Rockol30

Questa Settimana Parliamo con *Deep Forest*

COMPARSA, il nuovo album dei Deep Forest, è la terza tappa di un viaggio musicale iniziato ormai più di cinque anni fa con DEEP FOREST e proseguito poi con l’eccellente BOHEME. Era stato proprio quel secondo disco, fortemente caratterizzato dalla splendida voce di Marta Sebestyen, a rendere popolari i Deep Forest, al secolo Michel Sanchez ed Eric Mouquet, appassionati di musica elettronica, voci e tradizioni musicali etniche. Un suono inconfondibile, il loro, riproposto con le opportune variazioni anche in questo COMPARSA, un lavoro che sposta maggiormente il focus della loro musica su direttive ritmiche che provengono dalla tradizione africana, da un lato, e da quella cubana, dall’altro. Abbiamo incontrato Michel ed Eric a Milano e ne abbiamo approfittato per fare con loro il punto sulla situazione Deep Forest all’indomani dell’uscita del loro nuovo album...

Come avete iniziato a lavorare a questo progetto e quali stimoli vi hanno portato alla musica contenuta su COMPARSA?

ERIC: Abbiamo deciso all’ultimo momento quella che sarebbe stata la direzione dell’album. Nei mesi precedenti avevamo fatto dei viaggi, anche se non per motivi musicali. Io sono andato a Cuba e Michel in Messico, mentre una nostra comune amica si è recata in Madagascar per registrare delle voci interessanti. Così avevamo diversi indirizzi, dal punto di vista musicale, finché non abbiamo trovato delle similitudini tra il discorso musicale di Cuba e quanto proviene dal Madagascar e così abbiamo deciso di costruire il disco seguendo questo percorso. Abbiamo voglia ancora di più di mescolare differenti culture, aree musicali e possibilità espressive...

La vostra musica sembra una sorta di mosaico: potreste immaginare un album dei Deep Forest senza alcuna contaminazione?

MICHEL: Credo che se consideriamo la voce come uno strumento, allora la verità è che potremmo fare un disco con voci che vengono soltanto dalla Francia. Però sarebbe come fare un esercizio. In realtà siamo curiosi a proposito delle altre culture e questo è il motivo per cui ci interessano le altre sonorità. Ci piace incontrare persone, prima ancora che musicisti, parlare con loro e scambiare le nostre idee, confrontarle con la loro vita normale. Ogni album che facciamo, da questo punto di vista, vuole essere un’evoluzione culturale del precedente, vuole avere la chance di esplorare qualcosa di nuovo.

ERIC: credo che la tradizione musicale dei vari paesi sia molto importante per noi. Tenerne sempre conto è qualcosa che ci appartiene.

Dall’aspetto, sembrereste due persone facilmente riconoscibili all’estero, in paesi come Cuba e Messico: è difficile avere dei contatti reali con la gente del posto?

MICHEL: Devi sicuramente preparare il tuo viaggio. Conoscere gente, amici, e organizzare il viaggio andando via con le persone giuste, viaggiando quindi in un modo diverso da come farebbe un turista. Noi siamo andati in Messico e a Cuba conoscendo persone che ci hanno messo in contatto a loro volta con altre persone. Così ci siamo potuti appoggiare alle persone adatte. Abbiamo così iniziato a fare degli esperimenti, registrando delle voci e ascoltando musica che non avevamo mai ascoltato prima. Pensa che la voce di una donna che ho registrato in Messico era quella di una signora che avevo conosciuto al mercato che vendeva oggetti d’artigianato. Soltanto dopo aver ascoltato alcune delle sue storie ho preso il coraggio a due mani e le ho chiesto se potevo registrare delle storie che lei raccontava sul suo paese. Così vanno le cose: incontri qualcuno, ti capitano delle strane esperienze e da quello nasce la curiosità di vedere, di farti raccontare, di scambiare qualcosa con gli altri.

C’è una critica che vi rivolgono in molti, quella di essere colonizzatori che usano la musica di altri per fare la propria. Si dice che la vostra non sia vera musica etnica e che sfruttiate le contaminazioni a fini commerciali...come vi difendete?

Tu pensi che sia commerciale?

Non necessariamente, però è vero che vende molto...

ERIC: noi siamo molto attenti alla musica tradizionale, e al tempo stesso siamo molto attenti anche a esperienze diverse da quella. Non è il caso di considerarla musica commerciale soltanto perché vende in Giappone: la gente non è preparata a sentire la musica tradizionale nella sua forma pura, così noi la aiutiamo ad ascoltare la musica di altre culture, soltanto quello. Non abbiamo altre intenzioni da questo punto di vista.

MICHEL: Ci sono due cose diverse da dire: la prima è che incorporiamo musica etnica di altri paesi e la seconda a proposito del fatto che tutto ciò sia commerciale. Noi non facciamo musica "pura" in senso etimologico, ma vogliamo al contrario scambiare le nostre idee culturali con quelle di altri paesi. Che io sappia non c’è nessuna legge che ce lo vieta, o almeno non ancora Anche Brahms faceva musica con i gitani, mentre Miles Davis suonava con percussionisti indiani: se metti insieme due musicisti a suonare, avrai sempre uno scambio musicale, quale che sia la loro cultura. Sostenere questa ‘mancanza di purezza’ a proposito dei Deep Forest è una cosa, sulla quale peraltro noi siamo d’accordo, ma arrivare a sostenere che questo venga fatto in malafede non ci sta bene. Anzitutto perché non risponde al vero, ai nostri intenti, e poi anche perché, prima che avessimo successo, questa musica non era assolutamente considerata commerciale. Ai tempi del primo album, quando andavamo con i nastri da tutte le case discografiche, il nostro disco non lo voleva nessuno: "non è rock, non è jazz, non è underground...che cos’è?", ci dicevano. Anzi, se non avesse venduto a quest’ora saremmo ancora in Francia a fare i Deep Forest in casa nostra. Ma ti assicuro che la musica sarebbe stata la stessa.

