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«EAT THE WORM - Jonathan Wilson» la recensione di Rockol

Jonathan Wilson e il verme allucinogeno e creativo

Il quinto disco del chitarrista USA è un viaggio musicale fantasioso nella L.A. arty e psichedelica.

Recensione del 27 set 2023 a cura di Michele Boroni

Voto 7.5/10

La recensione

Una cosa è chiara e certa. Con Jonathan Wilson non ci si annoia mai. Sembra molto lontano l'esordio da solista del 2011 di “Gentle Spirit” in cui ricreava l'atmosfera del Laurel Canyon dagli anni 60 e anni 70. 
In questi 13 anni il buon Wilson ha lavorato come produttore, musicista e arrangiatore per un sacco di artisti  (Father John Misty, Angel Olsen, Margo Price, tra gli altri) oltre a diventare il direttore artistico degli tour di Roger Waters, cercando sempre di ascoltare e soddisfare il proprio committente e a volte dirigendolo con mano sicura. 
Ecco quindi che i propri dischi solisti sono diventati una sorta di parco giochi personali, in cui il chitarrista del Michigan abbandona la propria comfort zone e si lascia andare a sperimentare liberamente e a mescolare stili e atmosfere come uno scienziato pazzo e un po' allucinato. 

Sperimentazione e stranezze

Con “Eat the warm” Jonathan Wilson continua il percorso variegato degli altri suoi album precedenti, ma in questo caso spinge ancora più l'acceleratore sulla creatività. Una delle principali ispirazioni è senz'altro Jim Pembroke (citato esplicitamente nella prima traccia “Marzipan”),  cantautore britannico che si trasferì in Finlandia dove divenne il frontman del gruppo progressive dei Wigman oltre poi pubblicare una manciata di strani e astuti album solisti. 
Il disco sembra uscito da una sessione creativa e alcolica di Harry Nilsson con Randy Newman, con qualche pennellata psichedelica dei Pink Floyd, tra East Village e Laurel Canyon. 

Le canzoni

La già citata “Marzipan” parte quasi come un pezzo tra Father John Misty e Tom Waits prima di prendere la tangente con una sessioni di archi flamboyant, mentre la psichedelia pura entra di diritto in “Bonnamassa” e “Ol Father time”. Il disco prosegue con un viaggio da un lato all'altro degli Stati Uniti, dal suono sognante e un po' acido di Laurel Canyon di “Hollywood Vape” alla New York melting pot anni '70 di “The Village is dead” dove si possono riconoscere anche gli echi spagnoleggianti dei migliori Love. 
Ma se nel precedente “Dixie Blur” Wilson aveva messo in risalto le proprie origini della Caroline del Nord, qua il centro focale è invece Los Angeles, raccontata come in un romanzo gonzo di Hunter J Thompson incrociato con il grande disegno fiabesco di Lewis Carroll. “East L.A.” è una ballad che raccolta la frustrazione di essere un artista in una situazione di stasi e anche in “Ridin' in a Jag” (pezzo migliore) si parla come spirito autoironico della cultura dell'intrattenimento losangelina e qui è come se una canzone di Harry Nillson fosse stata presa in ostaggio e prodotta da David Axelrod.  

Archi, ottoni, meta-folk, musica concreta e belle melodie al pianoforte.  Sono tanti gli impulsi e gli spunti musicali contenuti in questo ultimo disco di Jonathan Wilson. Magari il risultato può essere un po' confuso e può far storcere la bocca ai fans del chitarrista Jonathan Wilson, però quanta vivacità e quanti stimoli nell'ascolto! Consigliato per chi ascolta la musica con la mente aperta.

Tracklist

01. Marzipan (05:15)
02. Bonamossa (04:27)
03. Ol' Father Time (03:36)
04. Hollywood Vape (02:46)
05. The Village is Dead (02:52)
06. Wim Hof (03:23)
07. Lo and Behold (03:11)
08. Charlie Parker (06:13)
09. Hey Love (02:53)
10. B.F.F. (05:19)
11. East LA (05:05)
12. Ridin' in a Jag (05:08)
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