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«BEETHOVEN BLUES - Jon Batiste» la recensione di Rockol

Jon Batiste “collabora” con Beethoven per le sue Piano Series

Primo di una serie di dischi dove Batiste rilegge i classici improvvisando. Non tutto funziona, però

Recensione del 19 nov 2024 a cura di Michele Boroni

Voto 6.5/10

La recensione

A intervalli più o meno regolari appare sulla scena un musicista contemporaneo con un disco che ha l'obiettivo di attualizzare le meravigliose sonate e opere classiche di Mozart o Vivaldi, Chopin o Beethoven. Nel tempo ci hanno provato Max Ritcher (con le Quattro Stagioni di Vivaldi), Ludovico Einaudi (con Bach e Beethoven), Chilly Gonzales (con Chopin) ma anche compositori di musica elettronica e ambient come l'islandese Olafur Arnalds che ha riletto Bach. 
Si trattano di operazioni allo stesso tempo semplici e sfidanti per un musicista, anche se spesso il risultato per l'ascoltatore è solo la valorizzazione dell'opera e del compositore originario.
Oggi ci prova Jon Batiste, straordinario musicista cresciuto suonando jazz a New Orleans, ma che ha anche studiato musica classica alla Juilliard, già vincitore di 5 Grammy per il suo "We are" e un Oscar. 

Beethoven e l'improvvisazione

“Beethoven Blues: Batiste Piano Series, Vol. 1” è una raccolta di alcuni delle opere più popolari di Ludwig Van Beethoven, insieme a un tema tratta dalla sua “American Symphony”. Alla base di questo progetto musicale c'è l'esigenza di sottolineare che Beethoven, oltre ad essere un compositore, era anche un bravissimo improvvisatore con il piano e il tema della libertà ricorre spesso in alcune sue lettere come una delle principali rivendicazione della sua arte. Questo rappresenta un paradosso perché le sue composizioni scritte sono considerate come una sorta di sacre scritture immutabili. 
Quindi nel suo primo album di solo piano per la Verve, il polistrumentista americano ha deciso di “collaborare” con il pianista tedesco, rivalutando quel processo chiamato “composizione spontanea” che considera un'arte perduta nella musica classica. In più Batiste ritiene che i ritmi di Beethoven ricordano quelli africani in cui vengono suonate contemporaneamente due diverse misure di tempo. 

Luci e ombre

Il primo singolo che ha anticipato l'album qualche settimana fa, è la versione di “Per Elisa” e, per chi scrive, le cose non erano iniziate nel migliore dei modi: il classico motivo di Beethoven viene contrapposto in modo piuttosto forzato a una frase jazz-blues in minore, una 'trovata' un po' facile e un po' forzata, buona per strappare un applauso tra il pubblico di un hotel di Las Vegas. Nella lunghissima (oltre 15 minuti) Reverie finale le cose un po' migliorano.  
Per fortuna poi la musica cambia e viene fuori l'arte, l'intuizione e la tecnica di Jon Batiste. 
La “Sinfonia n.5”  dopo la classica introduzione prende un incedere da bar di New Orleans; la Sonata Al Chiar di Luna (“Dusklight Movement”) con le sue linee lente e languide evocano Bill Evans e Glenn Gould, mentre l'Allegretto della 7° Sinfonia è una perfetta piattaforma per improvvisarci sopra. 
Nel lungo disco ci sono anche altri episodi che non convincono appieno: l' “Inno alla Gioia” non riesce a dire niente di più, mentre “Waldstein Wobble” è totalmente improbabile, pesante e piuttosto goffa, tra un klezmer e lo stile New Orleans. 
Jon Batiste è un ottimo musicista creativo ed eclettico, ma in operazioni come queste, seppur affrontate con grande entusiasmo e buona fede, forse è necessario provare sempre a fare un passo indietro. 
 

Tracklist

04. Dusklight Movement (04:17)
05. 7th Symphony Elegy (05:33)
07. Ode To Joyful (02:05)
09. Waldstein Wobble (04:27)
10. Life Of Ludwig (01:50)
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