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«MESSE SPORCHE - Edda» la recensione di Rockol

"Messe sporche", un viaggio nel rock di Edda

L'ex cantante dei Ritmo Tribale ha pubblicato il suo settimo album solista

Recensione del 16 ott 2025 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7.5/10

La recensione

Nel 2009, dopo avere interrotto la sua esperienza con i Ritmo Tribale e dopo un silenzio lungo tredici anni, Stefano Rampoldi in arte Edda pubblicava il suo primo album solista, "Semper biot". Che poteva rimanere l'unico, data l'eccentricità e il carattere volubile dell'oggi 62enne cantautore milanese. Fortunatamente per lui (crediamo) e per noi, così non è stato. Tutt'altro. Con cadenza inesorabile, ogni due/tre anni, Edda ha consegnato il suo buon disco al pubblico ascolto. Quindi, tre anni dopo "Illusion", ecco giungere il settimo disco della sua collezione intitolato "Messe sporche". Il nuovo lavoro è prodotto da Luca Bossi e verrà pubblicato solo in edizione fisica, cd e vinile, esclusi due singoli che saranno disponibili anche sulle piattaforme di streaming.

La Gibson 'Diavoletto'

In una nostra intervista del 2022, quando uscì "Illusion", riguardo allo scrivere canzoni Edda spiegò: "Scrivere canzoni è come andare per funghi: se ci sono bene, se non ci sono nessuno può dirmi ‘raccoglili comunque’”. E non esiste una sola varietà di funghi, aggiungiamo noi. Se lo scorso album era intimo e raccolto, "Messe sporche" è un album decisamente rock. Che fosse rock, nell'attitudine e nella sostanza, lo si era intuito ascoltando il singolo "Giorni di Gloria": canzone piena di energia, con un flebile cucito quasi 'stonesiano' in sottofondo. L'intuizione iniziale si fa bruta realtà con la intro di chitarra di "La diavoletto", primo brano in scaletta, titolo preso a prestito dal nomignolo della Gibson SG. Il disco scivola veloce, una canzone dietro l'altra: va di corsa, tiene alto il ritmo, le marce sono alte, non c'è tempo da perdere: proprio come si conviene al rock. Un disco le cui parole sono ora sgangherate, ora incomprensibili, ora divertenti, ora illuminanti, ora senza senso: proprio come spesso si conviene alle parole del rock.

L'universo di Edda

Chi conosce almeno un pochino l'universo lessicale di Edda è a conoscenza dell'originale utilizzo che fa delle parole e le immagini che materializza con quelle parole. Per chi non lo conosce riporto, a seguire, alcune frasi catturate senza far troppa cernita, presenti nelle canzoni del disco. 'Poteva andare meglio anche il novilunio', 'Lavo meglio del Dixan: amore tu non mi conosci', 'La tua bocca sa di cazzo', 'Fedez non è Hegel, però i Russi sono de coccio', 'Cambia qualcosa se muore Dalla?', 'lei che mi dice che sono grasso, chi gliel’ha chiesto?', ' vieni da me io sono un 5 meno meno'.

Una volta ancora

In definitiva, una volta ancora l'ex Ritmo Tribale non delude le aspettative che poi, nel suo mondo, non esistono, oppure esistono e fanno soffrire: il suo è un mondo più sofferente che gioioso in cui le mezze misure non hanno cittadinanza. Una volta ancora si conferma artista dall'unicità piuttosto spiccata, e proprio per questo animale da preservare. "Messe sporche" è un album che Edda ha raccontato così: “Non volevo fare un disco, ma Luca mi ha “costretto” e credo che sia stato un miracolo per tanto bene che è venuto. Al di là delle mie più rosee aspettative. È proprio vero che l’uomo propone e Dio dispone, o per dirla in termini meno pomposi e parafrasando sempre i grandi del cinema: sta mano po’ essere fero o po’ essere piuma! Oggi è stata Rock!“. Eh sì, concordo, oggi ho ascoltato del rock. E mi è piaciuto.

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