Un’estate fa, o trenta: il ritorno dei Delta V

Un’estate fa. O trenta estati fa. Sono i solstizi attraversati dai Delta V, pionieri della sperimentazione tra musica elettronica e canzone italiana in un panorama, quello degli anni ’90, ancora poco aperto alla contaminazione. Due grandi successi che li hanno consacrati in radio - la cover di “Se telefonando” e “Un’estate fa” -, un vasto repertorio di brani inediti che ancora oggi affascinano il pubblico di tutte le età. Un tour estivo quasi giunto al termine, un nuovo album in uscita il prossimo autunno, anticipato dal singolo “Nazisti dell’Illinois” - un riferimento ai Blues Brothers, ma non solo.
Un bilancio dei primi trent’anni di carriera
"In trent’anni il panorama discografico e dell’offerta è completamente cambiato, così come la disponibilità delle grosse etichette ad affrontare percorsi alternativi a quelli mainstream pop", osserva Carlo Bertotti, fondatore del gruppo assieme a Flavio Ferri, facendo riferimento all’apertura da parte delle etichette, al momento del loro esordio, alla ricerca di suoni non convenzionali. «Ai tempi abbiamo avuto la possibilità di portare le nostre idee, cercando di applicare le coordinate sonore che ci contraddistinguevano con una musica che possiamo chiamare pop per definizione». Poi una lunga pausa in cui il gruppo si è chiesto che direzione prendere, prima di tornare, nel 2019, con l’album “Heimat”. «Oggi è come se giocassimo a un altro sport, c’è sempre la palla ma invece del basket siamo in un campo da pallavolo».
Dalla centralità del suono al focus sulla parola
Questa trasformazione si traduce in un cambio di prospettiva. Se prima si privilegiava il suono, con un grande uso di elettronica e un occhio sempre attento agli arrangiamenti, ora è la parola al centro di un approccio che il gruppo definisce più cantautorale. Il focus si sposta su «quello che c’è da dire» ed è già evidente in “Nazisti dell’Illinois”, brano pubblicato nell’aprile 2025 con un titolo che porta con sé una citazione cinematografica - una memorabile scena dei Blues Brothers appunto - e un evidente riferimento politico. «La politica è in tutto ciò che facciamo, anche le grande cifre astensionistiche sono un fatto politico. La gente pensa al proprio orticello, convinta che ci sia poco da fare per cambiare strutture desuete che funzionano poco bene. “Nazisti dell’Illinois” è la citazione di un film che abbiamo molto amato, oggi è inquietante leggere certi riferimenti in maniera evidente nella vita di tutti i giorni. Non abbiamo mai pensato di scrivere un movimento politico con le nostre canzoni o aderire a un’idea piuttosto che a un’altra. Viviamo un’epoca molto complicata, dove ogni giorno leggiamo notizie che vent’anni fa non ci saremmo mai immaginati».
Dalla pandemia alla guerra in Medio Oriente: il nuovo album in uscita in autunno
Notizie che il gruppo ha sentito l’esigenza di raccontare nel nuovo album, iniziato ai tempi del Covid e che uscirà in autunno accompagnato da un tour. «Lo abbiamo scritto a cavallo di una pandemia, un disastro in Medio Oriente, una guerra alle porte dell’Europa, una crisi economica galoppante, i dazi alla Casa Bianca. Come fai a non parlare di tutto questo? Non diamo sentenze, ma raccontiamo quello che attraversa le nostre vite con una lettura personale». Musicalmente, anticipano, il nuovo album riprende il percorso iniziato con “Heimat”, quello che più li rappresenta in questo momento. Anche attraverso il confronto in studio con i produttori Vernetti e Gozzetti, da sempre al fianco della band, che cercano di far suonare al meglio l’idea senza mai stravolgere la sostanza. Di stravolgimenti invece si parla nei brani eseguiti dal vivo, che oggi suonano quasi come un producer set. «Nasciamo inquieti e rimaniamo inquieti, difficilmente riproponiamo la stessa versione dei pezzi, che cerchiamo di attualizzare ogni volta. Nella tournée estiva che ha ancora una data – il 30 agosto a Udine – volevamo raccontare il nostro repertorio in modo differente. E la gente ha apprezzato».
Pubblico intergenerazionale tra affezionati e nuove leve
Trentenni, quarantenni, cinquantenni, persino sessantenni. È vario il pubblico dei Delta V, che in trent’anni di carriera ha saputo farsi apprezzare da più generazioni. «Ci colpisce che le persone confessano di conoscerci per brani iconici come “Se telefonando” o “Un’estate fa” e dopo i live hanno voglia di approfondire la nostra discografia e il nostro universo sonoro. Bisognerebbe suonare più spesso, ma c’è un problema legato alle economie». Se negli anni ’90 era la norma organizzare dieci date in un mese, oggi ci sono meno club e la promozione degli artisti si muove sul mondo dei social. «È un discorso molto ampio. Per farla breve, crediamo siano più i danni che i benefici, almeno dal punto di vista musicale».