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«LE FLOW - Autori Vari» la recensione di Rockol

Autori Vari - LE FLOW - la recensione

Recensione del 21 lug 1998

La recensione

Le Flow racconta la storia del rap francese

Esce in questi giorni una compilation dedicata al meglio dell’hip hop francese: a Mondiali ormai finiti, torniamo in Francia sull’onda di questo articolo di Claude Grunitzky, che ripercorre la storia di un genere musicale che ormai è diventato una realtà di primaria importanza nel panorama culturale d’Oltralpe.

Nel 1998, il suono di Parigi - e della Francia suburbana e di provincia, per quanto ciò possa avere importanza - è l’hip hop. Più precisamente un hip hop costruito in lingua francese sui breakbeats tradizionali e su campionamenti elaborati.

Sono cresciuto a Parigi nella metà degli anni ’80 e sono stato testimone della crescita esponenziale dell’hip hop da una dimensione di novità fino all’essere considerato una componente essenziale della cultura giovanile francese. Molti miei amici - diversi dei quali si riunivano nelle "Zoopsie night" che per un breve periodo si sono svolte al Bobino Club di Montparnasse - sono diventati adesso dei famosi MC e produttori, e i loro fratelli più giovani hanno già iniziato a prendere in mano il microfono. Questa compilation, la prima che si propone come obiettivo quello di catturare l’audience anglofona, è un omaggio dovuto da tempo all’intraprendenza e alla perseveranza di quei ragazzi a lungo ostracizzati, che sapevano già quello che sarebbe successo un giorno, quando avrebbero avuto successo con il microfono e i piatti. I pilastri della scena alla cui nascita avevo assistito su stazioni radio come Radio Nova, erano diventati dei dirigenti all’interno delle case discografiche e Cut Killer (il DJ più importante) era diventato a detta di tutti un pezzo grosso - lui è, se volete un paragone più calzante, il Funkmaster Flex di Parigi. Ma la diversità dei brani scelti per questa compilation, editati da dozzine di canzoni tra le quali è stata effettuata una prima scelta, e scelti in modo tale da non privilegiare grossi nomi più di quanto si possa promuovere dei nuovi talenti, dimostra che il talento puro è, come in qualsiasi subcultura che cerchi in ogni modo di venire alla luce e guadagnare spazio, l’unico attributo in base al quale dare un giudizio valido per tutti gli artisti.

Come nei giorni in cui Afrika Bambaataa predicava i suoi insegnamenti della Zulu Nation a Parigi: come quando i primi cinque singoli pubblicati a livello underground portarono ad una prima ‘notte hip hop’ sulla radio nazionale Europe 1; quando nel 1983, un netework televisivo nazionale dedicò al fenomeno emergente un programma settimanale intitolato, semplicemente, "Hip Hop": così l’hip hop francese continua a crescere nella direzione di una cultura autosufficiente, in cui l’approccio americano è adesso considerato inappropriato e rimosso dalle nuove realtà francesi. La compilation "Rapattitude", che per prima mise in mostra gruppi come gli Assassin, riscosse un grande successo alla fine degli anni ’80. "Rapattitude" si sarebbe in seguito evoluta nella Delabel Records, una sussidiaria Virgin che è adesso la leader indiscussa in termini di quota di mercato. Eppure si è dovuto aspettare fino al 1991, quando MC Solaar ha registrato l’inno "Bouge de la" e l’album milionario "Prose combat", per considerare l’hip hop come un genere ormai venuto alla ribalta.

Poi venne emessa una normativa per cui le radio venivano obbligate a suonare un 40% minimo di canzoni in francese. Questa legge ha cambiato faccia alla musica popolare francese - fino ad allora impegnata a ristampare vecchi dischi di Gainsbourg - e ha dato il via all’intraprendenza dell’industria discografica, desiderosa di mettere sotto contratto i giovani che sembravano essere così a contatto con la realtà americana dei B-boys, ma al tempo stesso erano orgogliosi delle proprie radici francesi, pur rischiando di andare incontro a qualche contraddizione.

Ben presto, dopo l’ascesa al successo di MC Solaar, gli NTM, gli agitatori hard rock del sobborgo di Saint-Denis, sono stati condannati alla detenzione per aver insultato la polizia e incitato alla rivolta durante un concerto al sud della Francia. Anche se la decisione del giudice venne in seguito ridimensionata in appello, la pubblicità assicurò che l’hip hop era adesso parte della scena politica, per non dire nazionale. Il fatto però che parte dei nuovi fans rap erano ragazzine ancora in età pre-puberale che potevano cantare tranquillamente il pezzo degli Alliance Ethnik "Simple et funky" al di là della loro sensibilità estetica e di qualsivoglia problematica politica sottesa, significava che molti rappers di successo erano adesso percepiti, per ironia della sorte, come qualcosa d’ostacolo alla cultura che loro stessi avevano contribuito a creare.

Eppure, nel 1995, il successo tanto del film che della colonna sonora del film "L’odio" di Mathieu Kassovitz fu significativo, perché dava all’hip hop una forza grazie alla quale farsi riconoscere. Se "L’odio" era un aggiornamento della promessa fatta con "Rapattitude", questa compilation può essere vista come un terzo passo avanti perché in un qualche momento, intorno all’inizio del 1997, gli MC di tutto il paese si raggrupparono e trovarono una soluzione all’apparente contraddizione che minava il cuore dell’ormai esplosa scena hip hop francese.

Due bands - gli IAM, un nuovo gruppo di Marsiglia che divenne parte del mainstream all’inizio degli anni ’90 con la maestosa "De la planete Mars", e i Ministere AMER, una posse potente ed eclettica di Sarcelles dalla quale avrebbe preso il volo la carriera solista di Passi, Stomy Bugsy e, con ancora più successo, di Doc Gyneco - erano considerate essere ben oltre la competizione. Ma la salvezza dell’hip hop francese è stato proprio avere degli autori di testi simili, capaci di iniettare la realtà in una forma d’arte che stava chiaramente modificandosi più velocemente di quanto fosse possibile adattarsi.

Ascoltate la nuova scuola: gruppi come Psykopat, Afrodiziak, Aktivist e i celebrati MC Oxmo Puccino sembrano adesso pronti a raccogliere il testimone. La prima conclusione che si può trarre da questo nuovo lirismo, e dalla diversità dei nuovi beats, è che adesso non è più possibile parlare di una sola scena hip hop francese. L’hip hop francese è adesso un ibrido di molte diverse componenti che spaziano dall’hardcore alla musica commerciale fino ad una terra di mezzo difficile da identificare. Tutti questi elementi sono mostrati in questa compilation. Perché la competizione ha diviso la scena oltre ogni categoria definibile a priori, l’hip hop francese nel 1998 può facilmente essere riassunto dal brano di Passi "La France au rap francais", un brano provocatorio sul motto del leader del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen "La France aux Francais".

Claude Grunitzky

Direttore di Trace Urban Magazine

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