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«ARTIFICIAL PARADISE - OneRepublic» la recensione di Rockol

Nel mondo artificiale social, il pop degli OneRepublic aggrega

Piaccia o no, sono una delle band più influenti degli ultimi anni. E con questo disco lo confermano.

Recensione del 15 lug 2024 a cura di Mattia Marzi

Voto 6/10

La recensione

Piaccia o no, gli OneRepublic sono una delle band più influenti degli ultimi vent’anni. Lo sono già solo per il fatto che il loro frontman, Ryan Tedder, è uno degli uomini che hanno forgiato il pop contemporaneo: c’è il suo zampino dietro a hit come - e ne citiamo solo alcune, eh - “Bleeding love” di Leona Lewis, “Halo” di Beyoncé, “Please don’t stop the rain” di James Morrison, “Turning tables” di Adele, “Happier” di Ed Sheeran, “Welcome to New York” di Taylor Swift. Ma oltre a questo c’è naturalmente di più: non si vendono 16 milioni di copie a livello mondiale a caso e non si collezionano 15 miliardi di streams su Spotify inspiegabilmente. “Instancabilmente accattivanti”, ha scritto il Guardian lo scorso marzo recensendo uno show della band statunitense alla Roundhouse di Londra: è la descrizione migliore che si potesse fare di Ryan Tedder e compagni, che a oltre quindici anni dall’esordio con “Dreaming out loud”, il disco di “Stop and stare” e “Apologize”, continuano ad essere una macchina sforna hit impressionante. “Artificial paradise”, il nuovo album, ne è l’ennesima conferma.

Più che un disco di inediti, sembra un greatest hits: del resto raccoglie i nove singoli che Ryan Tedder (voce), Zach Filkins (chitarra), Drew Brown (chitarra), Eddie Fisher (percussioni), Brent Kutzle (basso) e Brian Willett (tastiere) hanno pubblicato in serie negli ultimi tre anni, che - per ammissione del gruppo - “non avevano senso insieme”: raccolte in “Artificial paradise”, le canzoni hanno permesso al disco di totalizzare ancor prima dell’uscita 2,7 miliardi di streams complessivi. Tra queste c’è anche il tormentone “I ain’t worried”, con quel fischio irresistibile e martellante, che negli ultimi due anni ha risuonato ovunque, a partire dalla colonna sonora di “Top Gun: Maverick”. E poi c’è “Fire”, il brano inciso con i Meduza e la popstar tedesca Leony come inno ufficiale degli Europei 2024 e che ha cristallizzato una volta per tutte la caratteristica principale della musica degli OneRepublic: quella di aggregare, di creare uno spirito di comunità, anche se per tre minuti o poco più.

Non è un caso che il concept alla base di questo disco, tutto all’insegna della leggerezza, della spensieratezza, della vitalità (insomma, una compilation perfetta per l’estate), sia quello di “trovare l’autenticità in un mondo sempre più artificiale”. Cosa c’è di più autentico di uno stadio intero che balla e si lascia andare a cori sulle note di una canzone? Il disco è una playlist che dura quarantasette minuti e che mette insieme un po’ di tutto, il rock antemico à la Imagine Dragons di “Red light Green light”, il dream pop stile M83 di “Singapore” (è un pezzo strumentale che funge da interludio tra il lato a e il lato b del disco), un pezzo stile Motown come “West Coast”, l’elettronica di “Runaway”, la dance di “I don’t wanna wait” con David Guetta (con un trashissimo campionamento di “Dragostea din tei”, tormentone estivo dell’estate 2004 cantato dai moldavi O-Zone). I pezzi sono 18 in tutto: abbastanza da permettere a chiunque di trovarne almeno uno di suo gradimento.

Tracklist

01. Artificial Paradise (01:38)
02. Hurt (02:41)
03. Sink or Swim (02:34)
04. Last Holiday (03:16)
05. I Ain’t Worried (02:28)
06. Red Light Green Light (02:15)
07. Serotonin (03:28)
08. Singapore (03:28)
09. Room for You (02:47)
10. Stargazing (02:40)
11. Entr’Acte (01:12)
12. West Coast (03:14)
13. Runaway (02:25)
14. Sunshine (02:43)
15. Mirage (for Assassin’s Creed Mirage) (02:13)
16. Nobody (from Kaiju No. 8) (02:33)
17. I Don’t Wanna Wait (02:29)
18. Fire (official UEFA EURO 2024 Song) (02:48)
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