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«UNA VITA DI LEONARD COHEN - Ira B. Nadel» la recensione di Rockol

Ira B. Nadel - UNA VITA DI LEONARD COHEN - la recensione

Recensione del 09 feb 2011 a cura di Franco Zanetti

(Giunti Editore, 320 pagine, 20 euro)

La recensione

Uscita nel 1997 (titolo originario: “Various positions: a life of Leonard Cohen”), questa biografia a firma di Ira B. Nadel, professore di lingua e letteratura inglese, è certamente la migliore fra quella dedicate al cantautore canadese. E lo rimane anche in questa riedizione, ampliata fino ad arrivare al 2010. Oddio: considerate che Nadel ha scritto lavori su Ezra Pound e James Joyce, il che vi dovrebbe far capire che il suo approccio alla materia non è certamente frizzantino e brillante. In altre parole: Nadel tratta Cohen con il massimo rispetto, e tratta anche se stesso con il massimo rispetto, sicché il risultato finale alle volte è un pochino troppo serioso. E’ vero che - grazie alla “benigna tolleranza” del biografato - l’autore ha potuto avere accesso a testimonianze di prima mano degli amici intimi di Cohen, e sicuramente ha anche potuto consultare gli archivi privati dell’artista. Ed è anche vero che Nadel fa emergere chiaramente, dietro alla sagoma del poeta e cantautore, anche un uomo complicato e tormentato, con le sue debolezze, le sue piccole miserie e il suo essere sempre stato “a ladies’ man” - cioè uno che corre dietro alle gonnelle - e un sistematico consumatore di stupefacenti. Ma, e qui sta il ma più grosso, Nadel è anche, ed evidentissimamente, un ammiratore di Cohen: il che, per un biografo, è un ostacolo, un limite, un elemento di squilibrio.

Squilibrata è anche, un po’, la scansione dell’opera: che, è vero, rispetta la cronologia delle attività coheniane (la letteratura cominciò a lasciare spazio alla musica solo nel 1966, quando Cohen aveva 32 anni; a questi primi 32 anni il volume dedica 145 pagine, il che è abbastanza corretto, come distribuzione dei pesi), ma non tiene conto del fatto che i potenziali lettori sono - o almeno così credo io - ben più interessati a conoscere fatti e persone della vita del Cohen cantautore di quanto lo siano a conoscere quella del Cohen aspirante poeta e scrittore. Quindi, ecco, magari Nadel si sarebbe potuto sbilanciare un po’ verso gli anni dai 32 agli attuali 77. In ogni modo, resta il fatto che la lettura della seconda parte del libro è ben più scorrevole e piacevole di quella della prima parte. A mio gusto personale, s’intende. Non mancano, sia chiaro, gli aneddoti, le curiosità, le bizzarrìe: ma sono sempre raccontati con un aplomb, con una serietà, con una compostezza così austeri da risultare a volte assai meno divertenti di quanto potrebbero. Aspettiamo allora, se ci sarà qualcuno che vorrà tentarne la scrittura, una biografia “non autorizzata”, e nemmeno “benignamente tollerata”: chissà che con quella non ci si diverta di più. Perché dai, va bene che Cohen è Cohen, ma le canzoni sono canzoni, mica l’ “Ulisse” di Joyce. E prenderle troppo sul serio fa male alla salute. (Franco Zanetti)

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