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«SANTANA MONEY GANG - Sfera Ebbasta e Shiva» la recensione di Rockol

Il joint album di Sfera Ebbasta e Shiva è il mostro finale

A quasi dieci anni dall’esplosione della trap in Italia, esce il disco che chiude un ciclo.

Recensione del 11 apr 2025 a cura di Claudio Cabona

Voto 5.5/10

La recensione

Sfera Ebbasta e Shiva hanno realizzato “Santana Money Gang”, il loro joint album, cercando di inseguire uno “spirito libero”, come dimostra anche la scelta di mettere di mezzo una major solo nella distribuzione, ma di produrlo e realizzarlo in modo del tutto autonomo, indipendente, e di farlo uscire praticamente senza pre-annunci. L’idea alla base era quella di pubblicare un disco cercando di ripercorrere lo slancio degli inizi di carriera, affidandosi più all'istinto. La trap è esplosa in Italia nel 2016, sono passati quasi dieci anni e questo lavoro appare come “un mostro finale”, lo dicono gli stessi protagonisti a inizio progetto. Una sorta di chiusura del cerchio. “Santana Money Gang”, che nel titolo richiama alle crew dei due, non ha un elemento davvero inedito che sia uno: è un manuale trap mainstream made in Italy fatto dal suo maggior esponente, il rapper di Cinisello, e dal nome di nuova generazione più vicino al suo immaginario, il collega di Corsico.

Tra loro, però, ci sono parecchie differenze: Shiva, anche per una questione anagrafica e per vicende personali, in questo momento ha più slancio e fame, si sente che ha ancora tante cartucce da sparare, Sfera il suo lo fa e lo ha fatto, ma a pesare sono più le hit passate, amatissime dalle nuove generazioni, piuttosto che i pezzi di oggi. Sfera è un pugile che ha già raggiunto la cintura, Shiva che la vuole raggiungere. La trap è totalmente congelata e questo disco lo dimostra, per questo il joint in questione potrebbe rappresentare una sorta di “the end”: i temi, i protagonisti, gli interpreti, i suoni, per quanto il lavoro sia vario e ricco di citazionismi che vanno dai Club Dogo a Laura Pausini, non maturano e non sono maturati con il proprio pubblico.

Un ragazzo poco più che adolescente, che dieci anni fa è cresciuto con “XDVR”, oggi, quasi trentenne, se non per affetto, non può che far fatica ad ascoltare fino in fondo un progetto del genere. Perché parla un linguaggio già trito e ritrito, che non è più di rottura o disturbante come anni fa, ma ormai perfettamente codificato e ripetitivo. La trap, in questa formula, ha esaurito le sue novità. Tra i produttori, oltre a Drillionaire, Finesse, Adam11 e altri già noti in Italia, spunta anche un nome internazionale, 808 Melo, che in carriera ha lavorato con Pop Smoke e Travis Scott. Ma poco cambia.

Facciamo un tuffo tra le tracce. “Sntmng” e “Non metterci becco” sono due trappate, “Sei persa” è un tributo a “Fino all’ultimo respiro” dei Club Dogo, “Molecole Sprite” è un pezzo più sad che parte dal suono del piano, “Maybach” funziona grazie alla melodia, recuperata nel ritornello, della hit “Lady (Hear Me Tonight)”. Alcuni passaggi sono spassosi e pulp come quando Shiva rappa: “I clienti si chiedono perché non prendono mai più la febbre, G gliela taglia con la Tachipirina”. “Neon” è un pezzo più sentimentale, gira intorno al suono di uno strumento a fiato, e mette al centro la fine di una storia d’amore. “Mngsnt” è più elettronico, da club, con un ritornello femminile sexy che ripete “Money gang-Santana”. C’è anche un piccolo tributo a “Badabum cha cha” di Marracash. “D&G” inizia con un vocale della pornostar Martina Smeraldi e si presenta subito, per atmosfere, come un brano più street.

Vvs Cartier” è più sognante, fa da contraltare “Over (demo)”, che fintamente parte leggero, si trasforma subito in un pezzo rap-trap, poi muta ancora pelle e beat. Nella parte tre, che dal sound dark dovrebbe suscitare crudezza e che si apre con il suono di un rapporto orale tratto da un film porno, ci sono dei passaggi che fanno più sorridere che altro perché surreali e divertenti, tipo: “Tutti i miei fra c'hanno una para nuova: non farsi legare da Fabri Corona”. “Come se non fossi nei guai” è un pezzo su una produzione più scalpitante con Sfera che porta a casa uno dei suoi soliti ritornelli catchy. “Paranoia”, con Sfera che cita “Una volta sola” dei Club Dogo, è un altro tassello un po’ più rappato, accompagnato da un giro di piano, che chiude l’album con il suono dei fuochi d’artificio. Fuochi che, solitamente, illuminano il cielo quando finisce un anno, qui invece sembra essere terminato un ciclo storico-musicale

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