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«GLORIA - Sam Smith» la recensione di Rockol

"Gloria" è la festa edonistica di Sam Smith

Sesso, passione, imperfezioni: nel quarto disco dell'artista c'è la sua visione del mondo.

Recensione del 28 gen 2023 a cura di Mattia Marzi

Voto 6/10

La recensione

I temi del disco sono tutti sintetizzati dal video di “I’m not here to make friends”, che Sam Smith ha pubblicato in concomitanza con l’uscita di “Gloria”. Diretta da Tanu Muino (già al fianco di Lil Nas X, Harry Styles, Normani), la clip si apre con Sam Smith che scende da un elicottero dorato indossando lo stesso abito a forma di clitoride sfoggiato in occasione del passaggio della scorsa settimana al Saturday Night Live, per entrare nel pieno di una festa edonistica in cui succede di tutto e in cui chiunque è libero di essere chi vuole: il protagonista è naturalmente l’artista birtannico, che nel 2019 dichiarò di avere un’identità non binaria, al di là del femminile e del maschile, invitando i media su Twitter a rivolgersi a lui usando il pronome “loro” (nel comunicato stampa diffuso per il lancio di “Gloria” viene usato lo schwa). È naturalmente un’allegoria della celebrazione “dell’individualità non omologata, dove le immagini trasmettono pura libertà, gioia e desiderio”, il concept del disco che Sam Smith ha definito come il racconto di “una liberazione emotiva, sessuale e spirituale”: la sua.

Dentro “Gloria”, la voce di “Stay with me” – 300 milioni di dischi venduti a livello mondiale tra album e singoli e 50 miliardi di streams totalizzati sulle piattaforme in dieci anni di carriera – inserisce tutta la sua weltanschauung, la sua concezione del mondo e della vita. Nell’ideale successore di “Love goes” Sam Smith esplora i temi del sesso, della passione, dell’espressione di sé, dell’imperfezione. Tra introspezione (“Love me more”, “No god”, “How to cry”) e voluta esuberanza (“Lose you” è una hit dance prodotta da Ilya Salmanzadeh, già dietro “Problem” di Ariana Grande e “First love” di Jennifer Lopez; nella stessa “I’m not here to make friends”, un funkettone in salsa queer, c’è lo zampino di Calvin Harris; in “Unholy”, che sembra uscire fuori da qualche Eurovision, duetta con Kim Petras, prima artista transgender a conquistare la vetta della classifica dei singoli più venduti negli Usa), il disco racconta la seconda maturazione di Sam Smith. Non è solamente il suo manifesto, ma ambisce ad essere il manifesto di una comunità intera: “È stato bellissimo, in questo album, poter cantare di nuovo liberamente. Sembra il mio primo disco in assoluto. Mi ha fatto attraversare dei momenti bui, illuminandoli come un faro: spero possa rappresentare la stessa cosa anche per voi”, ha detto Smith ai fan.

In quello che ha definito il suo “album da diva”, Sam Smith – che ha lavorato al disco insieme ai collaboratori di lunga data Jimmy Napes e gli Stargate, qui come supervisori dell’intero progetto – non manca di omaggiare i suoi miti. Tra gli altri, “No god” si apre con un giro che ricorda anche troppo quello di “Did you ever think” di R Kelly (in queste ore Smith è al centro di una polemica sui social perché alcuni utenti hanno ritirato fuori vecchie foto in cui l’artista si presentò in pubblico indossando una maglietta con sopra stampato il faccione del rapper, condannato la scorsa estate a trent’anni di carcere per pedopornografia e abusi sessuali su minori), mentre in “Dotorhy’s Interlude” ci sono le voci dell’attore e cantante statunitense Divine, noto per la sua attività di drag queen negli Anni ’80, Judy Garland e l’attivista statunitense transgender Sylvia Rivera, divenuta un’icona del movimento lgbt in seguito ai moti di Stonewall del 1969.

Tra dichiarazioni sull’identità, prese di posizione e di tanto in tanto qualche provocazione, è lecito chiedersi se a lungo andare la musica non finisca per passare in secondo piano. Eppure il talento c’è, la voce pure: qui viene fuori soprattutto in quei pezzi in cui Sam Smith non si fa prendere dall’esigenza di sparare comunque un fuoco d’artificio, vedi le stesse “Love me more” o il duetto con Ed Sheeran sulle note dell’inno all’amore libero “Who we love”. Ma in fondo fa tutto parte del pacchetto: prendere o lasciare.

Tracklist

01. Love Me More (03:23)
02. No God (03:17)
03. Hurting Interlude (00:18)
04. Lose You (03:10)
05. Perfect (feat. Jessie Reyez) (03:51)
06. Unholy (feat. Kim Petras) (02:36)
07. How To Cry (02:40)
08. Six Shots (02:30)
09. Gimme (feat. Koffee & Jessie Reyez) (02:49)
10. Dorothy's Interlude (00:08)
11. I’m Not Here To Make Friends (feat. Calvin Harris & Jessie Reyez) (03:49)
12. Gloria (01:50)
13. Who We Love (feat. Ed Sheeran) (02:42)
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