
Marcello, cos’è Spaccanapoli?
M.C.: Spaccanapoli prende il nome da una strada che divide in due la città, uno dei tre decumani che costruirono i greci quando si insediarono le prime strutture urbanistiche. In questa strada sopravvive la tradizione al fianco del presente; nella maschera e nel comportamento della gente convivono l’antico e il moderno, la statua di Demetra e i telefonini.
La scissione dagli ‘E Zezi come è avvenuta?
C.T.: Certe tensioni interne si erano un po’ amplificate e io mi sono trovato di volta in volta a superare ostacoli sempre più insormontabili a causa di richieste sempre maggiori rispetto alla produzione, che noi alla fine non riuscivamo più a soddisfare. Si è arrivati alla rottura con ‘E Zezi proprio quando ci siamo trovati con un disco pronto per essere messo in distribuzione. Francamente sarebbe stato un peccato perdere un’occasione simile, costruita con tanta fatica in tre anni di lavoro, così abbiamo deciso di riunire i dissidenti usciti dal gruppo ‘E Zezi, ovvero i quattro artisti di Spaccanapoli più Marcello che è stato cantante dei Zezi per 20 anni ma che li aveva lasciati cinque anni prima. In sostanza Spaccanapoli è costituito da artisti che hanno avuto tutti un’esperienza importante, cresciuti con il gruppo ‘E Zezi dal quale per vari motivi sono usciti. Abbiamo quindi riformato il gruppo, siamo tornati in studio, abbiamo rismontato pezzi e riregistrato sostituendo tutte le parti suonate dai dissenzienti. Abbiamo in buona sostanza realizzato una nuova registrazione e abbiamo concluso l’accordo con la Real World. Così è nata Spaccanapoli. Devo dire che sulla scissione ne ho sentite tante. Il vero motivo, a mio avviso, è che Angelo De Falco, il quale ha gestito per 25 anni con un ruolo di padre-padrone ‘E Zezi (come titolare del marchio ma non delle persone, non come compositore, nè animatore musicale), ha avuto paura di realizzare questo progetto e come un ragazzino geloso di un giocattolo ha detto: “se non lo gestisco io preferisco romperlo”. Gestire un progetto di questa portata richiede una certa professionalità che lui non aveva, anche perché il ruolo di arrangiatore e di coordinatore musicale era di Antonio. In uno studio altamente professionale si trovava dunque a disagio, perché anche nello sviluppo successivo serve gente che lavori a livello professionale. Non a caso oggi noi incontriamo la gente tramite un ufficio stampa esterno: perché io faccio il produttore e non l’addetto stampa! Lui invece pensava di poter gestire tutto da solo e ha avuto paura quando si è reso conto di non averne le potenzialità. Non è stato nemmeno disposto a capire che questo poteva essere un traguardo che andava a glorificare 25 anni di ‘E Zezi. Avrebbe potuto mettere un cappello sul progetto essendone il titolare, e servirsi di 5 o 6 persone, ognuna con la rispettiva competenza, che ne portassero avanti la gestione, facendo peraltro lui stesso un’ottima figura. Invece ha preferito rompere il giocattolo. Noi, piuttosto che perdere un’occasione del genere ne abbiamo ricuperato i pezzi. Di tutto questo, naturalmente, sono molto dispiaciuto perché ritengo che se avessimo proseguito il progetto ‘E Zezi come era partito oppure anche il progetto Spaccanapoli come lo stiamo sviluppando, oggi non esisterebbero tutte queste polemiche stupide che leggo in giro, in cui ognuno recrimina qualcosa come quando si separa una coppia. Di tutte le cose che ha detto De Falco non ce n’è una che corrisponda a verità. Ma io non voglio portare avanti la polemica; a me interessa portare avanti il gruppo con l’uscita Real World.
C’è anche un video in programma, se non sbaglio.
A.F.:Sì, c’è un altro progetto importante fatto da National Geographic che produce Spaccanapoli con un video registrato parte al Womad Festival di Reading e parte a Napoli. Abbiamo portato i reporter nei luoghi veri dove nasce la nostra tradizione, evitando qualunque effetto-cartolina, e loro hanno sviluppato l’idea di vederci con un’angolazione diversa, partendo dalla musica per andare alla scoperta delle tradizioni che ci sono dietro il progetto Spaccanapoli. Si tratta del primo video musicale prodotto da National Geographic. Questo per noi è la conferma dell’autenticità della nostra musica, dell’interesse che abbiamo creato, delle nostre aspirazioni di mostrare al mondo che esiste anche la nostra cultura, un po’ come è successo con ‘Buena Vista Social Club’. A beneficio di tutti coloro che si rifanno alla tradizione napoletana e non solo di Spaccanapoli.
La rivista “Folk Roots” vi ha dedicato la copertina. Questo potrebbe portare ad altri sviluppi interessanti.
A.F.: Di sviluppi interessanti ne abbiamo già parecchi per il futuro. Per la prossima estate abbiamo molte richieste da parte di tutti i grossi festival di world music. Inoltre, grossi management in Inghilterra, Francia, Germania e Spagna organizzeranno per il prossimo autunno delle tournée teatrali di 10-15 date con gli Spaccanapoli. Infine, ti annuncio l’anno prossimo saremo al Womad di Seattle.
(Diego Ancordi)