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«IL GRANDE BOH! - Jovanotti» la recensione di Rockol

Jovanotti - IL GRANDE BOH! - la recensione

Recensione del 02 nov 1998

Feltrinelli, 251 pagine, £ 25.000

La recensione

Ha aspettato forse fin troppo, Jovanotti, ad uscire con un suo libro. Curioso, divertente, semplice e profondo al tempo stesso nelle sue considerazioni (come aveva evidenziato un libretto di pensieri, "Cherubini", uscito qualche anno fa come allegato del suo singolo "Penso positivo"), Jovanotti è per sua stessa natura - e potrà essere ancora di più - uno scrittore. Gli spunti non mancano, e derivano in parte da una vita in gran parte vissuta ‘artisticamente’: Jovanotti, ragazzo fortunato, è nella posizione di chi (dopo avere lavorato duro, intendiamoci) può provare a realizzare i suoi sogni con una certa agiatezza. Africa per il nuovo disco? Africa. Patagonia in bici? Patagonia. Vacanze a New York? New York. Facile quindi avere qualcosa da raccontare, nel libro, da questo continuo confrontarsi con ‘l’altro’. Quello che Lorenzo ci aggiunge è il senso di irrequietezza che ne anima le pagine, la voglia di capire e procedere al giudizio con un continuo assestarsi e riassestarsi su posizioni via via sempre meno friabili, fino ad arrivare - a volte - alla non espressione come unico e vero giudizio possibile. Sono i momenti migliori del libro, quelli che raccontano facce, orizzonti, paesaggi e colori, senza voler essere didascalici, ecumenici, moralizzanti. In questo Lorenzo si trova a essere il simbolo, spaesato ed entusiasta, di una razza che ha voglia di capire, di esplorare, di conoscere. Ecco, più che i riferimenti a Chatwin o Kerouac come modelli, "Il grande boh!" andrebbe forse letto esso stesso come un romanzo, come se il Jovanotti che ne percorre le pagine fosse egli stesso un personaggio, o meglio il protagonista. Un novello ‘Candido’, a voler proprio indicare in qualche modo un referente: un Candido nuovamente alla scoperta del mondo, di un mondo percorso, attraversato, respirato piuttosto che stancamente raccontato. La fisicità di Lorenzo, la sua corporalità, sono sempre presenti nelle avventure de "Il grande boh!", e sottolineano l’importanza dell’esperienza diretta e personale come base di qualsiasi valutazione, anche sbagliata. Una piccola critica per chiudere: forse un po’ più di rigore nella selezione degli scritti non avrebbe guastato, perché in alcuni momenti la ‘naturalità’ dello stile sottrae qualcosa alla sua qualità. Se in futuro Lorenzo saprà pretendere dalla propria scrittura qualcosa di più meditato, le sue eventuali fatiche potrebbero rivelarsi dei libri ancora più importanti.

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