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«IL NUOVO ALBUM - Sonic Youth» la recensione di Rockol

Sonic Youth - IL NUOVO ALBUM - la recensione

Recensione del 17 giu 1998

La recensione

"Come il bocciolo con il verme invidioso,
può aprire le sue tenere foglie all'aria,
o dedicare la propria bellezza al sole"

(William Shakespeare, "Romeo e Giulietta")

 

Molte delle canzoni di questo album, il quattordicesimo della mela più succosa di New York, sono state presentate per la prima volta l'inverno scorso alla Avery Fisher Hall del Lincoln Center. A beneficio di quanti non hanno avuto l'opportunità di assistere all'evento, posso soltanto dire che fu una delle più incantevoli serate di fosforescenza tonale che il Lincoln Center abbia ospitato dopo il concerto che vi tennero gli Holy Modal Rounders nall'inizio degli anni Settanta. Impulsi raggiati e curvacei di suoni-laser emanavano da ogni strumento, facendo friggere i cervelli di tutti i presenti nella sala. Poi, delicati moduli tonali si spargevano lentamente nell'aria fino a formare una rete di suoni multicolore che fluttuava nelle teste degli ascoltatori.

"A thousand leaves" (che esce il 12 maggio 1998 per la DGC Records) contiene molte delle canzoni che vennero presentate quella sera" dice Steve. "Dunque penso che alcuni si aspettano che sia un disco strumentale. E lo è. Solo che a molti dei brani strumentali sono state aggiunte delle parole. Non bisognerebbe preoccuparsi granché della forma delle canzoni".

Quello che i Sonic Youth realizzarono quella sera al Lincoln Center è stato un brindisi musicale alla fine del millennio. Ci furono momenti tipicamente cantautorali e momenti elettro-acustici-postseriali, tutti inglobati in un contesto identificabile come rock. Il mix fra segnali e suoni era indistinguibile. Fu un po' come se avessero decrittato il codice di "Smile" e l'avessero trasposto in un futuro post-CBGB. Se avessero proposto una cover di "Long haired boys" di Tipm Rose o di "Transphalba" di Jerry Hunt, sarebbe apparso del tutto appropriato. Il gruppo appariva sul punto di raggiungere il perfetto sincretismo di tutte le conoscenze che aveva digerito nel corso degli anni. E la sua fame di informazioni non è mai stata messa in dubbio, nemmeno dai detrattori più accaniti.

"E' il primo album che abbiamo registrato interamente nel nostro studio privato" dice Lee. "Lo studio ha un nome differente ogni volta che qualcuno chiede a uno di noi come lo chiamiamo. Così, in un certo senso, ogni canzone è stata registrata in un diverso studio, ed è stata sagomata dall'identità perticolare che lo studio stava assumendo in ognuno dei momenti in cui si stava registrando una particolare canzone". "Sì" aggiunge Steve. "Per via delle circostanze, stavolta il materiale originario si è evoluto più lentamente e anche più velocemente. Dato che lo studio e la sala-prove coincidevano, le canzoni sono state affrontate di solito allo stadio iniziale della loro gestazione. Penso che cambieranno molto quando le presenteremo in concerto. Ora di dicembre, saranno del tutto diverse, e pronte per essere incluse nel nostro album dal vivo al Budokan…".

"L'album rappresenta una lenta progressione di idee" dice Thurston. "Queste sono, davvero, le canzoni più terrene dei Sonic Youth. Ovviamente, non le abbiamo fatte tutti da soli. Coco ha aiutato Wharton Tiers per alcuni dei mixaggi. Spegneva le luci quando veniva il momento di preparare la versione definitiva. Non aveva vissuto il momento dello sviluppo del materiale, e così era in grado di spiegare la nostra visione al tecnico del suono. Don Fleming ha aiutato per le parti vocali. Nessun altro avrebbe potuto capire meglio dove si trovava davvero la mia bocca".

