Georges Brassens, dodici canzoni

Il 22 ottobre del 1921 nasceva a Sète, in Francia, Georges Brassens. L'opera del cantautore francese (scomparso il 29 ottobre 1981) è ancora, purtroppo, poco conosciuta in Italia, se non attraverso le traduzioni (dichiarate o meno) di alcune delle sue canzoni. Federico Pistone dedica a Georges Brassens un libro in cui tratta dodici delle sue composizioni. Ecco come lo presenta, e di seguito, se volete ascoltarle, le dodici canzoni trattate nel libro, in uscita per Arcana.
Lo ha amato e lo ha divorato, come una mantide religiosa. Fabrizio De André ha catturato l'anima insolente e sublime di Georges Brassens e l'ha restituita nel pulviscolo di qualche ballata tradotta – tutti in Italia conoscono e canticchiano “Attenti al goriiiiiilla”, pochi sanno dell'originale “Gare au goriiiiiiille” – impadronendosi del suo stile letterario e armonico, dei temi, delle cadenze musicali, della pulizia vocale e di quella ricchissima essenzialità dello spartito a esaltare parole e suggestioni, che è poi semplicemente tutto per chi fa musica. Ammise De André: «Grazie a lui scoprii di essere anarchico. Mi ha insegnato a lasciare scappare i ladri di mele. Mi ha insegnato che la ragione e la convivenza sociale autentica si trovano più tra gli umili e gli emarginati che non tra i potenti».
Ma se Faber è l'anarchico di buona famiglia che guarda il mondo dei reietti da una scintillante torre di guardia con il suo vestito candido, Brassens è un autentico “ultimo”, è figlio di un muratore e di una sartina emigrata dalla Lucania, sa della povertà, della guerra, della persecuzione, della fatica, del riscatto. E gli umili delle sue canzoni li conosce bene, sono veri, si toccano. È l'universo dei miseri che ascendono a un paradiso di disperata solidarietà e compassione, come il becchino che si scava da solo la fossa, l'alverniate che offre quel poco che ha allo sconosciuto, il brav'uomo che va a morire di “morte naturale” nel silenzio della neve, il disgraziato segnato a dito dai benpensanti del paese (tranne i monchi, ça va sans dire), la prostituta che si ribella ferocemente al protettore. Negli inferi della poesia di Brassens finisce senza appello chi impone l'autorità, come il giudice di "Il gorilla", o gli ideali, come i fanatici di "Mourir pour des ideés", brano molto più potente di quello che ci ha passato De André. In Brassens tutto è raccontato con un'eleganza tanto popolare quanto sovrumana, perfino nelle "chanson paillarde", le ballate boccaccesche da menestrello impunito.
Se ne esiste uno, è lui il vero padre dell'intera canzone d'autore, una delle figure più luminose della cultura europea del Novecento (e non solo della musica), con le sue centotrentacinque canzoni pubblicate fra il 1952 e il 1976, che meritano di essere riscoperte anche e soprattutto in Italia dove finora è sempre arrivato solo un riflesso di quel misantropo chansonnier senza tempo, con le sue strofe burbere ed eleganti, feroci e ironiche, sconce, anarchiche, misogine e femministe insieme, molto prima di ogni battaglia di genere. Ecco, il problema di Brassens in Italia e nel mondo è legato proprio alla “riduzione” della sua poesia attuata da altri cantautori (perfino dialettali come i piemontesi Fausto Amodei e Gipo Farassino e il milanese Nanni Svampa) che hanno tentato, senza ovviamente riuscirci nonostante l'ottimo lavoro, di restituire la purezza delle sue emozioni. Questo piccolo libro è quindi un invito tardivo ma sincero e appassionato a riascoltare Brassens, partendo da dodici canzoni fondamentali che certo non bastano, ma sono un buon punto di partenza per conoscere e amare il più coraggioso, rivoluzionario e geniale cantautore di ogni tempo e cultura.
La mauvaise réputation (1952)
Le gorille (1952)
Le parapluie (1952)
Putain de toi (1954)
Chanson pour l’auvergnat (1955)
Oncle Archibald (1957)
La marche nuptiale (1957)
Les copains d’abord (1964)
Le non-demande en mariage (1966)
Stances à un cambrioleur (1972)
La princesse et le croque-notes (1972)
Mourir pur des idees (1972)