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2015-2025: la trap, l’addio di Bowie e l’empowerment femminile

È il decennio in cui una nuova generazione di artisti parte dalle mura di casa.
2015-2025: la trap, l’addio di Bowie e l’empowerment femminile

Uno dei dischi più importanti di questo decennio è stato senz’altro “Blackstar” (2016) di David Bowie, uscito prima della sua morte. Un album che è soprattutto un simbolo, un testamento visionario di uno dei più grandi artisti della storia della musica. Un colpo di teatro, un addio, quello dell’uomo delle stelle, che sembra solo un arrivederci. Qualche cosa di analogo è successo anche con “You Want It Darker” (2016), l’ultimo disco di Leonard Cohen che saluta tutti parlando di morte, ma anche delle faccende terrene. “Blackstar”, in qualche modo, segna la fine di un’epoca: la musica diventa definitivamente liquida, le piattaforme stanno prendendo il sopravvento, con Spotify che nel 2015 conta già 75 milioni di iscritti, e la produzione di tracce si sviluppa sempre di più in ambito domestico, in “cameretta”, un cambio di passo che permette a una nuova generazione di artisti di prendersi enormi fette di mercato.

In Italia, per esempio, dopo le prime onde alte dell’indie, il 2016 è considerato l’anno della trap: i primi dischi di Sfera Ebbasta, Ghali, Tedua, Izi, Rkomi e altri, sfruttando i social, le piattaforme video e di streaming, iniziano a fare tremare le signore e signori del pop. “XDVR” (2015) e “Sfera Ebbasta” (2016) di Sfera e Charlie Charles sono due progetti simbolo di quel preciso momento. Anche l’indie italiano fa la sua “rivoluzione”, partendo dal basso e da dinamiche fuori dal mercato. È l’altra grande scena che raggiunge la sua consacrazione. “Mainstream” (2015) di Calcutta è un disco manifesto di un movimento strano, anche difficile da inquadrare, basti pensare a fuoriclasse come Motta, Levante e Dario Brunori finiti nel calderone, in cui I Cani di Niccolò Contessa hanno un ruolo centrale. E proprio quando questa scena esplode raggiungendo il mainstream, questi ultimi si eclissano con “Aurora” (2016).

L’Italia perde anche due maestri: Pino Daniele (2015) e Franco Battiato (2021). Il 2015-2025, guardando all’estero, è anche il decennio di Kendrick Lamar, del rap che torna a essere di protesta, colonna sonora delle manifestazioni Black Lives Matter e capace di fotografare i grandi smottamenti della società: “To Pimp a Butterfly” (2015) è considerato uno dei dischi più importanti della storia del genere, il successivo “Damn” (2017) permette al rapper di Compton di entrare nell’olimpo della musica vincendo il Premio Pulitzer. A tutto ciò si affianca una wave di sperimentatori, in vari generi, che segnano il tempo: “Blonde” (2016) di Frank Ocean, per la sua carica creativa, è ritenuto uno degli album più rilevanti della recente storia della black music. Non certo trascurabile il ruolo di altri battitori liberi come Tyler, The Creator che in “Cherry Bomb” (2015), “Flower Boy” (2017) e il gioiello “Igor” (2019) lascia un’impronta. La stessa, per il mondo pop e rock, impressa da “Currents” dei Tame Impala (2015): Kevin Parker, da qui in poi, diventerà un guru e un faro per molti artisti. Un altro disco centrale, più che per la storia del rock, per quella di uno dei suoi più grandi artisti è “Skeleton Tree” (2016) di Nick Cave, considerato uno dei suoi capolavori in carriera, arrivato in una seconda fase di giovinezza.

Il decennio in questione porta con sé un’altra valanga creativa: una schiera di artiste si impone, portando un vento di novità inedito. Questo è il decennio di Billie Eilish (partita dalla sua cameretta) che esordisce con “When We All Fall Asleep, Where Do We Go? (2019), ma anche di leonesse che da una ferita come quella di un tradimento danno vita ad album monumentali, come “Lemonade” di Beyoncé (2016). Beyoncé era mostruosamente popolare quando decise di mettere nello stesso disco la cronaca romanzata della crisi coniugale con Jay-Z e la rivendicazione inorgoglita delle proprie radici nere. “Anti” di Rihanna (2016), “El Mal Querer” di Rosalía (2018), “Strange Mercy” di St. Vincent (2017), l’omonimo “Dua Lipa” (2017), “Reputation” di Taylor Swift (2017), “SOS” di SZA (2022), “Alligator Bites Never Heal” di Doechii (2024) sono alcuni tra i migliori dischi di questi tempi. Sono le donne le vere protagoniste e luci dell’ultimo decennio. 

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