Francesca Michielin: “Volevo ritirarmi. Salvata dai miei miti”

«Mi sento integra. Mi sto divertendo, sto esplorando. Ho ritrovato la gioia di stare nell’ambiente della discografia, che non è sempre semplice», racconta Francesca Michielin dall’altra parte del telefono, durante una pausa delle prove. Gli ultimi mesi sono stati tra i più difficili della carriera della cantautrice di Bassano Del Grappa, che a 30 anni sembra aver compiuto già tutto il ciclo di ascesa (aveva 16 anni quando nel 2011 vinse X Factor e si ritrovò a firmare un contratto con Sony), caduta e redenzione che le popstar compiono in una carriera intera: la partecipazione all’ultimo Festival di Sanremo con “Fango in paradiso” è andata al di sotto delle aspettative e ha aperto una crisi che ha portato, tra le altre cose, anche a un cambio di management. «Ma non è corretto dire questo: non c’è un nuovo manager. Semplicemente, mi sto autogestendo», dice lei, che dopo dieci anni si è separata dalla (ormai ex) manager Marta Donà. Sabato 4 ottobre si esibirà per la prima volta in carriera all’Arena di Verona (per l’occasione ha invitato una ventina di colleghi da Carmen Consoli a Fedez, da Emma a Vasco Brondi, da Levante a Max Gazzé, passando per Bruno Belissimo e Carl Brave). Il giorno prima, venerdì 3, pubblicherà un nuovo Ep, “Anime”: «Prima ero in ansia. Oggi non lo sono più. Faccio musica perché voglio lasciare qualcosa», spiega.
In ansia per cosa?
«Il mondo della discografia ti chiede di essere iper performante. E io dal 2022 in poi ho certificato meno, se non zero. Andavo in studio non dico controvoglia, ma mi sentivo un soldatino: “Faccio la session, torno a casa, spero che i discografici siano contenti”. Era diventato tutto un po’ macchinoso».
Mai pensato di mollare?
«Tutti i giorni. Sono una perfezionista. E poi sono ipecritica nei confronti di me stessa. Negli ultimi anni i risultati non sono arrivati. Mi sono detta: “Devo cambiare lavoro”».
Cosa ti ha fatto cambiare idea?
«Mi sono ricordata che tutti gli artisti che mi hanno ispirata, da Carmen Consoli a Dan Black, con il quale ho collaborato per il singolo “È naturale” insieme ai Planet Funk, al netto dei numeri hanno lasciato un segno. E ho capito che le carriere sono percorsi: non si tratta di collezionare successi o flop».
In che modo la partecipazione all’ultimo Sanremo, ventunesima su ventinove partecipanti, ti ha spinta a metterti in discussione?
«Ha avuto un ruolo nel marasma che già avevo in testa. Sono felice di essere arrivata ventunesima, perché se fossi arrivata, che ne so, tra i primi dieci, probabilmente avrei continuato a vivere la musica con quell’approccio da soldatino. Invece la batosta è stata un modo per incoraggiarmi».
Interrompere la collaborazione con Marta Donà è stata una mossa impopolare. Come è maturata la decisione?
«Marta l’ho conosciuta che io avevo 16 anni: era la mia a&r in Sony. È una persona che stimo molto e da cui ho imparato tanto: è la migliore. A 30 anni penso di aver acquisito degli strumenti per gestirmi. Oggi sono manager di me stessa. Dopo l’Arena di Verona valuterò se continuare così o affidarmi a qualcuno».
Ti piacerebbe mettere in pratica quegli insegnamenti facendo per giovani talenti ciò che lei ha fatto per te?
«In questo momento no: ho tanto lavoro da fare su me stessa. Però una cosa che mi piacerebbe fare è creare nella mia Bassano uno spazio, un centro culturale, dove ragazzi giovani possano respirare un po’ di questo mondo della musica in maniera più sana. Lì, nella provincia in cui sono cresciuta, non c’è più niente se non locali dove andare a fare aperitivo».
Che storia racconterai sul palco dell’Arena di Verona?
«Il concerto nasce dall’idea di festeggiare i miei trent’anni, ma di fatto sarà un diario musicale. Racconterò anche attraverso cover e mash up particolari quelle canzoni che mi hanno ispirata e resa la persona che sono oggi».
Qualche anticipazione?
«Sarà un concerto in quattro atti con tanti momenti diversi. Abbiamo riarrangiato tutti i brani del mio repertorio».
È vero che per il concerto all’Arena di Verona hai scelto di avere una band tutta al femminile?
«Sì. Sono tutte polistrumentiste di grande talento. Ci tengo a menzionarle una per una: Viviana Colombo (in arte VV, cantautrice già al servizio di Marco Mengoni, Gaia, Baby K, ndr), Giorgia Canton, Sofia Volpiana e Maura De Santis. Vorrei che questa fosse la mia band fissa, per sempre. Sono delle persone con cui sto bene e sto ritrovando la gioia di stare in studio».
È un modo per fare qualcosa di concreto per la causa, anziché riempirsi la bocca di buoni propositi e slogan?
«Assolutamente sì. Non è vero che non esistono musiciste: ne esistono eccome. Il problema è che a queste ragazze non viene mai dato spazio. È come se avere nella band musicisti uomini desse un’autorevolezza in più. Io ho avuto chitarristi bravissimi negli anni, ma il suono che ha VV non l’ho mai trovato in nessuno: ha un’attitudine grunge nel suonare la chitarra che mi piace. Il potere della rappresentazione è fondamentale. Se un giorno andrò in tour con queste ragazze e in sala ci saranno delle bambine a vederci, sarebbe bello essere di ispirazione».
Ti sei posta degli obiettivi per dopo l’Arena o navighi a vista?
«Ora penso solo all’Arena. Voglio farla al massimo delle mie possibilità. Ci ho lavorato per mesi».
Cosa includerà l’Ep che uscirà alla vigilia del concerto?
«Oltre ai singoli “È naturale” e “Francesca” ci sarà anche “Fango in paradiso” in due versioni: quella già edita e una versione inedita della demo, con un’interpretazione che non sono più riuscita a replicare nelle successive take. Ha una magia che mi piace. Non me la sentivo di fare un disco, quest’anno. Ho grande rispetto per quel formato e non voglio buttare via musica».