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Sanremo 2025: quello che le donne vi dicono / 1

Tra narrazione, percezione e posizionamento delle artiste al Festival
Sanremo 2025: quello che le donne vi dicono / 1

Il dibattito sull’assenza di donne sul podio di Sanremo 2025 ha alimentato opinioni diverse. Le donne non sono una categoria monolitica e, com’è naturale, i punti di vista su questo tema variano. Su Rockol, Marta Blumi Tripodi ed Elena Palmieri condividono le proprie riflessioni sulla questione.

Mentre già domenica giravano le prime battute del tipo “E anche questo Sanremo ce lo siamo tolto...”, a quasi una settimana dalla finale, le discussioni sanremesi continuano a monopolizzare ogni conversazione. Le opinioni che tengono banco sul Festival si concentrano su svariate tematiche, e tra i temi più dibattuti quest'anno spicca quello sulla percezione, il posizionamento e la narrazione delle donne a Sanremo. Tra l’ironia sulla conduzione super veloce, i paragoni tra Carlo Conti e Amadeus, le riflessioni (qui la nostra) o polemiche sull’effettivo valore del voto della composizione delle giurie stampa, sembra essere stata molto a cuore l’assenza di artiste donne sul podio finale. A seguito della proclamazione della classifica definitiva che ha decretato Olly come vincitore di Sanremo 2025, sui giornali, sui blog e sui social, si è acceso sia il dibattito sulla manager Marta Donà che su quanto il risultato rifletta, o meno, una questione di discriminazione di genere .

Il caso di un podio senza donne

Al netto di classifiche (in)complete , e dell’impossibilità di conoscere con esattezza - neanche su esplicita richiesta - i numeri reali e le statistiche delle votazioni del televoto e delle giurie di stampa, tv, web e radio, il posizionamento delle artiste nella graduatoria finale richiede quindi una riflessione. Sorge la domanda: è davvero la classifica a fare luce su un eventuale problema di discriminazione, sia a Sanremo che nella musica in generale?

Quest’anno, su ventinove artisti in gara (trenta originariamente), dodici erano donne: Marcella Bella, Serena Brancale, Clara, Elodie, Gaia, Giorgia, Francesca Michielin, Noemi, Joan Thiele, Sarah Toscano, Rose Villain e California (Francesca Mesiano) dei Coma_Cose. Nessuna di loro ha raggiunto il podio e - a parte il duo di “Cuoricini” e la voce di “La cura per me”, data favorita fino all’ultimo, e arrivata al sesto posto - dieci di loro non sono entrate neanche della top ten della classifica definitiva della finale, vista da 13 milioni 427 mila telespettatori. Questi sono i dati concreti, riportati un po’ ovunque e che ormai conoscono tutti, su cui si è costruito il racconto di questi giorni che si interroga su disparità e discriminazione. Soprattutto a fronte di un paragone con lo scorso anno quando, oltre alla vincitrice Angelina Mango, altre tre donne rientravano tra le prime dieci posizioni. Il risultato è che si finisce per porre al centro una sorta di sconfitta delle donne, loro malgrado. Le artiste, così facendo, vengono infatti ridotte a numeri e quote rosa. Qual è il motivo per cui le si sta martirizzando così?

Percezione e narrazione delle artiste a Sanremo

Le discussioni che si sono accese attorno ai risultati delle voci femminili a Sanremo sembra aver innescato un racconto volto a sminuire il loro valore, conseguenza di una narrazione e rappresentazione svilente già a monte. Lo ha spiegato molto bene Nicholas David Altea su “Wired”: “ Il problema della rappresentazione artistica si evince non perché nel podio finale ci siano cinque uomini – è lecito anche che alcuni brani possano non essere stati di gradimento – ma nella rappresentazione generale al festival e nelle opportunità offerte. È lì che si presenta il gender gap, svariati passaggi prima in tutta la filiera discografica che porta successivamente a una sottorappresentazione”. Prima, durante e dopo Sanremo 2025, le donne in gara sono state troppo spesso messe al centro di uno storytelling mediatico che si è occupato di loro per elementi marginali. Tra gli esempi eclatanti, amplificati dai social, c’è il caso di Elodie che all’indomani della finale, ospite di “Domenica In speciale Sanremo”, ha discusso con un giornalista per tacere le voci secondo cui si fosse arrabbiata per un vestito strappato. Come se il suo problema potesse riguardare solo aspetti accessori. Nessuno mi ha strappato niente, sono cazzate, ero emotivamente scossa”, ha ribattuto la voce di “Dimenticarsi alle 7”.  Sempre nella stessa occasione, è toccato a Gaia il tormento di dover essere ridotta a numeri e classifiche, quando le è stato fatto notare di essere arrivata ultima al televoto. Solo successivamente, dopo aver abbandonato lo studio del programma in lacrime, la cantante di “Chiamo io chiami tu" è riuscita a tornare sull’argomento con un post Instagram: “I numeri, le classifiche vanno e vengono. Ho già toccato buoni picchi e sentito vuoti immensi e ho compreso che il mio fine non è mai stato quello, ma di mostrarmi a più gente possibile per ciò che sono realmente, per le mie culture, radici, personalità, per come vivo la musica e per l’Amore e Rispetto che provo per il palco”.

