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«“TI RICORDI NANNI?” - Claudio Ricordi» la recensione di Rockol

Claudio Ricordi - “TI RICORDI NANNI?” - la recensione

Recensione del 06 apr 2010

(Excelsior 1881, 250 pagine, euro 21,50)

La recensione

Non invitato alle presentazioni “ufficiali” (gennaio, Milano, Palazzo Reale; febbraio, Roma, Museo del Burcardo), ho tuttavia acquistato questo libro - in una libreria di Sanremo, durante il Festival: per una sorta di volontà di contrappasso che Nanni Ricordi credo apprezzerebbe - prima di tutto in segno di omaggio a un uomo che ho frequentato personalmente troppo tardi (inizio anni Ottanta) e per troppo poco tempo, ma del quale, oltre a conoscerla per averne sentito dire e averne letto, ho riconosciuto la personalità e la creatività; secondariamente, perché ero curioso di capire come e con quali risultati era stato organizzato questo “tributo” a una persona la cui storia personale si è intrecciata strettissimamente con quella della storia della musica (non solo leggera) italiana della seconda metà del secolo scorso.

Va segnalato che il progetto è stato curato da Claudio Ricordi, che di Nanni è pronipote ed è (stato) musicista ed è oggi giornalista musicale; il che non mi impedisce - né mi eccita - una lettura critica e un giudizio, per quanto possibile, equilibrato (non imparziale, sennò che giudizio sarebbe?).
E dunque. Fino a pagina 86, la lettura del libro mi ha irritato e infastidito. Questa prima metà del volume raccoglie contributi scritti, presumo sollecitati dal curatore, e organizzati (quasi inevitabilmente) in ordine alfabetico. Immagino che questi contributi siano stati forniti con piacere, e non credo che qualcuno degli invitati a fornirne abbia declinato l’invito. Ebbene, anche senza voler sottolineare certe assenze (tranne una, ne riparleremo più avanti), e anche senza voler segnare con la matita rossa e blu certi svarioni (ma uno sì, per forza: a pagina 24, Caterina Caselli racconta di aver iniziato a collaborare con Nanni in CGD nel 1982 “con un inedito duo Ja-Ga Brothers - Jannacci e Gaber - per una riedizione divertita e leggera del ‘Gelato al limon’”: ma no, era il miniLP in cui il ricostituito duo riproponeva “Una fetta di limone”), la sensazione è che, forse per rispetto, questi contributi non siano stati minimamente editati e rivisti. Grave sbaglio: perché quel che ne risulta è una lettura discontinua, a tratti fastidiosa, nella quale quasi tutti i contributors non parlano di Nanni Ricordi, ma di se stessi con la scusa di parlare di Nanni Ricordi, e lo fanno, comunque, con una comune volontà agiografica nei confronti del festeggiato (che è vivo, intendiamoci, e ha 78 anni) per la quale oso presumere che Nanni si farebbe venire un po’ di orticaria.

(A margine, e non c’entra con il libro in sé: quanta bella gente, signora mia, e che frequentazioni interessanti, e che cultura, e che modernità... l’affresco che esce leggendo questi ‘ricordi’ di persone e personaggi che hanno dato il meglio di sé negli anni Sessanta e Settanta è quello di una Milano radical chic - gauche caviar, champagne left, lobster liberals - che abita in vie prestigiose del centro storico, villeggia sui laghi lombardi, sverna sulla Riviera Ligure, eppure è tanto tanto vicina alle sofferenze dei lavoratori: come scriveva Angelo Bitti sul “Corriere della Sera”, è “la sinistra che ama il popolo, ma si guarda bene dal condividerne la sorte, che vota con gli operai e cena con i borghesi”).
Insomma, la prima metà del libro mi ha dato più fastidio che soddisfazione.
Fortunatamente, i contenuti cambiano nella seconda parte: che raccoglie le trascrizioni di una serie di conversazioni fra Nanni Ricordi e (in ordine di apparizione) Gino Paoli, Ornella Vanoni, Sergio Endrigo, Enzo Jannacci, Ricky Gianco, Gianfranco Manfredi. Ecco, qui il libro comincia ad avere un senso. Nonostante l’imperdonabile mancanza di una datazione a queste conversazioni, che si direbbero registrate e sbobinate (ma quando? in che giorno, in che mese, in che anno?), qui il cultore e l’appassionato della storia della musica leggera italiana trova pane per i suoi denti. E soprattutto ritrova, nel tono colloquiale, quella freschezza e quella leggibilità che nei “tributi” troppo formali della prima parte mancava totalmente. E quindi da pagina 89 a pagina 150 il libro si beve tutto d’un fiato, e con gran gusto.

