Il pubblico di Olly gli canta le canzoni in faccia

Alcuni video , diventati virali sui social, mostrano il pubblico di Olly cantargli, o forse meglio sbraitargli, in faccia le canzoni. Decibel altissimi, proprio come il trasporto emotivo dei fan. In alcuni momenti perfino il cantautore genovese rimane stupito, quasi imbarazzato, e risponde con un “siete pazzi”. Lo ha fatto anche a Torino dove lo abbiamo visto live al Teatro Concordia. Riccardo Zanotti, penna e anima dei Pinguini Tattici Nucleari, uno che, piaccio o no, di pop se ne intende, durante la presentazione dell’ultimo album della band “Hello World”, ha spiegato che secondo lui ci sono pochi artisti di nuova generazione in grado di parlare a più generazioni. Uno, ha argomentato Zanotti, è senz’altro Ultimo. Un altro, oggi in crescita, è Olly. E ha anche ammesso di cantare a squarciagola le sue canzoni in macchina quando torna a Bergamo e va a trovare sua madre.
Che Olly stia vivendo un momento magico non lo dice solo Zanotti e non lo dimostrano solo le classifiche, ma è confermato dalla quantità di biglietti live che sta staccando. Ha oltre venti date sold out nei club da qui a maggio del prossimo anno e ha già riempito diversi palazzetti in programma nell’ottobre del 2025. A febbraio, con sempre a fianco il fedele Jvli, il genietto musicale scultore del suo suono, sarà anche sul palco del Festival di Sanremo, un ritorno dopo quello del 2023 con “Polvere”. Ma perché Olly ha questi riflettori accesi addosso? Basta andare a un suo concerto, per l’appunto, per capirlo. Il segreto, che poi segreto non è, sono le canzoni. Olly è quello che canta, non ha un personaggio da interpretare. Il cantautore genovese fa parte di una nuova schiera di artisti, giovanissimi, magari cresciuti con il rap come nel suo caso, ma che ha deciso di trovare una propria e precisa identità attraverso la scrittura di brani pop dal taglio generazionale che al centro mettono sentimenti, racconti di vita, storie. Una penna luminosa messa anche al servizio di altri: “Amore disperato” di Achille Lauro porta anche la firma di Olly. Pezzi come “A squarciagola”, “Quei ricordi là”, “Bianca”, “La lavatrice”, “Scarabocchi”, “Devastante” o “Meno male che c’è il mare”, con all’interno un tributo a “Il pescatore” di Fabrizio De André, sono sinceri, scritti bene, si cantano come se fossero cori da stadio, e delineano un mondo lontano dalla narrazione del rap o della trap, ma anche da molta frivolezza pop.

Non sono canzoni “fatte in serie”, possono piacere come no, ma se ne riconosce subito la genuinità. E questa “verità” è percepita e percepibile, ed è uno dei motivi per cui questo ragazzone, cresciuto giocando a rugby, sta facendo strada. In quello che fa, anche nei momenti più emotivi, non c’è mai un sentimentalismo lacrimevole: Olly, anche sul palco, è auto-ironico, fa balletti improbabili sui pezzi più elettronici, prende il microfono e se lo piazza tra le gambe, beve il Montenegro, scherza sul sesso, crea un rapporto diretto con il pubblico, molto più vario a livello di età di quello che si potrebbe pensare. E quando c’è da puntare al cuore, punta diretto, evita giri su se stesso, senza retorica o sermoni. Olly è un figlio di Vasco, le cui canzoni accompagnano il suo ingresso sul palco e di cui coverizza, in acustico, “Vita spericolata”. Il suo album “Tutta vita” è una sorta di manifesto del suo percorso. A scatola chiusa, senza sapere nulla del brano che presenterà all’Ariston a febbraio, facciamo una scommessa: farà un grande Sanremo.