Che tipo di pubblico pensate di avere?

MICHEL: L’abbiamo incontrato l’anno scorso per la prima volta durante un tour che ci ha portato prima in Giappone e poi in Europa dell’est. Credo che il nostro pubblico sia formato da persone di ogni tipo, ma che la componente fondamentale sia quella della curiosità. Se non ti interessano diverse musiche è difficile che tu possa apprezzare la musica dei Deep Forest.

Quali sono gli aspetti che avete intenzione di sottolineare maggiormente durante i vostri concerti?

ERIC: Di sicuro l’aspetto scenico. Facendo un concerto fortemente improntato sull’idea di viaggio, di cambio di paesaggio sonoro, dobbiamo contare molto su una certa spettacolarità degli effetti, su un buon impianto luci. Poi per il resto non abbiamo bisogno di nient’altro, nel senso che noi due non siamo certo due rockstar che vogliono stare al centro del palcoscenico. Ci interessa essere musicisti e quindi dedicarci a questo, a suonare e coinvolgere la gente. Il massimo potrebbe essere per noi trasformare il nostro gruppo in una sorta di compagnia, nella quale anno dopo anno possano entrare musicisti sempre diversi. Purtroppo, per motivi economici, questo non è possibile, altrimenti sarebbe la cosa più bella e appassionante da fare. Ci pensi? Tra qualche anno saremmo cinquanta persone...

In questi anni è cambiato qualcosa nel vostro modo di lavorare?

MICHEL: Be’, sicuramente ci siamo resi conto di quanto sia difficile rimanere onesti e liberi nei confronti della propria musica, per via del mercato, delle influenze e delle pressioni che ci sono. Fortunatamente i Deep Forest sono abbastanza popolari da potersi permettere la musica che gli piace, e per potersi dedicare a progetti solisti da pubblicare per etichette minori. Per il resto il nostro modo di lavorare è ancora quello di qualche anno fa, perché continua ad essere incentrato sulla musica che ci piace fare, piuttosto che su quella che sentiamo di dover fare. Facciamo da separati ognuno le proprie cose e poi ci ritroviamo insieme per lavorare al progetto Deep Forest. Michel ha lavorato al disco di Wes e ci ha perso sopra tre anni per farlo diventare il disco che poi è divenuto: pensa che all’inizio non l’aveva considerato nessuno, finché poi non è esploso in Francia. E allora hanno iniziato a chiamarlo commerciale....

Lavorerete ancora a delle colonne sonore, dopo le esperienze di Pret-a-porter e Strange Days?

ERIC: Sì, ma soltanto se avremo sufficiente libertà per fare quello che vogliamo. Sai, nel mondo di Hollywood vale la regola secondo cui loro hanno già in mente la musica che vogliono fare: ti danno delle cassette con il suono che hanno in mente. Così a te non rimane che scrivere musica di quel genere, e francamente è una cosa che trovo limitante. Credo invece che sia molto importante applicare la tua creatività alle scene e alle atmosfere del film, lasciando venire fuori la tua creatività.

Avete già in mente lo scenario sonoro relativo al prossimo album?

ERIC: Sinceramente no. Sappiamo già che ci sono delle voci e delle sonorità che ci piacerebbe avere all’interno dell’album, ma da lì a sapere già come sarà è un po’ troppo...vedremo cosa succederà, come al solito credo che decideremo all’ultimo minuto...

 

Altre interviste

Natalie Imbruglia - Questa settimana parliamo con *Natalie Imbruglia* (21/01/1998)

Africa Unite - Parliamo Con *Africa Unite* (01/01/1998)

C.S.I. - Parliamo con i *CSI* (01/01/1998)

Celine Dion - Parliamo con *Celine Dion* (01/01/1998)

Echobelly - Echobelly (01/01/1998)

© 2025 Riproduzione riservata. Rockol.com S.r.l.
Policy uso immagini

Rockol

  • Utilizza solo immagini e fotografie rese disponibili a fini promozionali (“for press use”) da case discografiche, agenti di artisti e uffici stampa.
  • Usa le immagini per finalità di critica ed esercizio del diritto di cronaca, in modalità degradata conforme alle prescrizioni della legge sul diritto d'autore, utilizzate ad esclusivo corredo dei propri contenuti informativi.
  • Accetta solo fotografie non esclusive, destinate a utilizzo su testate e, in generale, quelle libere da diritti.
  • Pubblica immagini fotografiche dal vivo concesse in utilizzo da fotografi dei quali viene riportato il copyright.
  • È disponibile a corrispondere all'avente diritto un equo compenso in caso di pubblicazione di fotografie il cui autore sia, all'atto della pubblicazione, ignoto.

Segnalazioni

Vogliate segnalarci immediatamente la eventuali presenza di immagini non rientranti nelle fattispecie di cui sopra, per una nostra rapida valutazione e, ove confermato l’improprio utilizzo, per una immediata rimozione.