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"Liberami dal nulla", quando il Boss tornò ad essere Bruce

Jeremy Allen White interpreta Springsteen: la recensione e la presentazione italiana del film
"Liberami dal nulla", quando il Boss tornò ad essere Bruce

La leggenda vuole che Bruce Springsteen non ami il suo soprannome più famoso, quello nato agli esordi quando raccoglieva e ridistribuiva i compensi della sua band, e diventato un suo secondo nome: The Boss.
Un’immagine da leader, da macho, dietro cui si cela un uomo che ha lottato con la depressione per la maggior parte della sua vita. Il momento in cui, dietro le quinte, si spezzò qualcosa è quello che racconta “Liberami dal nulla”, il film che arriva nelle sale il 23 ottobre.
Il film racconta il periodo tra l’81 e l’82 che portò a “Nebraska” e il Boss a deviare dalla sua traiettoria verso lo stardom, con una manciata di canzoni cupe e crude: il 24 ottobre l’album-capolavoro torna in una expanded edition di cui vi parleremo a lungo nei prossimi giorni. Intanto c’è il film, presentato in Italia, con anteprime a Milano e Roma, dove erano presenti anche Jeremy Allen White, l’attore reso noto dalla serie “The Bear” che interpreta Springsteen, e Scott Cooper, il regista e autore della sceneggiatura tratta dall’eponimo libro di Warren Zanes.

Il Boss o Bruce?

“Liberami dal nulla” è il racconto del contrasto tra l’immagine pubblica e privata di una rockstar, del Boss sul palco e di Bruce, che in privato lotta con i suoi demoni, cercando di fare i conti con la memoria di un’infanzia segnata dai traumi familiari causati dal padre. 
Una fase, quella tra “Nebraska” e “Born in the U.S.A.”, cui Bruce tiene talmente tanto da averne fatto il centro della sua autobiografia “Born to Run” — in cui rivelò la sua lotta con la depressione — e da aver partecipato attivamente sia al libro di Zanes che al film. “Quando ci siamo incontrati, Jon Landau mi ha detto che era la prima volta in 50 anni che Springsteen cedeva il controllo della sua storia a qualcun altro”, racconta Cooper, che spiega di essere stato guidato dallo stesso Bruce nei luoghi in cui è cresciuto e si è svolta quella fase della sua vita: Colts Neck, Asbury Park, la casa d’infanzia di Freehold. “Essere in grado di ricreare questo mondo con il suo aiuto, averlo con noi sul set, ci ha aiutato enormemente e credo ci siamo riusciti”, spiega. “Penso che abbia accettato di fare questo film perché quello è il suo album più personale, e questa storia aiuterà a capirlo meglio”.

Bruce o Jeremy?

Un enorme aiuto da parte di Springsteen significa anche un’enorme pressione per portare sul grande schermo un’icona, in maniera credibile: il risultato è una storia potente, un film che è più sull’uomo che sul musicista. 
La storia, ovviamente, romanza un po’ una vicenda che i fan conoscono bene, ma senza spettacolarizzarla troppo e rispettando la sostanza del percorso artistico di Springsteen — e infarcendola anche di piccoli dettagli che gli stessi superfan riconosceranno e apprezzeranno.
I momenti musicali sono relativamente pochi nell’economia della storia, ma Jeremy Allen White è superlativo nel restituire uno Springsteen riconoscibile e credibile sia come persona, sia come performer, senza diventare un imitatore-macchietta stile “Tale e Quale Show”.
“Ammiro il coraggio di Springsteen”, racconta Allen White, ricordando quando l’ha incontrato per la prima volta a Wembley, poco prima di un concerto. “Mi ha intimidito, in un certo senso, sapendo che dopo qualche mese avrei dovuto cercare di catturare un po’ di tutto quello che vedevo sul palco. Ho scoperto che nei suoi spettacoli c’è una tale fisicità, quasi una violenza nelle sue esibizioni sul palco, ma anche una grande passione. Conoscendolo e parlandogli ho scoperto una gentilezza e una presenza reale. C’è stata un’enorme dose di coraggio in quella fase della sua vita, per essersi appoggiato e aver chiesto aiuto a chi gli stava vicino. E coraggio oggi, per aver permesso a me e a Scott di mettere le mani sulla sua vita, per un momento”.

