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«AIR - SAULT» la recensione di Rockol

Con il nuovo "Air" i SAULT spiazzano ancora

Il sesto disco del collettivo britannico è una raccolta di suite orchestrali.

Recensione del 21 apr 2022 a cura di Michele Boroni

Voto 7/10

La recensione

Nel corso di questi ultimi due anni abbiamo avuto modo di conoscere il collettivo dei SAULT, quantomeno dal punto di vista musicale, anche perché le altre informazioni ci erano più o meno ignote, non essendoci foto del gruppo, interviste, dichiarazioni e neppure esibizioni dal vivo. L'unica cosa nota era il loro mondo sonoro che andava dal nu-soul alla afrobeat, dal funk al post-punk, passando per il dub e il rap, con testi che trattavano le periferie londinesi e il Black Lives Matter. 
Ecco, ora anche questa certezza è svanita. Il sesto disco della formazione inglese uscito lo scorso weekend e intitolato “Air” va infatti in tutt'altra direzione. 

I SAULT che non ti aspetti

“Air” è un ambizioso e spiazzante disco orchestrale di sette tracce per 45 minuti rigorosamente strumentale, senza il classico groove a cui ci avevano abituato in passato, e con un massiccio intervento di cori. Siamo quindi lontanissimi dal suono che ci aveva colpito e affascinato dei SAULT. 
Dalle poche note di copertine che abbiamo rintracciato si intuisce che questo “Air” è un progetto fortemente voluto da Dean Josiah Cover, meglio noto come Inflo, dietro come leader e produttore anche a tutti gli altri dischi, ma che evidentemente grazie alle royalties guadagnate per le tre canzoni scritte e prodotte per Adele (peraltro le migliori del suo ultimo 30) si è voluto togliere qualche sfizio artistico. 
La produzione in effetti è sontuosa: l'ensemble orchestrale è arrangiato da Rosie Danvers di Wired Strings, mentre i cori sono di Music Confectionery che hanno già partecipato negli ultimi dischi di Dave e Ellie Goulding. 
Mancano invece gli altri componenti del collettivo (quantomeno nei crediti) come Cleo Sol e Kid Sister, come pure anche altri artisti vicini al collettivo come Michael Kiwanuka o Little Simz. 

Le composizioni 

Ok, ma com'è la musica? 
Sulle prime sembra una pomposa colonna sonora da kolossal storico che l'uso espressivo dei cori rende ancora più sfarzoso, dalle parti di Morricone e Hermann in un momento di sregolatezza.
Poi man mano che si prosegue e si approfondisce l'ascolto si trovano molte altre ispirazioni a partire dalle composizioni Alex Axelrod, certi suoni del soul cosmico dei Rotary Connection con Minnie Riperton ed echi dell'epopea spirituale di Alice Coltrane e World Galaxy. 
Non è un disco facile, bisogna essere ben disposti per poter affrontare il muro sinfonico e le armonie celestiali, dove in molti casi l'inserto dei cori risulta particolarmente indigesto e dall'ascolto faticoso. Ci sono composizioni come la lunga “Solar” dove, oltre ai riferimenti già citati, ci sono pattern di synth che ricordano la musica contemporanea di Terry Riley e Philip Glass. Per il resto in molti altri passaggi, non proprio da ascoltare mentre si fa jogging o a cena con gli amici, si possono ritrovare le orchestrazioni spirituali che troviamo anche nelle suite più lunghe di Kamasi Washington. 

La canzone per la playlist 

C'è però una canzone che si differenzia dalle altre e che si riavvicina ai suoni dei SAULT. Si tratta di “Time is precious” dove il soul e le orchestrazioni si incontrano e convivono bene insieme con un messaggio del cantato tipicamente mindfulness che celebra il qui e ora: “It's your only time you've got there”.

 

Tracklist

01. Reality (03:57)
02. Air (05:54)
03. Heart (03:52)
04. Solar (12:34)
05. Time Is Precious (07:03)
06. June 55 (05:31)
07. Luos Higher (06:10)
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