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«LEAP - James Bay» la recensione di Rockol

James Bay s'è rimesso il cappello da folk singer

"Leap", il nuovo album del cantautore, è un piacevolissimo ritorno ai suoi esordi. La recensione

Recensione del 12 lug 2022 a cura di Mattia Marzi

Voto 7.5/10

La recensione

Sarà che il tour che ha recentemente fatto nel Regno Unito nei piccoli club e nei locali di musica indipendente dove mosse i suoi primi passi, esibendosi solo con un microfono e una chitarra, lo ha ispirato e gli ha fatto ritrovare le sue radici. E menomale, verrebbe da dire. Non che “Electric light” del 2018 fosse un pessimo album. Ma non era un disco di James Bay. Non quello che ci si aspettava da lui dopo che quattro anni prima aveva riportato in classifica un po’ di sano folk rock con “Let it go” e “Hold back the river”, le hit del suo album d’esordio “Chaos and the calm”. Il cantautore intimista e riflessivo destinato a diventare erede credibile di Van Morrison, Jeff Buckley e John Mayer si era perso per strada, lungo il percorso tortuoso che da quei primi concerti lo aveva portato a riempire le arene, snaturando il suo sound: dal sapore delle grandi strade aperte americane a quello urbano del pop d’altaclassifica dalle derive elettropop più che elettroniche di Ed Sheeran e dintorni.

“Leap”, questo il titolo del nuovo album di James Bay, che sulla copertina si rimette pure il cappello da folk singer che indossava sulla cover di "Chaos and the calm", è un piacevolissimo ritorno alle origini: perché mettere d’accordo tutti non si può. È un disco di grandi canzoni, senza tempo, con un sound energico che strizza l’occhio a certe cose di Bruce Springsteen (“The Wild, the Innocent & The E Street Shuffle”, “Born to run”), recentemente rispolverate anche da Jack Antonoff e i suoi Bleachers con l’acclamatissimo “Take the sadness out of  Saturday night”, con la benedizione dello stesso Boss. In “Leap” non c’è lo zampino di Jack Antonoff, produttore di riferimento del pop di qualità, da Taylor Swift a Lorde passando per St. Vincent, ma il suono si muove nel solco delle produzioni dell’ex Fun: James Bay ha lavorato al disco insieme a Benjamin Rice, Joel Little, Gabe Simon, Dave Cobb, Ian Fitchuk, già al fianco di – tra gli altri – Lana Del Rey, Olivia Rodrigo, Norah Jones, Shawn Mendes, Kacey Musgraves, Brandi Carlie, Chris Stapleton.

Dal singolo “Give me the reason” – c’è il tocco di Foy Vance, icona del folk britannico sulle scene da più di trent’anni – a “We used to shine”, passando per “Brilliant still”: tra sferzate chitarristiche, ritornelli da sing-alone e perfette road songs, il disco suona come una reazione alle atmosfere algide di “Electric light”. “Nel 2019 stavo davvero lottando. Ho iniziato a scrivere nuove canzoni per cercare di aiutarmi ad affrontare la paura, l’ansia e i problemi con la fiducia in me stesso. Sensazioni profonde che non ho mai voluto condividere. In qualche modo, tutto questo si è trasformato nelle musiche più piene di speranza e costruttive che abbia mai fatto. Quando, all’improvviso, il mondo si è spento e non ho potuto fare un tour con la mia nuova musica, tutto quello che potevo fare era restare a casa e scrivere di più. È stato allora che l’album ha iniziato davvero a prendere forma”, ha raccontato James Bay. Si può trovare la luce anche nei momenti più bui.

Tracklist

01. Give Me The Reason (03:54)
02. Nowhere Left To Go (03:24)
03. Save Your Love (03:23)
04. Everybody Needs Someone (03:28)
05. One Life (03:25)
06. Silent Love (03:35)
07. Love Don't Hate Me (03:27)
08. Brilliant Still (03:33)
09. Right Now (04:12)
10. We Used To Shine (03:48)
11. Endless Summer Nights (03:29)
12. Better (04:02)
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