Paolo Vites - IL FIUME E ALRE STORIE - la recensione

"Thunder road", "Born to run", "The river", "Born in the USA", "The ghost of Tom Joad": bastano cinque testi per raccontare Brusce Springsteen o quantomeno a spiegarlo? Forse questi cinque sì, esattamente come questo libro basta a spiegare la storia e la parabola personale del Boss, dai tempi delle autostrade su cui andava a correre a quelli del ritorno alle stesse highways, questa volta però in compagnia del fantasma di Tom Joad, il sogno americano tradito. Ripercorrendo la strada di Springsteen attraverso la traduzione di una serie di articoli usciti all’estero su giornali specializzati, possiamo leggere di lui in un arco di tempo che va dal 1973 fino al 1996: c’è anche il famigerato articolo di Jon Landau pubblicato su The Real Paper del 22 maggio 1974 intitolato "Ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen", che costrinse il suo autore a diventare in seguito produttore e manager del Boss (che gli disse, ai tempi di "Born to run": "mi hai messo tu in questo pasticcio, adesso aiutami a venirne fuori!"). Niente da dire, il libro si legge volentieri e finisce per essere una piacevole integrazione delle nozioni già possedute sul Boss, o un ritratto per non addetti ai lavori che potrebbe intrigarne qualcuno.