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«STARCATCHER - Greta Van Fleet» la recensione di Rockol

I Greta Van Fleet tornano in garage: come suona "Starcatcher"

La recensione del nuovo album della band. Per alcuni cosplayer dei Led Zeppelin, per altri apostoli.

Recensione del 26 lug 2023 a cura di Mattia Marzi

Voto 7.5/10

La recensione

Lo star system americano aveva messo a disposizione di Joshua Kiszka e soci un mago del pop-rock come Greg Kurstin (uno che passa dai Foo Fighters e Beck a Britney Spears e Katy Perry), che però, come qualche critico aveva sottolineato, aveva dato a “The battle at garden’s gate” una produzione un po’ più patinata del precedente. Loro a questo giro gli hanno preferito Dave Cobb, uno con un pedigree “più rock” (di solito lavora con Jason Isbell, Chris Stapleton e Sammy Hagar), scegliendo di fare un passo indietro e recuperare la ruvidezza degli esordi: “Concettualmente torna ai nostri inizi, nel nostro garage, con l’energia grezza del suono”, ha detto il bassista Sam Kiszka parlando di "Starcatcher". Con i dieci brani contenuti all'interno del loro terzo album, i Greta Van Fleet continuano a dividere. Per alcuni sono solo cosplayer dei Led Zeppelin, una cover band di imitatori che suonano musica coperta da quintalate di polvere, un fenomeno che da anni gira il mondo vendendo milioni di biglietti con show che funzionano solo perché toccano le corde della nostalgia. Per altri sono gli apostoli del rock old school, la prova più forte ed evidente che l’inafferrabile spirito del rock and roll degli Anni ’70 è tornato. La verità, come confermano i brani di "Starcatcher", sta nel mezzo. 

Da "Fate of the faithful" a "Farewell for now", passando per "Waited all your life", "The falling sky", "Sacred the thread" e "Meeting the master": il rock dei Greta Van Fleet continua ad essere dichiaratamente e spudoratamente ultracitazionista, un revival affascinante che recupera i cardini storici del genere e anche gli stereotipi. In "Starcatcher" Joshua Kiszka e compagni spaziano dal blues rock allo space rock un po’ fattone dalle sfumature psichedeliche: “È impossibile ascoltare ‘Starcatcher’ e, come per tutti i lavori precedenti, non pensare di essere incappato in una serie di outtakes dei Led Zeppelin e di alcuni dei loro colleghi”, ha scritto David Browne nella sua recensione su Rolling Stone USA. Sarà, 
ma in un’epoca in cui le classifiche sono dominate dal pop elettronico, dal rap e dalla trap, il fatto che a cinque anni dall’esordio i Greta Van Fleet siano ancora in giro e che facciano ancora parlare di sé, in un modo o nell’altro, è un’ottima notizia: significa che c’è ancora domanda per un gruppo che fa del sano rock, senza fronzoli, un po’ “ignorante” ma ben confezionato.



I Greta Van Fleet hanno registrato i dieci brani contenuti nel disco nei leggendari RCA Studios di Nashville, in presa diretta, per catturare l’energia delle loro esibizioni dal vivo: il più corto - se si esclude la jam “Runway blues”, che funge da intermezzo - è “The falling Sky”, che dura 3.38 minuti, il più lungo è invece “Sacred the thread”, che di minuti ne dura 5.21. Anche da questi dettagli emergono l’orgoglio e la fierezza retrò dei Greta Van Fleet: "Ascoltiamo un sacco di roba, non per scelta, su alcune stazioni radio. Questa ‘musica pop’ non ha sostanza. Quasi insulta l’intelligenza delle persone". Pazienza che a cinque anni dall’esordio la band continui ad essere un “caso”: i Greta Van Fleet sono andati a ricoprire un vuoto, portando avanti una tradizione musicale oggi più che mai minacciata. Il rock ringrazia.

Tracklist

01. Fate Of The Faithful (04:46)
02. Waited All Your Life (04:26)
03. The Falling Sky (03:38)
04. Sacred The Thread (05:21)
05. Runway Blues (01:17)
06. The Indigo Streak (04:04)
07. Frozen Light (04:32)
08. The Archer (05:00)
09. Meeting The Master (05:12)
10. Farewell For Now (04:28)
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