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«IOTA - Lous and the Yakuza» la recensione di Rockol

Lous and the Yakuza vuole volare sempre più in alto

Il secondo album della cantautrice è una fotografia ancora più nitida del suo sound.

Recensione del 15 nov 2022 a cura di Claudio Cabona

Voto 7/10

La recensione

Se nell’album d’esordio “Gore” Lous and the Yakuza, cantautrice congolese naturalizzata belga, cresciuta fra Africa ed Europa, raccontava i viaggi della sua età adolescenziale e le difficoltà nel raggiungere l'agognata serenità, nel secondo capitolo “Iota” affronta l’età adulta e le sue implicazioni sentimentali con un solo obiettivo: fare pace con se stessa e con i suoi tormenti. Anche in questo secondo lavoro mischia elementi tradizionali ed etnici a un sound contemporaneo. L’artista, che in Italia ha lavorato con Sfera Ebbasta, thasup, Mara Sattei e Gaia, è diventata simbolo di un raffinato urban cosmopolita capace di amalgamare senza sforzo trap, r&b, pop e cantautorato, dando sfogo al suo lato più romantico, ma anche quello più stravagante, forte e liberatorio.

La ricerca sul sound e la capacità di spaziare fra i generi, in “Iota” è rimasta intatta e anzi si è evoluta, tracciando sempre di più la strada che sta portando Marie-Pierra Kakoma, questo il suo vero nome, a diventare una stella internazionale. Per capire quanto la sua musica sia magica basterebbe lasciar scorrere senza skip il climax che porta dalla celestiale “Ciel”, che apre il disco, a “La Money” con un coro che fa da contraltare alla sua voce, passando per i ritmi impregnati di luci e ombre di “Autodéfense” e “Takata”. Sì, è vero, forse questa volta non c’è una traccia potente come “Dilemme”, contenuta nel primo disco, ma in “Iota” è evidente un maggior lavoro corale, sia sul filo rosso che lega gli argomenti trattati nel progetto, sia sul suono che, pur diversificandosi, trova nella voce di Kakoma un punto costante di appoggio.

Prodotto dai sempre fedeli El Guincho e Mems, “Iota” è un inno all'amore nella sua forma più rara: ciò che resta quando la passione svanisce. I brani tracciano un iter vorticoso tra sfoghi e delusioni, seguendo passo dopo passo le delusioni d’amore di Lous come petali strappati uno a uno da uno stelo. La varietà del suono è un puro riflesso del suo mondo interiore e delle sue tante influenze, che anche in questo progetto si mostrano senza forzature: nel viaggio spuntano anche le collaborazioni con la star belga Damso e il vincitore del premio Bet hiphop Benjamin Epps. “Kisé” è un colorato mix di emozioni che racconta la velocità con cui un amore si accende e il sapore che lascia una volta che la fiamma si è spenta, mentre “Monsters” porta sotto i riflettori i mostri che vivono dentro la sua testa, sotto il suo letto e tutte quelle paure che l’hanno sempre inseguita, ma con cui ha imparato a convivere col tempo. “Interpol” è una traccia simbolo dello stile di Lous and the Yakuza e della sua forza interpretativa. “Iota”, in definitiva, è la naturale continuazione del percorso della cantautrice, che gioca con la musica, con il suono e con la forma canzone, talvolta destrutturandola, e lo fa sempre con vigore artistico, con una visone e con una consapevolezza mai scontate. 

Tracklist

01. Ciel (02:10)
02. Autodéfense (02:44)
03. Takata (02:29)
04. La money (02:58)
05. Hiroshima (02:46)
06. Trésor (03:07)
07. Stop (00:53)
08. Interpol (02:21)
09. Kisé (02:10)
10. Monsters (03:11)
11. Lubie (02:28)
12. Yuzu balade (03:11)

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