Basterebbe una sola canzone, per rendere consigliato, se non obbligatorio, l'ascolto di questo album di Giovanni Succi. La canzone è "Algoritmo", e il titolo già lascia intuire molto:
"Sai son molto appassionato del tuo disco
L’ho sentito già una volta quasi tutto
C’è parole che però non ci capisco
Che comunque lì si sente del disagio
C’è qualcosa di frizzante e anche un po’ jazzzzz!"
In questo brano ci sono i Kraftwerk di "We are the robots", c'è un po' di Paolo Conte (la "z" strascicata di "jazz") e c'è soprattutto la descrizione esatta dei modi di consumo odierni della musica: "Nella mia playlist non so manco chi - manco chi/Ho quasi dieci euro di impianto audio/Rinunciato a tutti gli input ma non agli output".
Basterebbe questa canzone, ma poi finiremmo esattamente per diventare i protagonisti del brano che "sentono una volta quasi tutto". E in "Carne cruda a colazione", secondo album di canzoni originali del co-fondatore dei Bachi Di Pietra, c'è molto, molto di più.
C'è il sarcasmo già mostrato bene in "Con ghiacchio": là andatevi a riascoltare "Artista di nicchia" (con la frase che ricorda Zappa: "Mi sento solo come artista di nicchia, ma che nicchia, una nicchia tanta"). Qua, visto che l'indie è il nuovo mainstream, ci sono "i melliflui" che "gorgheggiano banalità dai loro cuori - oh oh".
C'è un po' di romanticismo in "Cabrio" ("Io guardo la strada, tu guardi le stelle"), c'è il racconto del rapporto di amore e odio con una città di provincia ( Alessandria in "Grigia"), del ra C'è una scrittura unica, sarcastica e tenera allo stesso tempo, su suoni tra il cantautorato e l'elettronica, opera della produzione di Ivan A. Rossi, con Tristan Martinelli, Rodrigo D'Erasmo, Andrea Dellapiana e Giovanni Stimamiglio.
"Carne cruda a colazione" è un disco disturbante fin dal titolo. Ma non fatevi ingannare: alimentarsi di questi suoni e di queste parole finisce per essere un toccasana, un antidoto agli stereotipi odierni, musicali e non.
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