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«IN THE END IT ALWAYS DOES - Japanese House» la recensione di Rockol

The Japanese House esplora i tormenti dell'amore

"The End It Always Does" è il secondo album della musicista britannica Amber Mary Bain

Recensione del 07 lug 2023 a cura di Paolo Panzeri

Voto 7/10

La recensione

La 28enne Amber Mary Bain in arte The Japanese House torna a pubblicare un album a quattro anni di distanza dall'esordio datato 2019 e intitolato "Good at falling". In quel disco la musicista britannica, dando sfogo alla propria emotività, aveva sviscerato gli alti e bassi (soprattutto i bassi) di una relazione amorosa (poi conclusasi) portando l'ascoltatore a vivere con buona credibilità le disperazioni, le tristezze, i momenti di gioia, gli slanci, le cadute, le risalite...insomma tutte le travagliate fasi che si attraversano quando si è coinvolti in una storia d'amore. Amore che, anche nel secondo disco di Amber, "The End It Always Does", è al centro della sua opera. Alla ricerca della chiusura del cerchio - a cui forse tutti vogliamo tendere quando si parla di amore- come graficamente reso nella immagine di copertina.

Il travaglio e la gioia dell'amore

Il pop indie e d'autore è la pietra angolare della ragazza britannica e non tragga in inganno la svolazzante e curiosamente caotica "Spot dog" che ha il compito di introdurre a questa nuova prova. Non tragga in inganno perché è musicalmente un capitolo a sè, quasi un gioco, ma intrigante. La insostenibilità della distanza tra amanti è quanto racconta utilizzando un lessico piuttosto diretto "Touching yourself", seguita dalla tristezza di gestire l'assenza dell'amato in "Sad to breathe" e così andando descrivendo in ogni canzone un quadro dell'insieme di un ipotetico manuale d'amore con riflessioni di diversa natura. "Friends" si distingue dalle altre per il contenuto esplicito del suo testo che invoca sesso ed eccitazione. Il pop raffinato e di buona fattura conferma il talento che The Japanese House aveva mostrato in quantità con la sua prima uscita discografica. A chiudere i conti "One for Sorrow, Two for Joni Jones", pianoforte e voce, una canzone di alto cantautorato che possono regalarsi solo gli artisti veri. E qui potrebbe nascondersi l'arcano, qui Amber rivendica la sua libertà ben sapendo che nonostante sia condannata a ricercare un amore nessuno l'amerà mai e le regalerà stabilità come la cagnetta Joni Jones. Joni (forse non a caso) come la madrina di tutte le cantautrici.

Una musicista che è qui per restare

Sono trascorsi quattro anni ma Amber Bain non solo non ha perso la direzione artistica, ma con "The End It Always Does" ha mosso un passo in avanti rispetto a "Good at falling". Per comporre le sue canzoni la musicista britannica attinge a piene mani dalla sua esperienza personale, lei mostra il privato e viene intimamente percepito rendendola credibile a un pubblico che si riconosce nei suoi tormenti così come nelle piccole gioie proposte nei brani. Probabilmente The Japanese House non raccoglierà dietro di sé le folle che caratterizzano gli artisti eroi del mainstream. Eroi che spesso si rivelano fuochi di paglia. Lei non è un fuoco di paglia, le sue canzoni hanno basi solide. Sono vere oggi, come lo saranno domani.

Tracklist

01. Spot Dog (04:28)
02. Touching Yourself (03:01)
03. Sad to Breathe (03:34)
04. Over There (04:42)
05. Morning Pages (03:47)
06. Boyhood (03:09)
07. Indexical reminder of a morning well spent (04:43)
08. Friends (03:08)
09. Sunshine Baby (03:39)
10. Baby goes again (03:31)
11. You always get what you want (02:48)
12. One for sorrow, two for Joni Jones (04:30)
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