
Sei notoriamente il tipo che non ama essere premiato. Ma cosa sai di questa manifestazione?
Non so un granché del Premio Tenco. Mi hanno spedito un po’ di materiale quest’anno. Nel passato non ho mai voluto ricevere premi, ma quando ho visto la lista dei vincitori di questo premio, ho capito che non si trattava di una gara, di una competizione, ed ho deciso di accettare.
Nelle tue canzoni c’è la presenza costante di Dio. Cito la canzone di John Lennon “God”: “God is a concept by which we measure our plans”, “Dio è un concetto tramite il quale misuriamo i nostri progetti”. Condividi il pensiero di Lennon?
Credo che la canzone di Lennon dica una cosa interessante. Quando hai citato quel verso ho pensato: “forse l’ho detto io”…. Dio cambia sempre nei miei testi e nel modo in cui lo vedo. E' un concetto multiforme. Ho appena registrato il mio ultimo album, sono stato in studio per due mesi notte e giorno: ho lavorato sempre con i “Bad seeds”, un gruppo fantastico, è stata un’esperienza importante, un privilegio.. Nel gruppo ci sono persone molto particolari, decise, ma abbiamo lavorato molto bene assieme. E, vedrete, nel disco cerco di scoprire altre facce di Dio.
La tua musica è sempre stata a cavallo tra peccato e redenzione. Nel nuovo album ti proponi come un peccatore o come un peccatore sulla via della redenzione?
Ho sempre vissuto cercando di stare sulla linea di divisione: da un lato il peccatore e dall’altro il santo… Ma non voglio dire molto di più, per il momento…
La tua fascinazione per le Sacre Scritture è sottolineata da un’introduzione al Vangelo di San Marco, pubblicata in Italia da Einaudi. Le stesse cose che scrivi in questa introduzione, si ritrovano nella tua musica. Perché hai scelto proprio il Vangelo di San Marco?
Ho molta familiarità con questo Vangelo, lo conosco fin da ragazzino. Mi è sempre piaciuto, soprattutto perché è breve, immediato, scritto in modo molto suggestivo. In particolare mi interessa la visione tragica di Cristo che ne emerge. La pensavo così quando ero giovane e la penso così anche oggi.
Hai sempre alternato la parola scritta a quella cantata. Tra i progetti futuri c’è anche un nuovo romanzo?
Ho in mente qualcosa per un nuovo libro. Ho iniziato a scrivere un po’ di tempo fa, poi ho smesso perche ho iniziato a lavorare al disco. Ma voglio tornare presto al progetto del libro, per finirlo. Non si tratta di una fiction, ma non voglio dire altro.
Hai vissuto in Australia, a Berlino, in Brasile, In Inghilterra, ed ogni spostamento è conciso con una nuova fase della tua carriera. Riconosci una relazione tra i posti nei quali ha vissuto e la tua musica?
Sì, mi hanno influenzato; ma non vado in un posto in cerca di un’ispirazione. Ho lasciato l’Australia e vagabondato un po’ ovunque. Ogni posto ha lasciato qualcosa dentro di me, nel mio modo di vivere. Magari i segni che ho non sono buoni, però…
Perché hai lasciato l’Australia?
Me ne sono andato perché le industrie discografiche erano così ignoranti… Non so dirti molto sulla musica australiana. Era praticamente impossibile avere successo in Australia: dovevi andare per forza negli USA o in Gran Bretagna, o dovevi arrivare da quei posti per avere successo. Quindici anni dopo l’industria musicale australiana ha deciso di premiarmi perché sono un buon artista, e io gli ho detto di andare aff...
Dopo avere vissuto a Berlino, sei stato in Brasile, dove hai inciso “The good son”. Cosa ti ha lasciato quel posto?
Ecco cosa mi ha lasciato: ho trovato una famiglia, ho avuto mio figlio (il figlio gli sale in braccio, ndr). Ora sono un “family man”: ho appena avuto due gemelli…
Qual è la cosa che ti rende più felice, il sale della tua vita?
I miei figli. Sono un padre di quattro ragazzi… Credo che l’altra cosa sia il mio lavoro. Anzi, la cosa più importante è il mio lavoro: se non lavoro bene divento anche un padre irascibile. Se riesco a lavorare a modo mio e senza interferenze da parte dei discografici e senza i giudizi della gente, dei giornalisti… Se posso lavorare libero da queste cose, sono felice.
Con tutte le esperienze, anche estreme, che hai avuto nella tua vita, c’è qualcosa di particolare che vuoi insegnare ai tuoi figli?
Li lascio liberi di fare quel che vogliono. Cerco di non dirgli cosa fare e cosa non fare, voglio che facciano i loro errori ed imparino. Quando era il mio turno, quel che mi diceva la gente non contava molto. Londra, dove vivo, non è un posto facile per i bambini e questo mi pesa… so che qui è diverso, però….