"Pleased to meet you": incontri con le star. Fabrizio De André
Quando le cose vanno male - perché per chi fa ilmio lavoro le curve sono sinusoidali e si passa da un’impennata improvvisa del Dow Jones alla Grande Depressione – mi aggrappo a un ricordo di Fabrizio De André. Era appena uscito "Anime salve", il suo, purtroppo, ultimo disco. Ci incontrammo a cena,
a Milano. Lo abbracciai dicendo: “Non c’è una sola persona che non abbia scritto che questo è il tuo capolavoro. Sei felice?”. Rispose: “No. La prima cosa che devi temere nella vita è il plebiscito. Non puoi e non devi piacere a tutti. Se tutti parlano bene di te, significa che hai sbagliato qualcosa”.
A proposito di Fabrizio, mi diverte sempre molto Massimo Bubola quando racconta un aneddoto avvenuto subito dopo la fine del sequestro. Fabrizio voleva essere amato dalla sua gente, dai genovesi, storicamente riservati e poco propensi alle grandi manifestazioni d’affetto.
Ma stavolta è diverso. È appena stato liberato ed è sicuro che i suoi concittadini lo accoglieranno con affetto, se non proprio amore. Scende dalla sua auto con Massimo e dice: “Andiamo in giro per la città. Adesso, almeno adesso mi riconosceranno e mi abbracceranno”. Invece niente. Tutti molto sulle loro, come sempre. Seccato e deluso, dopo un po’ di tempo Fabrizio risale in macchina con Massimo. Quando sta per partire, sente bussare al finestrino. Tira giù. C’è un signore che lo guarda fisso, poi chiede:
“El sciô De André?”.
Fabrizio sorride e pensa: “Finalmente”.
“Sì, sono io”, risponde.
“Quello che l’han rapiù?”
Fabrizio sorride. “Sì.”
E il signore: “Han fatæ ben”.
(Leggi le puntate precedenti: Nick Cave, Shakira, Rita Marley)
Il testo qui sopra è tratto, per gentile concessione dell'editore e dell'autore, da "Pleased to meet you - Spigolature pop", il libro di Massimo Cotto pubblicato da VoloLibero, che presenta "duecento artisti ritratti con un flash, con uno scatto rubato".