Fin dai loro inizi, a New York City, ai tempi dell'odiosa nascita dell'era reaganiana, i Sonic Youth sono sempre stati fra i più raffinati intenditori di musica del mondo. Fin dal principio - come avatar di quello che poi si sarebbe trasmutato nel paradigma dominante dei guitar-rock americano - le composizioni dei Sonic Youth sono state caratterizzate dalle dissonanze di idee così come dalle dissonanze di chitarre. Costantemente recavano l'impronta della visione poetica dei fratelli Wilson così come delle partiture chitarristiche di Remko Scha e Rampton, delle nuvole di note dei Iannis Xenakis, e dello scatto ritmico dei Creedence Clearwater Revival, quando ancora la maggior parte dei gruppi contemporanei facevano la pipì nel letto.

"Il titolo dell'album nasce dal fatto che dovremmo smettere di fare dischi dopo aver inciso mille album" dice Thurston. "Ogni album che registriamo è una foglia. Io questo lo vedo come una quercia, Lee come un salice, Steve come un pioppo, Kim come un cespuglio di ibisco. Attraverso questo procedimenti di identificazione di ogni disco con un particolare tipo di pianta, sento che alla fine riusciremo a comprendere i meccanismi della fotosintesi e a creare un nuovo tipo di aria. E non è questo ciò che davvero conta?"

"Effettivamente" dice Kim "vedo questo album come un migliaio di quadri viventi di un organismo acefalo". "E la copertina è di Marnie Weber, un musicista della Ecstatic Peace" dice Thurston. "L'immagine allude a quella di 'Unlimited Edition' dei Can. Ma già lo sapevi".

Per tutto il corso di una carriera che abbraccia quasi due decenni (ed è più lunga della somma delle carriere dei Beatles e di John Coltrane, con la formazione classica), i Sonic Youth hanno continuato ad espandersi sia orizzontalmente sia verticalmente i propri progetti stilistici. Benché sia innegabile che esso possieda alcune peculiari caratteristiche, il modo in cui il suono complessivo del gruppo si è evoluto è più vicino ad un movimento di gemmazione amebica che a una evoluzione tradizionale per gradi.

Diversamente dalla maggior parte dei gruppi, i cui interessi musicali e le cui influenze sono immediatamente evidenti, i Sonic Youth non si sono mai concessi di essere così pigramente trasparenti. Le conoscenze musicali che essi acquisiscono fra un disco e il successivo vengono catalogate insieme a quelle che già fanno parte dei loro archivi, e ad esse viene fatto riferimento con criteri estetici e non razionali. Sicché, è possibile che capiti di identificare, incorrettamente, alcuni dei brani di "A thousand leaves" come originati da altri momenti della carriera del gruppo, a meno che non si sia perfettamente consapevoli del modo in cui la sofisticatezza della band si sia costantemente evoluta secondo la metodologia del collage stilistico. Come già per ogni album dei Sonic Youth, "A thousand leaves" è una dimostrazione di crescita in ogni direzione: all'indietro come in avanti, in direzione del pop così come in direzione inversa.

"Vale la pena di sottolineare" dice Kim "che la canzone 'Female mechanic now on duty' è stata ispirata da 'Bitch', la composizione di Meredith Brooks. E' una canzone di risposta". "Quella canzone mi risulta particolarmente sgradevole" dice Steve. "Questo disco è per noi davvero l'inizio di qualcosa di nuovo" dice Thurston. "Nel tantativo di favorire una datazione di ogni nostro album, d'ora in avanti includeremo in ognuno una canzone di risposta ad alcuni aspetti peculiari della cultura popolare del momento. Noi non siamo, come alcuni insistono a dire, ossessionati dalla cultura pop quanto invece lo siamo dalle sue possibilità di stratificazione e collocazione cronologica".

Byron Coley, Deerfield, Massachussetts, 1998

 

 

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