Famiglia e showbiz

“Liberami dal nulla” è un film che tocca diversi temi, non solo la lotta contro la depressione. Jeremy Strong (“Succession”) interpreta in maniera magistrale Jon Landau, amico e manager, colui che lo guida e lo spinge a prendersi cura di sé stesso e della sua musica, proteggendolo dalle pressioni dell’industria: “Trova una storia da raccontare, io mi occupo del rumore di fondo”, dice a un certo punto a Springsteen. In questo, “Liberami dal nulla” racconta una storia universale: quella delle pressioni del successo nel mondo della musica, già al centro anche di “A complete unknown”, il biopic su Dylan.
L’altra storia universale, che poi è il motore del film, è il rapporto con il padre. A portare Doug Springsteen sullo schermo è Stephen Graham, che solo poco tempo fa aveva interpretato un’altra memorabile figura paterna nella serie “Adolescence”: là era un padre impotente e riflessivo, alle prese con un figlio che scopriva di non conoscere e capire. Qua è un padre assente e disfunzionale, a tratti violento, che spaventa il figlio e ne segna la vita. Riconoscendo il valore di Bruce solo quando è un uomo fatto e finito, ma fragile. Marginale nel film invece la figura della madre Adele (Gaby Hoffman), che nella vita di Springsteen è stata un riferimento costante. Ma i film, si sa, fanno scelte: così l’unico personaggio inventato è Faye Romano (Odessa Young), una sorta di sommatoria delle sue fidanzate dell’epoca, e che lo mette di fronte all’incapacità di costruire una relazione normale.

Il lato umano di “Nebraska”

Al centro della storia, però, c’è anche e sopratttto “Nebraska”: “Bruce Springsteen è politico, ma non in senso di partito, bensì umano. E il suo album parla delle persone che vivono ai margini della società”, spiega Scott Cooper, che racconta di averlo scoperto da ragazzino proprio tramite quell’album. “Parla dei diseredati, quelli che vivono una vita di tranquilla disperazione, persone che lottano per il sogno americano e non ci riescono. È di questo che Springsteen ha scritto nel 1982 e che continua a fare ancora oggi. E credo che questo sia il motivo per cui l’album è così rilevante, sicuramente per me, nei tempi in cui viviamo in America”.
“In ‘Nebraska’, sento confusione, molta rabbia, ma anche desiderio di connessione”, aggiunge Allen White. “È nato dall’isolamento, ma alla fine, quando lo ascolto, mi sento molto compreso. C’è molta empatia in quel disco. Nello stato del mondo o degli Stati Uniti c’è molta rabbia e confusione, ma sento anche molta speranza nei dischi”.

Il film racconta in maniera fedele, appoggiandosi al libro di Warren Zanes, la creazione di un album che al tempo lasciò molta gente perplessa — a partire dai discografici che volevano canzoni da mandare in radio — ma che è diventato un capolavoro riconosciuto. L’edizione espansa che esce il 24 ottobre rivelerà le outtake dalla mitica cassettina incisa in casa e poi usata come master — la cui storia viene raccontata nel film — e anche le sessioni elettriche, ricreate sullo schermo. In questo senso “Liberami dal nulla” prova a mettere assieme l’attenzione al dettaglio richiesta dai fan con una storia umana che attiri anche chi conosce Springsteen solo di striscio.
“Come dico sempre”, dice Scott Cooper, “A lui è semplicemente successo di essere Bruce Springsteen. Non avrebbe mai accettato di fare un film su ‘Born in the U.S.A.’ o ‘Born to Run’, non voleva fare un film sul mito”. Per poi concludere: “Jeremy condivide molti tratti con Bruce Springsteen e uno di questi è l’umiltà. Credo che Jeremy meriti un Oscar”.

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