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Mariah Carey e il concerto per Gheddafi: 'Io, ingenua, non sapevo chi fosse'

Mariah Carey e il concerto per Gheddafi: 'Io, ingenua, non sapevo chi fosse'

Dopo Nelly Furtado e Beyoncé, che recentemente hanno dichiarato di voler devolvere in beneficenza le (esorbitanti) somme guadagnate esibendosi in concerti privati per i familiari di Gheddafi, è oggi la volta di Mariah Carey: la cantante, che tenne uno show per uno dei figli del raiss, Muatassim, nella notte del 31 dicembre del 2008 sull'esclusiva isola di Saint Barts, nei Caraibi, ha ammesso di aver peccato di ingenuità, non curandosi dell'identità del committente dello spettacolo. "Sono state ingenua e imprudente riguardo l'identità di chi ha commissionato il concerto", ha fatto sapere la cantante in un comunicato: "Questo serva da lezioni a tutti gli artisti: bisogna sempre essere al corrente di chi sia il proprio datore di lavoro". La cantante, tuttavia, a differenza della Furtado e Beyoncé, non ha fatto cenno ad una possibile donazione del denaro (un milione di dollari per 45 minuti di lavoro, stando a quanto riferito da Wikileaks) ricevuto come compenso dai familiari del dittatore libico: interrogato al proposito, l'entourage dalla cantante ha glissato sull'argomento, limitandosi a riferire genericamente che i proventi di una sua canzone attualmente in lavorazione, "Save the day", verranno devoluti a non meglio specificate fondazioni benefiche. Sono in molti, però, a dubitare della buona fede della Carey. "Ok, c'è un tizio che ti chiama e ti dice: 'Vieni a suonare qui da me, ti pago un mucchio di soldi'. Non credete che la gente alla quale venga fatta una proposta del genere tenda a domandare: 'Chi sei? Da dove vengono i soldi?'", ha detto il manager di Ok GO e They Might Be Giants Jamie Kitman, al quale ha fatto eco l'agente di Steven Tyler e Motley Crue, Allen Kovac: "Ammetto che in un primo momento ci possa essere stato un difetto nella comunicazione, ma nel momento in cui ti trovi sul posto, a suonare, e sai chi ti pagherà, non puoi dire di non conoscere la sua identità". E c'è persino chi, come il manager degli Spoon Ben Dickey, ha criticato tutti questi atti di pentimento, giudicandoli decisamente tardivi: "Difficile credere di conoscere l'identità di un organizzatore che ha sborsato così tanti soldi per un tuo spettacolo solo due anni dopo: l'atteggiamento di Beyoncé sembra più quello di chi sia stato preso con le mani nel sacco, più che quello di chi abbia scoperto qualcosa di sconvolgente nel proprio passato".

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