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bar italia: per chi ama Velvet Underground e Sonic Youth

La band londinese torna con “Some Like It Hot”: un rock disincantato.
bar italia: per chi ama Velvet Underground e Sonic Youth
Credits: Matador Records

Tra le nuove band londinesi, i bar italia si sono ritagliati in pochi anni un ruolo particolare: enigmatici, disincantati, sempre più seguiti da critica e pubblico. Formati da Nina Cristante, Jezmi Tarik Fehmi e Sam Fenton, hanno scelto di muoversi lontano dai riflettori, con poche interviste e un’estetica minimale che lascia parlare solo la musica. E la loro musica, tra post-punk, slowcore e indie-rock lo-fi, ha il pregio di sembrare sempre sul punto di fuggire, di diventare imprendibile. “Some Like It Hot” è un film del 1959 con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon che racconta le avventure di un gruppo di musicisti ribelli. È divertente, sexy, turbolento e intramontabile con un cast di grande talento che dà il meglio di sé. “Some Like It Hot” è anche il nuovo album del trio londinese bar italia, in uscita il 17 ottobre per Matador, e alcune analogie con il film forse non sono casuali. Passeranno anche dall'Italia per presentarlo: 22 ottobre 2025 - Santeria, Milano; 5 marzo 2026 - Milk, Torino; 6 marzo 2026 - Hacienda, Roma; 7 marzo 2026 - TPO, Bologna. 

Il nuovo disco pulsa di romanticismo, scoperta di sé ed estasi per rocker sensuali, folk-pop ipnotico, ballate da ubriachi e momenti indefinibili che ti sorprendono come un raggio di sole alle cinque del pomeriggio. La maturazione del sound della band, dalle prime registrazioni casalinghe simili a schizzi disegnati a mano alle pennellate ampie di “Some Like It Hot”, è stata affinata grazie a un programma incessante di composizione e tour, che li ha spronati, letteralmente, ad andare oltre i propri confini. Quello che colpisce è la costruzione dei brani: essenziali, frammentari, come collage emotivi che si reggono su ripetizioni ipnotiche, chitarre scarne e un ritmo sotterraneo. Le voci dei tre si alternano e si intrecciano, creando una dimensione quasi da conversazione intima, a volte spezzata, a volte corale. In questo senso, il paragone con i Velvet Underground, fatto da molti, ma ovviamente con tutte le debite proporzioni, non è del tutto azzardato: i bar italia hanno ereditato quell’approccio urbano e minimale, quell’uso di più timbri vocali (Lou Reed e Nico da una parte, Sam Fenton e Nina Cristante dall’altra) e soprattutto quella volontà di decostruire la forma-canzone tradizionale.

Se i Velvet raccontavano la New York underground degli anni ’60, i bar italia sembrano invece dare voce a una Londra frammentata e post-pandemica, dove le storie non vengono mai spiegate fino in fondo, ma restano sospese, enigmatiche. Entrambe le band hanno un gusto “pop” che, tuttavia, si trasforma in “anti-pop” nei confronti del mainstream. Con “Tracey Denim” e “The Twits”, entrambi usciti nel 2023 per Matador, hanno consolidato una formula che mescola malinconia e immediatezza, senza mai cedere alla patina dell’indie mainstream. La grande differenza sonora tra i due progetti è che i Velvet erano anche molto rumorosi e sperimentali, mentre i bar italia lo sono meno, come se parlassero da una stanza chiusa piuttosto che da un palco infuocato.

Come i Sonic Youth, altra band a cui vengono spesso affiancati, anche i bar italia giocano con accordi “non convenzionali”, suoni sporchi e una certa ruvidità che crea tensione costante. In molti brani scelgono di non “risolvere” mai davvero, restando su un filo instabile, proprio come facevano spesso Thurston Moore e Lee Ranaldo nelle loro tessiture chitarristiche. In definitiva, i bar italia piacciono perché riportano in primo piano qualcosa che nella musica indipendente sembrava perduto: il senso di band “vera”, capace di essere sporca, introversa e magnetica allo stesso tempo. E non sembrano inseguire alcun facile consenso.

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