. Staffette in bicicletta (04:38)
05. Sul divano occidentale (04:08)
09. La cattiva educazione (03:50)
10. Minorità (05:06)

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