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Settembre: "Ho scelto il megafono che mi rappresenta di più"

Il giovane artista ha vinto nella categoria Nuove Proposte a Sanremo, e anche tutti gli altri premi
Settembre: "Ho scelto il megafono che mi rappresenta di più"
Credits: Alessandro Raboni

NUOVOIMAIE  propone una serie di incontri con protagonisti del panorama musicale italiano non solo per approfondire le dinamiche artistiche che caratterizzano il lavoro di chi opera nel settore, ma anche per fare il punto su come gli attuali scenari del mercato impattino sulle opportunità professionali di chi ha scelto la creatività come professione. La parola, oggi, va a Settembre...

A soli 23 anni, e alla sua prima partecipazione a Sanremo nella categoria Nuove Proposte con il brano "Vertebre", Settembre è riuscito a farsi notare al punto da sbaragliare la concorrenza su ogni fronte: non solo ha vinto il Festival tra i giovani, ma si è anche aggiudicato ogni premio possibile (nella fattispecie il premio della sala stampa Lucio Dalla e quello della critica dedicato a Mia Martini, quello di NuovoIMAIE intitolato a Enzo Jannacci, quello di SIAE- Roma Videoclip Rivelazione, il premio RTL 102.5 #RADIOFESTIVAL e quello di TIM). Un risultato notevole, che potrebbe destabilizzare un ragazzo della sua età. Ma come un giovane veterano, l'artista napoletano non si lascia spaventare dal clamore attorno a sé e si concentra sul suo primo grande traguardo: la pubblicazione del suo EP, che come la traccia sanremese si intitola "Vertebre".

Sei arrivato a Sanremo con l’aura del vincitore annunciato: tutti ti davano per trionfatore prima ancora che iniziasse il Festival. È stato più un conforto o una responsabilità ulteriore?

Sarò onesto: anche se vedevo che il pubblico amava molto “Vertebre”, non ho mai avvertito di essere davvero un favorito. Sono molto scaramantico e mi piace tenere i piedi per terra: il mio unico obbiettivo era fare un buon lavoro per me stesso, e quindi cercavo di non farmi influenzare da tutto ciò che sentivo intorno a me.

Come sei arrivato a scegliere di presentare proprio “Vertebre” a Sanremo Giovani?

Quando l’ho fatta sentire ai miei genitori, hanno subito avuto una reazione molto positiva. In particolare mi ha convinto quella di mio padre, che si è alzato immediatamente dal divano per l’entusiasmo: mi sono detto: “È lei”. Lui ha vissuto molto intensamente tutta la mia avventura sanremese, tant’è che è voluto uscire dall’Ariston prima che Carlo Conti annunciasse il vincitore: troppa ansia! È stato uno degli steward del teatro a richiamarlo in sala dopo la proclamazione: “Entri pure, che suo figlio ha vinto”… (ride)

In un’annata in cui molte canzoni erano firmate da un gruppo di autori molto noti, tu ti sei affidato a nomi forse più sconosciuti ai circuiti mainstream, ma già molto promettenti in quello underground…

Manuel Finotti e Laura Di Lenola, prima di essere due autori, sono due miei grandi amici, che stimo e rispetto. Hanno pochi anni più di me, condividiamo molto, e questa canzone è nata dalla voglia di raccontare dei pensieri personali. Sono convinto che regaleranno grandi perle alla musica italiana.

Tornando al tuo percorso precedente, prima ancora di intraprendere l’avventura di Sanremo Giovani eri piuttosto noto per la tua partecipazione a svariati talent: “Io Canto”, “The Voice” e “X Factor”. Com’è stato crescere da artista musicale su un palco particolare come quello della tv?

Con “Io Canto” avevo undici anni, quindi l’ho vissuta davvero come un gioco. “The Voice” è stata un’esperienza molto breve; per contro è a “X Factor” che ho fatto la mia prima vera esperienza da talent, e mi ha formato più di tutte le altre. Il rapporto con la tv lo vivo bene, comunque: è un ambiente che mi piace. Tutto sta nello scegliere il megafono che ti rappresenta di più.

Si è detto spesso che quest’anno Sanremo Giovani era una specie di talent: sei d’accordo con questa definizione?

Assolutamente sì, e non credo che dire che qualcosa è un talent abbia un’accezione dispregiativa. Il meccanismo delle sfide ci stava: ovviamente ci dispiaceva un po' duellare tra noi per via dell'eliminazione diretta, ma eravamo consapevoli di ciò a cui andavamo incontro.

Oltre ad aver vinto il primo premio, quest’anno all’Ariston hai fatto incetta anche di tutti i premi minori…

Potrei giurarti sulla mia famiglia che non me lo sarei mai, mai, mai aspettato. È una cosa così grande che non riesco a spiegarmela neanche io. Penso che di questa canzone sia arrivata la verità, la vulnerabilità, la fragilità. 

Per non farti mancare niente, ti ha premiato anche il sindaco di Napoli. Cosa rappresenta il legame con la tua città?

Quel premio è stato un grandissimo onore. Napoli è una città libera, priva di pregiudizi, tant’è che la cultura partenopea è stata la culla di molti movimenti artistici, perché storicamente si è sempre sperimentato molto. È la stessa cosa che provo a fare nella mia musica, mescolando tradizione e contemporaneità, come in “Cchiù nient”, un mio brano in cui convivono elementi di tarantella e di dark pop.

Cosa ti piace della musica di oggi, e cosa invece proprio non ti piace?

Amo la possibilità della contaminazione, ma non mi piace la velocità con cui i prodotti si consumano. Nel mio tempo libero ascolto tantissima musica di tutti i generi e di tutti i tempi: pop, R&B, rap, jazz, cantautorato… E sono contento della scelta musicale che è stata fatta in questo Sanremo, anche se per cause di forza maggiore non sono riuscito a seguirlo come facevo quando ero un semplice spettatore. È stato un bel Festival.

A proposito, cosa ne pensi della scelta di istituire nuovamente una categoria a parte per le nuove proposte?

In un certo senso ho preferito così, perché abbiamo avuto uno spazio tutto per noi, con una gara equa. Con i Big ovviamente sarebbe stato più difficile spiccare.

Rispetto a questioni meno creative ma concrete, come la tutela dei tuoi diritti, da giovane artista che si appresta a intraprendere una lunga carriera in quest’ambito come ti poni?

Sono cose importantissime da conoscere, se ambisci a fare questo lavoro devi sapere cos’è il diritto d’autore, quali altri diritti ti spettano, come funziona un contratto discografico. Consiglio a chiunque di informarsi, per avere una visione chiara anche dal punto di vista legale e burocratico. So che possono apparire come aspetti un po’ più noiosi, ma bisognerebbe parlarne molto di più, perché spesso sul lavoro non veniamo tutelati a sufficienza, in tutti gli ambiti e i settori professionali.

Last but not least: come ti vedi da qui a dieci anni, se devi sognare in grande?

A 33 anni? Spero sereno, amato e felice di amare la vita. Lavorativamente invece non faccio programmi.

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