Le 10 copertine più iconiche della storia del prog
Due doverose premesse. La prima: ogni classifica è arbitraria, limitata e limitante; ci saranno sempre illustri esclusi e altri nomi che meriterebbero di comparire tra quei “migliori dieci”. La classifica è un gioco, uno spunto di riflessione e un’occasione per ricordare chi ha lasciato un segno nella storia. La seconda: nella nostra classifica delle 10 copertine più iconiche del prog, abbiamo cercato un equilibrio tra prog italiano e internazionale, perché spesso ci dimentichiamo delle perle rare che abbiamo in casa nostra, perché l’erba del vicino sembra sempre più verde eccetera.
Ecco quindi 10 copertine prog che, quando le vedi una volta, non le dimentichi più. Cinque italiane, cinque internazionali.
5. Osanna – Palepoli (1973)

“Palepoli” è il vertice creativo degli Osanna, gruppo napoletano che mescola rock progressivo, teatro, mitologia e tradizione mediterranea. La copertina rappresenta una città antica con un'aura di mistero, che evoca la stratificazione culturale di Napoli e il concetto di “Palepoli”, la città arcaica che dorme sotto la metropoli moderna. L’immagine oscilla tra storia, arte e spiritualità, come la musica del disco, sospesa tra rituale e psichedelia. Un ponte tra rock e arte visiva.
4. Area – Arbeit Macht Frei (1973)

La copertina del disco d’esordio degli Area è un pugno nello stomaco, a partire dal titolo: “Arbeit Macht Frei”, che porta con sé tutto l'orrendo e doloroso immaginario nazista dei campi di concentramento. Un’immagine diretta, un simbolo politico e provocatorio, pubblicata nel pieno clima di contestazione italiana. Con questo disco gli Area prendono posizione netta contro il fascismo, il capitalismo e ogni forma di alienazione. L’album, musicalmente ibrido tra jazz-rock, avanguardia e impegno politico, trova in questa copertina un equivalente visivo perfetto, tra inquietudine e denuncia. Una delle immagini più forti e controverse della musica italiana.
3. Premiata Forneria Marconi – Storia di un minuto (1972)

“Storia di un minuto” è il primo album della PFM, nonché il primo album di un gruppo musicale italiano a raggiungere la vetta delle classifiche nazionali. La copertina, realizzata da Caesar Monti, Wanda Spinello e Marco Damiani, è un artwork pittorico-surrealista. L'immagine sembra uscita dal genio di Giorgio De Chirico e racconta la vita di un uomo comune, proprio le canzoni di questo capolavoro che contiene, tra l'altro, l'eterna "Impressioni di settembre".
2. Le Orme – Felona e Sorona (1973)

Disegnata dal pittore Lanfranco, la copertina di "Felona e Sorona" rappresenta due pianeti antropomorfi: Felona e Sorona. Il dualismo tra luce e ombra, maschile e femminile, vita e morte, è espresso con uno stile pittorico che richiama il surrealismo visionario e la pittura fantastica. L’illustrazione rispecchia perfettamente il concept dell’album: una parabola cosmica sull’alternanza degli opposti e la complementarità delle forze. Un capolavoro estetico.
1. Banco del Mutuo Soccorso – Banco del Mutuo Soccorso (1972)

Il debutto del Banco è una delle opere più iconiche anche dal punto di vista del design. La copertina dell'edizione originale in vinile era sagomata a salvadanaio, e dalla feritoia si poteva estrarre una striscia di cartoncino con i volti dei membri del gruppo. Il salvadanaio più famoso della storia della musica è opera dell'illustratore Mimmo Mellino, un manifesto estetico: il gruppo “custodisce” la propria musica come un tesoro, ma invita l’ascoltatore ad aprire la cassaforte e scoprire i segreti contenuti all’interno. L’oggetto in sé era straordinario per l’epoca, una delle prime sperimentazioni italiane di copertina “pop-up”. L’idea riflette anche il nome stesso della band, con ironia.
LE COPERTINE INTERNAZIONALI
5. Jethro Tull – Aqualung (1971)

