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«THE HYPNOGOGUE - Church» la recensione di Rockol

Il ritorno del rock australiano anni '80

Dopo gli Hoodoo Gurus, ecco anche i Church: psichedelici ed eterei

Recensione del 08 mar 2023 a cura di Gianni Sibilla

Voto 7.5/10

La recensione

C’era una volta il rock australiano. E c’è ancora, a quanto pare: ad un anno giusto di distanza dal ritorno degli Hoodoo Gurus, eccoci a parlare di un'altra band storica del continente, i Church: “The hypnogogue” è il 26° album di una carriera lunga 43 anni, il primo in sei anni, da “Man Woman Life Death Infinity”.

Chitarre australi

Con i Gurus, i Church hanno in comune la provienza (Sidney), il periodo (gli anni ’80), un breve successo oltreoceano in quel periodo, e la passione per le chitarre. Un suono abbastanza in controtendenza per quel periodo: ma mentre gli Hoodoo Gurus si fecero notare per il loro rock divertente e folle, i Church avevano un approccio sognante, notturno e psichedelico. Che funzionò: “Under the milky way” ebbe un buon successo in America nell’88, e pure in Italia la band si fece notare al tempo, con concerti, e numeros passaggi su Videomusic. Quel disco, “Starfish” e quella canzone (con l’assolo che suonava come una cornamusa, in realtà una chitarra distorta) rimangono tra i miei preferiti di quel periodo.

Poi la band non riuscì a ripetere il successo, tornando nella sua nicchia, ma continuando ad andare avanti, producendo più o meno con regolarità, e all'estero vivendo un po’ di rendita sul passato: l’anno scorso hanno suonato di fronte a 50,000 persone negli Stati Uniti in un concerto con Blondie, Bauhaus e Morrissey.

I Church, oggi

Oggi dei Church di quel periodo c’è poco e c’è tanto. Poco, perché di quella band è rimasto solo il leader Steve Kilbey, con il batterista Tim Powles (arrivato negli anni ’90), mentre l’unico membro fondatore rimasto Peter Koppes, se n’è andato 3 anni fa, dopo il chitarrista principale Marty Willson-Piper, uscito nel 2013.  Ma c’è molto perché il suono è quello: la voce quasi recitata di Kilbey, testi un po’ criptici, e tante chitarre: “Aerodrome” parte con una 12 corde acustica a cui si unisce l’elettrica, e ricorda non poco “Under the milky way”, così come “C’est la vie”, che sembra pure quella uscire dritta da “Starfish”, o addirittura dai primi dischi. I Church, per rimarcare il ritorno, hanno pure scelto scritto il nome nel font dei primissimi dischi.

Fuori dal tempo

Le note di copertina dicono che “The hypnogogue” è il primo concept album della band, e Kilbey sostiene che suona “prog-rock”. Il concept non è facile da decifrare, ma i Church sono sempre stati abbastanza fuori dal tempo, come il rock australiano di quel periodo, e oggi lo sono ancora di più - alternandosi tra brani più diretti e lunghe suite (anche un po’ dispersive) come la pinkfloydiana “Succulent” o la title-track. 

Musica “di genere”, un po’ nostalgica per chi è cresciuto in quel periodo, ma comunque ben scritta e ben confezionata: da ascoltare se vi piacciono le chitarre “liquide”. Bentornati.


 

Tracklist

01. Ascendence (05:37)
02. C'est La Vie (04:55)
03. I Think I Knew (03:56)
04. Flickering Lights (04:49)
05. The Hypnogogue (06:13)
06. Albert Ross (03:53)
07. Thorn (04:12)
08. Aerodrome (04:31)
09. These Coming Days (04:37)
10. No Other You (04:10)
11. Succulent (06:47)
12. Antarctica (05:34)
13. Second Bridge (05:20)
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