In qualsiasi situazione, idealmente, nessuna donna dovrebbe e vorrebbe trovarsi a discutere sul fatto di essere una donna, o doversi esprimere sulla propria condizione in quanto donna. Diventa quindi difficile esprimersi su tematiche che per forza di cose partono dal presupposto di dover relegare il fatto di essere una donna a un caso di studio, a un numero, a una quota rosa, alla miccia di un dibattito o di un discorso. “Arriveremo ad un punto in cui non bisognerà più notare se c’è una donna o non c’è, perché finché lo dobbiamo sottolineare il problema c’è”, ha affermato Giorgia a “Domenica In speciale Sanremo”, quando le è stata chiesta una riflessione - “una lettura non tanto di genere, ma musicale” - sul risultato finale di Sanremo inquadrato nel momento attuale delle donne nella musica. Nell’argomentare la propria risposta, la cantante ha affermato: “Ti giuro non me lo spiego. Io ci penso.  Questo è un tema, quella teoria che enuncio, che c’è una mentalità inconscia quando dobbiamo trattare un genere piuttosto che un altro e abbiamo in automatico un trattamento diverso”. E ancora: “La cosa che ti posso dire però è che noi siamo tanto unite, perché abbiamo capito che, quando va bene qualcosa ad una, è un bene per tutte. È un’azione del mercato che ci favorisce tutte, quindi in realtà il successo di una è in realtà il successo di un’altra o comunque mette in moto delle dinamiche importanti. Noi siamo molto unite”. Ha concluso: “Io ho avuto modo di stare con le ragazze, Clara, Gaia, Joan Thiele, Elodie. C’è tanta serietà e onestà rispetto al nostro lavoro e all’arte, ma anche questo senso di solidarietà. Sapere che l’altra magari vive delle cose, o che magari le ha già vissute. Forse deve passare di più questo messaggio. Arriveremo ad un punto in cui non bisognerà più notare se c’è una donna o non c’è, perché finché lo dobbiamo sottolineare il problema c’è. Ecco anche arrivare ad una classifica dove ci sono solo uomini o solo donne nessuno si stupisce, perché poi la normalità sarà non stupirsi più. Bisogna lavorare sulla mentalità dei piccoli, dei giovani, è lì che bisogna agire”.

In un contesto in cui l’attenzione si concentra esclusivamente sul pettegolezzo e il vestito, oppure si aprono dibattiti sulla presenza o assenza in classifica, a rimetterci insieme alle donne, non sono altro che le canzoni. Ma, Sanremo non è il “Festival della canzone italiana”?

La questione musicale

Le canzoni, quindi. Non dovrebbero essere queste l’unico vero metro di giudizio al Festival, senza discriminazioni? A rendere svilente, e a sottovalutare un artista, di qualsiasi genere, è sempre la mancanza di una vera e propria questione musicale. La acclamata “vittoria” dei cantautori ha sottolineato quanto il pubblico non voglia continuamente accontentarsi di una povertà musicale e autoriale. I risultati raggiunti dalla maggior parte delle artiste femminili non riflettono il loro essere donne, ma l’apprezzamento delle loro canzoni da parte del pubblico di Sanremo. Che non è neanche tutto il loro potenziale pubblico. Nella classifica radiofonica della settimana dal 14 al 17 febbraio, Giorgia si è addirittura presa la vetta con “La cura per me”, mentre Elodie e Gaia si sono posizionate rispettivamente al nono e undicesimo posto. Secondo i dati raccolti da Spotify , quelle di Giorgia, Elodie e Rose Villain sono tra le dieci canzoni più ascoltate durante la settimana del Festival tra quelle in gara. Serena Brancale, Joan Thiele, Sarah Toscano, Marcella Bella e Francesca Michielin sono invece tra le artiste, in un totale di dieci nomi, i cui ascolti sulla piattaforma streaming sono cresciuti maggiormente grazie al Festival.

Se si trattassero gli artisti tutti sullo stesso piano soffermandosi davvero solo sulla musica, non ci si ridurrebbe a dover fare a propria volta discriminazioni di genere limitando le voci femminili a semplici numeri o mere quote rosa. In quest’ottica, il discorso si sposterebbe sull’effettiva qualità generale della proposta di Sanremo, che per la settantacinquesima edizione, sotto la direzione di Conti, sembra aver puntato soprattutto su quantità, linearità e uniformità. La conseguenza è stata quella di un Festival da più voci definito della “restaurazione”, con piattezza di temi e sobrietà. In un contesto “prevedibilmente dominato dai grandi numeri” e dove si è “tornati indietro”, come scritto da Gianni Sibilla su Rockol, dove la quantità sembra aver prevalso sulla qualità, diventa sminuente la presenza forzata di una donna, messa a bilanciare e a equalizzare la narrazione, se poi il racconto non le rende giustizia. Vien da sé che serve un cambiamento nel modo in cui gli artisti in generale vengono raccontati e valorizzati.

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