La copertina di "Aqualung" è un dipinto a olio dell'illustratore americano Burton Silverman. Il soggetto è un ritratto espressionista del personaggio Aqualung: un uomo malandato, curvo, con capelli e barba sporchi, che indossa un vecchio cappotto e sembra camminare trascinandosi in avanti in un vicolo urbano degradato, L’intero quadro è costruito per restituire un’atmosfera di disagio, marginalità e alienazione, coerente con il tema dell’album: un’osservazione critica della società, della religione e dell’ipocrisia morale. Semplicemente un classico del prog.
4. Emerson, Lake & Palmer – Tarkus (1971)

La copertina di "Tarkus" è una delle più riconoscibili del prog. L’immagine frontale mostra una creatura immaginaria metà armadillo e metà carro armato, dotata di cingoli meccanici e di una corazza naturale; sul retro e all’interno del gatefold (nelle edizioni che lo includono) si sviluppa un vero e proprio mini-bestario che racconta la storia di Tarkus: una serie di creature ibride (uno pterodattilo meccanico, un insetto armato, eccetera) che incarnano il conflitto tra natura e tecnologia. Nonostante il tema bellico/futurista, il tono grafico resta ironico e volutamente antirealistico. Lo stile spigoloso e i colori acidi sottolineano quella miscela di grandiosità e umorismo tipica degli ELP. L’immagine è diventata un’icona del prog perché riesce a essere al tempo stesso fantastica, concettuale e immediatamente riconoscibile.
3. Genesis – Foxtrot (1972)

L’immagine surreale di una volpe in abito rosso che cammina sull’acqua è diventata sinonimo dei Genesis dell’era Peter Gabriel. L’artista Paul Whitehead, già autore delle copertine precedenti (Trespass, Nursery Cryme), costruì una scena ambigua e simbolica, sospesa tra favola e critica sociale. La figura della volpe rappresenta l’eleganza e l’inganno, ma anche la teatralità del gruppo, che Gabriel porterà poi sul palco indossando la celebre maschera da volpe. I colori autunnali e il paesaggio marino evocano un mondo decadente, surreale, dove mito e realtà si mescolano.
2. King Crimson – In the Court of the Crimson King (1969)

La faccia urlante della copertina di "In the Court of the Crimson King" è una delle immagini più inquietanti e potenti della storia del rock. Dipinta da Barry Godber, un programmatore e artista dilettante morto poco dopo l’uscita del disco, rappresenta un “uomo schizofrenico”, metafora dell’alienazione moderna. L’espressione esasperata, i colori violenti e la resa pittorica materica creano un impatto visivo fortissimo, perfettamente in linea con il contenuto sonoro: un’esplosione di dramma, caos e bellezza. È la copertina che più di ogni altra ha incarnato la sensibilità visionaria del prog. Oggi il dipinto originale è conservato da Robert Fripp, leader del gruppo.
1. Pink Floyd – The Dark Side of the Moon (1973)

Arriveranno quelli, i soliti, che diranno: "I Pink Floyd non sono prog". Certo, e Jimi Hendrix non era un bravo chitarrista. Si può dire al limite che non siano solo prog, ed è vero: i Pink Floyd sono tutto. E persino oltre. Di sicuro c'è un assioma che non si può smentire: la copertina di "The Dark Side of the Moon" è iconica, e dovrebbe stare in qualsiasi classifica. A prescindere. Un prisma che rifrange un raggio di luce su fondo nero: un’icona universale della cultura visiva del Novecento. Il design nasce da un’idea di semplicità concettuale: rappresentare la precisione e l’astrazione della musica dei Pink Floyd, eliminando ogni elemento superfluo. Il prisma diventa simbolo della riflessione, della scomposizione della realtà e della percezione, temi centrali anche nei testi. Una grafica minimalista che rivoluzionò il linguaggio delle copertine, spostando l’attenzione dalla band al concetto. Così potente da essere riconoscibile senza il bisogno di aggiungere né un titolo, né alcun nome.