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Delta V

I Delta V, autori di un disco d’esordio assai gradevole e assai gradito dal pubblico, "Spazio", hanno ricevuto l’etichetta di "trip hop italiano". In questa intervista Flavio Ferri e Carlo Bertotti parlano del fascino della fantascienza e dei concept albums, della cantante Francesca Touré e dei giornalisti facili alle etichette musicali. Tant’è che la prima domanda è per l’intervistatore.

Carlo: "Senti, cosa hai voluto dire nella tua recensione? Non si capisce se il giudizio è positivo o no".

(Mente locale: "Meno male che il disco è sinceramente piaciuto". Mente locale 2: "In futuro, evitare di incontrare artisti stroncati in luoghi isolati"). Quello che volevo dire è che da un lato il disco ha una sua bellezza fredda, spaziale ed eterea, mentre "Se telefonando", che del resto non è vostra, suscita emozioni di altro tipo, più calde. Dalla Luna alla Terra.

Flavio: "Tra l’altro, "Se telefonando" sta per uscire in remix".

Ma in questo modo non verrà tradita l’idea originale, quella di inserirla nel concept album sullo "Spazio"?

Carlo: "No, perché dopo tutto nell’album c’è già la versione che meglio si armonizza con le altre canzoni".

Flavio: "Quando viene fatto un remix comunque è sempre interessante vedere cosa viene fatto di una tua canzone. E’ una rilettura che aiuta a considerare da un altro punto di vista quello che hai fatto".

Parlando di concept album, sia questo tipo di dischi che la fantascienza erano di casa nel progressive-rock dei primi anni ’70. Come è nata l’idea di un concept album in Italia, alla fine degli anni ’90?

Carlo: "E’ diventato un concept album cammin facendo. Siamo partiti da un’idea, e abbiamo cominciato a lavorarci attorno, finendo col convogliare tutte le energie su un certo tipo di fantascienza. Il nostro "Spazio" non è quello tecnologico di "Deep impact", ma quello del film "Contact", o di Philip Dick".

Flavio: "Poi lo spazio si presta a tantissime metafore. Ti consente di affrontare moltissimi argomenti, come del resto hanno dimostrato tanti scrittori".

Come mai questo tipo di fantascienza non è più molto in voga, oggi?

Flavio: "Ai tempi di Star Trek la tecnologia non c’era. Oggi c’è, ed è una tentazione troppo grossa utilizzarla e basarsi su di essa per immaginare la tecnologia futura. Anche Zemeckis in "Contact" è tentato di usarla, ma poi non si fa prendere la mano e segue quello che è il tema che lo interessa".

Ma perché presso i ragazzi questo tipo di narrativa è sempre meno popolare? <br>

Flavio: "Sia nei film che nei giochi per la Playstation, c’è meno spazio per immaginare qualcosa che si trovi al di là delle goffe astronavi o mostri che si vedevano agli inizi. Space Invaders, come del resto il ping pong elettronico, ti imponevano uno sforzo di fantasia".

Carlo: "Non sarò buonista: i ventenni di oggi mi sconcertano, sembra che non gliene freghi niente".

Questo lo dicevano anche quelli più grandi di noi, dicevano che eravamo dei paninari e ascoltavamo i Duran Duran invece che gli Inti Illimani...

Carlo: "Nonostante tutto secondo me c’era una coscienza che oggi non c’è più, e il problema è che questi sono i figli di quelli che nel ’68 erano sulle barricate. Sinceramente, sento i ventenni molto distanti".

Facendo il disco avete pensato a quale potrebbe essere un vostro pubblico ideale?

Carlo: "No, il nostro intento era esclusivamente di fare un disco che ci intrigava. Lo abbiamo davvero fatto per noi stessi. Noi finora abbiamo vissuto di altro, lavorando nella musica in altri modi, con altri musicisti o producendo musica per pubblicità o programmi tv. E anche alcuni dei pezzi che ho scritto per "Spazio", in origine erano stati concepiti per altri artisti. Poi il piacere puro di lavorare a questa idea ci ha portati ad approfondirla, ma non per lavoro. Ma un giorno una persona ha ascoltato i pezzi e ha detto: "Ragazzi, ma queste cose bisogna metterle su disco, e ce le dovete mettere voi". Da lì è cambiata la nostra vita".

Come avete scelto Francesca Tourè, la cantante?

Carlo: "Avevamo bisogno di una voce e di una front woman, che rappresentasse qualcosa che noi non rappresenteremmo altrettanto bene, in foto, in video, sul palco. Le abbiamo detto subito: guarda, non ci serve un apporto creativo: è tutto pronto, e tu dovresti cantare. Ognuno di noi ha un ruolo molto chiaro, nel gruppo: io lavoro alla musica, Flavio compone e fa i testi, lei mette la voce e il volto, e la nostra musica trova espressione tramite lei. Va bene così".

