Rockol30

«BORN PINK - Blackpink» la recensione di Rockol

L'ode (autoriferita) al potere rosa delle Blackpink

Il nuovo album della più grossa girl band del momento è un prodotto dalla formula infallibile.

Recensione del 22 set 2022 a cura di Mattia Marzi

Voto 5.5/10

La recensione

“Se ‘The album’ si concentrava esclusivamente sulla musica, attraverso ‘Born pink’ abbiamo cercato di esprimere la vera natura delle Blackpink. Pur proteggendo l’identità originale delle Blackpink, abbiamo continuato a provare cose nuove. L’album nel complesso ha un suono hip hop di base, mischiato con vari generi. Durante la realizzazione del disco, noi quattro eravamo tutte particolarmente entusiaste”: sembra la scheda di presentazione di un prodotto iper sofisticato, realizzato con una formula infallibile. Invece è il modo in cui le Blackpink presentano il loro nuovo album. Niente dev’essere fuori posto: tutto è curato nei minimi dettagli. Dell’impero multimilionario che Lalisa Manobal, Kim Ji-soo, Jennie Kim e Roseanne Park sono riuscite a costruirsi nei cinque anni trascorsi dall’esordio con le prime hit, vendendo tra dischi e singoli qualcosa come 20 milioni di copie e totalizzando la bellezza di 11 miliardi di streams sulle piattaforme, le quattro ragazze non vogliono perdere nemmeno un centimetro. “Born pink”, più che un disco, è un’operazione il cui obiettivo è quello di espandere la supremazia del quartetto di Seul, diventato ufficialmente la più grande girl band attualmente in circolazione.

Nel 1996, quando le Spice Girls con “Wannabe” partirono dagli studi londinesi della Virgin alla conquista delle classifiche, quello della Corea del Sud era un mercato alla periferia della discografia mondiale, fuori dalle prime quindici posizioni dei più rilevanti dell’industria fonografica. Oggi si trova al settimo posto della classifica (l’Italia è decima). Se il giro d’affari K-Pop, il pop sudcoreano, vale 5 miliardi di dollari, è anche merito delle Blackpink. Che in “Born pink” si autoincensano, cantando i loro successi, con l’attitudine dei rapper e il glamour delle popstar: “Stay in your own lane ‘cause I’m ‘bout to swerve / catch me when you hear my Lamborghini go vroom, vroom, vroom, vroom”, cantano in “Shut down”, il singolo pubblicato a ridosso dell’uscita dell’album, dopo che il precedente “Pink venom” ha permesso alle quattro ragazze di infrangere record su record (con 7,9 milioni di ascolti in un giorno il brano ha conquistato direttamente la prima posizione della classifica giornaliera di Spotify, facendo delle Blackpink il primo gruppo femminile a raggiungere a livello globale il traguardo, oltre che le artiste femminili ad aver raggiunto più velocemente quota 100 milioni di visualizzazioni su YouTube con un video).

“Born pink” spazia da brani urban pop come gli stessi “Pink venom” e “Shut down” a pezzi dalle sonorità dance e synth-pop come “Yeah yeah yeah” e “Hard to love”, passando pure per una ballata come “The happiest girl”. Tutte potenziali hit scalaclassifiche, destinate a macinare milioni di ascolti sulle piattaforme. Musicalmente parlando, l’album non aggiunge nulla di nuovo a quanto già proposto dalle Blackpink in passato. L’obiettivo, d’altronde, non è quello di alzare l’asticella, ma di consolidare il successo su scala mondiale della girl band. E in questo si rivela, appunto, un prodotto dalla formula infallibile.

“Born pink” è l’ode autoriferita al potere rosa di Lalisa Manobal, Kim Ji-soo, Jennie Kim e Roseanne Park, che nelle loro canzoni – il disco ne contiene otto – indossano i panni di quattro giovani donne forti e determinate, che si ribellano agli stereotipi e ai luoghi comuni. Da tempo ci si domanda se le Blackpink possano essere considerate un gruppo femminista o se invece le atmosfere patinate e glamour che caratterizzano il loro immaginario, tra foto sexy e quant’altro, non facciano della girl band un modello opposto. Loro non si espongono. Lasciano parlare i loro pezzi e i relativi videoclip. Nel 2017 nel video di “Ddu-du Ddu-du” Kim Ji-soo inciampava sui tacchi mentre sfilava su una passerella, quasi a dimostrare di non saperli portare e di sentirsi più a suo agio con un paio di scarpe da ginnastica. Ora nel video di “Shut down” Jennie è sdraiata su un carro armato di diamanti, con delle buste da shopping rosa appese al cannone: dalla bocca, per ora, escono solo successi.

Tracklist

01. Pink Venom (03:06)
02. Shut Down (02:55)
03. Typa Girl (02:59)
04. Yeah Yeah Yeah (02:58)
05. Hard to Love (02:42)
06. The Happiest Girl (03:42)
07. Tally (03:04)
08. Ready For Love (03:04)
Schede:
Tags:

Prossimi articoli

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.