La terza parte del volume consiste di una intervista-conversazione di Claudio Ricordi al prozio: sarebbe dovuta essere, arguisco, nelle intenzioni, un modo per mettere in ordine cronologico la biografia personale e professionale di Nanni, per presentarne le opere e i giorni, ma l’intento - di difficile realizzazione, con un mercuriale come l’interlocutore - non viene ottenuto, e queste pagine del libro diventano un’affastellata congerie di ricordi e memorie. Divertenti, sapide, (non tutte) interessanti; ma, soprattutto, non funzionali a sostituire ciò di cui soprattutto in questo libro si avverte l’assenza: e cioè una ricostruzione ordinata, seria, completa delle attività di Nanni Ricordi nell’ambito musicale (una biografia dettagliata con tutte le date, le attività, i dischi prodotti no, eh? troppo banale?).
Chiudono il libro una ventina di pagine a carattere prettamente familiare, e di impronta quasi diaristica, e una decina di pagine di scritti autografi (poco più che appunti, a dire il vero) del protagonista del volume.
Volume che, tutto sommato, ha un suo perché, oltre che una sua ragion d’essere. Ecco, magari lo si poteva organizzare e strutturare in modi migliori: ma ognuno fa di testa sua, ed è ovvio che se avessi curato io questo libro l’avrei fatto diverso. Sicuramente avrei chiesto un ricordo di Nanni anche a Gino D’Eliso (http://www.rockol.it/biografia/Gino-D%27Eliso). Anzi, mi sono tolto lo sfizio di farlo: ed è con le parole di D’Eliso che mi piace chiuderla qui. (fz)


Ho conosciuto Nanni in un’occasione abbastanza singolare. Scena: teatrino del Circolo “Che Guevara” del P.C.I. di Trieste. Ultimissimi anni ’60 o primissimi anni ’70, non ricordo bene. Portavano in giro - Nanni ed altri artisti, attori e musicisti vari - un microspettacolo basato sulla critica alla staticità del P.C.I., degli altri partiti di sinistra “istituzionali e dei sindacati. Bene, noi giovani compagni di belle speranze – F.G.C.I. e sezione universitaria – si apprezzavano l’ironia e l’indubbia bravura degli interpreti. Non così l’ala vetero-stalinista (ed era in netta maggioranza) della Sezione Autonoma del Partito Comunista Italiano di Trieste. Voleva essere una provocazione politico/artistica: lo fu. Botte, urla, sedie che volavano, “fascisti!”, “no, fascisti voi!” e noi ragazzi un po’ perplessi, confusi, quasi tutti solidali con i compagni ospiti. Di Nanni ricordo molto bene la sua abilità pugilistica.
Nanni l’ho incontrato nuovamente per la mia attività “cantautorale”. 1977, Roma, RCA: incontro casuale e ricco di affinità morali ed artistiche. Mi è sembrato l’unico essere umano dell’ambiente. Ci siamo tenuti in contatto (blando). Quando ruppi con la RCA ed ebbi un periodo piuttosto buio a livello artistico e, quindi, umorale e di sopravvivenza spicciola, ci si vedeva spesso a Milano nella sede della sua etichetta “Ultima Spiaggia”. Non mi ha mai fatto mancare (come ad altri) un consiglio, una pacca sulla spalla, un panino, un suo sorriso stile ”Gengis Khan”.

Poi si è lavorato tanto insieme. Le produzioni discografiche della NanniRicordi e della MitteleuRock Productions sono state, nei primi anni ’80, degli episodi artistici irripetibili. Con Nanni e con Sandra si è diventati amici veri, aldilà del rapporto professionale. Tanta musica, certo, ma anche tante chiacchierate, discussioni, feste e sane risate in quel fantastico “porto di mare musicale” che era la loro casa, Corso di Porta Nuova, 10.
Nanni ha grandi valenze e grandi meriti, come musicista, produttore, uomo: l’intuito musicale privo di preconcetti; la capacità di saper valorizzare potenziali artistici magari ancora in embrione; il saper dare fiducia senza prevaricare; il saper usare la sua cultura “a tutto tondo” senza enfasi o arroganza, con affetto. Nanni è un uomo per bene, umorale e, contemporaneamente, dotato di grandissima ironia ed autoironia (che non è poco…): forse per questo, ad un certo punto, ha chiuso con un mondo musicale completamente privo di tutte queste caratteristiche o qualità. Sicuramente non ha voluto inquinare quanto fatto di bello ed importante.
(Gino D’Eliso)

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