E Roberto Vernetti, il produttore? Che ruolo ha avuto?

Carlo: "Lo abbiamo un po’ stressato..."

Voi avete stressato lui?

Carlo: "Sì, è andata al contrario di quanto si dice nell’ambiente, dove è dipinto come una specie di Mangiafuoco. A quanto abbiamo capito, con noi si è trovato in una situazione diversa rispetto agli Ustmamò, che partivano da idee molto diverse, e in uno stato di confusione creativa. Noi invece avevamo un’idea precisa, su cui lavorare. Ha fatto un grande lavoro come fonico. E poi sì, ci siamo scazzati, ma come in un normale rapporto di lavoro dove si mette l’anima in ciò che si fa, dove delle personalità forti vogliono raggiungere il miglior risultato possibile".

Dal momento che questo è un concept album, cosa avete in mente per il secondo disco?

Flavio: "Ci stiamo già pensando. Molto probabilmente svilupperemo un discorso sui viaggi, con sonorità diverse da "Spazio", forse più asciutte".

Caraibiche?

Flavio: "No, non penso..."

Ma allora sorge un dubbio: quanto del suono di "Spazio" è "suono Delta V", e quanto è stato influenzato dal tema che affrontavate?

Flavio: "Questi siamo noi, ora. Non sono pezzi che avevamo in magazzino dall’85, come succede per tante band esordienti che nel primo disco mettono il materiale composto in tanti anni. Quelli di "Spazio" sono pezzi nati appositamente per l’album. Carlo poi è molto prolifico, scrive 8000 pezzi al giorno".

Ottomila?

Carlo: "Più o meno... Sai, ci hanno appiccicato addosso l’etichetta di trip hop italiano, di musica contaminata. Io penso che le nostre canzoni siano canzoni, punto. Strofa, ritornello, inciso. Come nella tradizione italiana, ma anche inglese. Se poi bisogna a tutti i costi risalire a influenze, posso dire che io ero innamorato di UK Subs e Sham 69, poi sono passato alla new wave, ai Japan, e oggi mi piacciono i Massive Attack. Considero il tutto la prosecuzione di un percorso musicale che vale per tanta gente, per chi fa musica e per chi la ascolta. Io non penso proprio che abbiamo cose in comune coi Massive. Se abbiamo utilizzato certe sonorità è perché quelle sonorità e quei ritmi esistono, e potevano adattarsi ad esprimere certe cose".

Flavio: "Le etichette ingannano, quello che contano sono le canzoni. Sono andato a vedere i Morcheeba. Tutti volevano vedere questo gruppo trip hop, perché oggi quando dici trip hop tutti si precipitano, fa tendenza. Beh, loro hanno fatto un concerto in pura chiave west coast. Se non c’era un tipo dietro che scratchava ogni tanto, nessuno se ne sarebbe accorto. Sembravano Crosby, Stills & Nash. Il che vuol dire che le canzoni rimangono, mentre i generi hanno una vita più strana. Nella musica ci sono centomila cose, nessuno potrebbe dire "ho inventato un nuovo genere. E’ che le etichette fanno comodo ai giornalisti".

Non posso che concordare. Ma del resto, quando si usano parole per descrivere la musica, non si può non ricorrere a qualche trucco, giusto per rendere l’idea.

Carlo: "E’ vero, ma una volta che hai detto trip hop, non hai detto niente: Protection dei Massive Attack mi piace tantissimo, mentre il disco di Tricky non mi piace per nulla. E’ sempre trip hop, ma la differenza la fanno le canzoni".

Il disco ha ricevuto una buona accoglienza. Ve lo aspettavate?

Carlo: "E’ chiaro che chi fa un disco ci spera, ma come ho detto prima, non abbiamo mai pensato in termini di appeal commerciale. Quando abbiamo visto il nostro disco entrare in classifica e andare al n.21 solo grazie alle radio, eravamo contentissimi. Ci hanno dato una grossa mano e senza che ci fosse dietro una strategia della casa discografica. Anzi, c’è stato chi ha mandato il nostro demo solo perché gli è piaciuto, senza nessuna promozione, ancora prima che uscisse il singolo di "AL.C". Le tv invece le eviteremo il più possibile".

Il tour?

Flavio: "Anche se incidiamo per una major, stiamo facendo un tour a budget ridotto. Ci sentiamo più a nostro agio con il furgone, pagando i nostri musicisti, fino ai primi di agosto".

Suonate durante i mondiali? (domanda ispirata dalla maglia dell’Inghilterra sfoggiata da Carlo).

Carlo: "Con molta cautela, per evitare giornate improponibili. Comunque l’Italia è una squadraccia e va a casa subito".

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