Quando Mario Venuti cantò le ragioni del cuore

Oggi è il compleanno di Mario Venuti, il musicista siciliano compie 59 anni e sono tre anni e mezzo che non pubblica un album, lasciando in un angolo il disco di cover "Tropicalia" del settembre dello scorso anno. Per festeggiare il suo genetliaco riprendiamo in mano la sua ultima opera, “Soyuz 10”, e la recensione che scrisse per noi Francesco Arcudi.
Il cantautore siciliano, con questo progetto, chiude una sorta di trilogia "ragione-corpo-cuore": dopo “Il tramonto dell’occidente” e “Motore di vita”. Spiega infatti a Rockol che, laddove il disco del 2014 era incentrato sulla ragione e quello di due anni fa invece era molto fisico, in questo si dà risalto al cuore e ai sentimenti, tornando a parlare di amore, oltre che di attualità.
“Soyuz 10” - il titolo viene dal microfono usato in studio più un numero che indica che questo è il decimo disco solista dell’ex cantante dei Denovo - parte alla grande con “Il vaso di Pandora”, in cui il cantautore accenna alla dipendenza che oggi un po’ tutti abbiamo dalla tecnologia, su una base pop/rock con tante chitarre.
Continua poi con il primo singolo “Il pubblico sei tu”, una sorta di inno motivazionale sull'importanza di pensare prima a sé stessi, su un ritmo dance che richiama il genere dell’album precedente, anche se qui tutto è meno elettronico e più suonato. Questa, musicalmente parlando, è la differenza fondamentale con l’album precedente: qui ci sono archi, fiati e persino un organo Hammond, pur mantenendo un sound molto attuale (“sfido chiunque oggi - dice Venuti - a fare un disco senza usare ProTools e computer”).
Senza citare tutti i dodici brani di “Soyuz 10”, diremo che sono tutti molto belli, con testi interessanti e musicalmente molto vari. Tra i preferiti, “Il tempo di una canzone” dalla melodia vagamente orientaleggiante, a cui dà grande respiro l’arrangiamento per orchestra, che lo rende un pezzo di perfetta musica leggera italiana.
E poi il delizioso reggae di “Ciao cuore”, con un testo che porta a riscoprire i sentimenti, perché è impossibile vivere senza. “Siamo fatti così” ricorda invece i bei brani melodici anni ‘60, alla Bindi o Paoli, con un testo che invita ad essere sempre se’ stessi. E infine il brano di chiusura, la bella bossanova che ricorda l’amore di Venuti per i ritmi brasiliani (ricordate “Fortuna”?) con un testo che gioca con le illusioni temporali e un ipotetico viaggio nel futuro, e un arrangiamento per orchestra davvero magistrale. Decisamente un disco raffinato ed elegante nella sua leggerezza, il cui ascolto si fa tutto d’un fiato senza mai annoiarsi: di questi tempi non è poco.