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Lamar e la sua guerra contro la mercificazione dell’hip hop

Dal dissing a Drake alla nuova traccia, fino al Super Bowl: Kendrick ha una missione.
Lamar e la sua guerra contro la mercificazione dell’hip hop

Kendrick Lamar ne ha fatto una questione personale. E la rivalità con Drake c’entra fino a un certo punto. La sua, oggi più che mai, sta diventando una missione: rimettere al centro dell’hip hop, ancora una volta, i suoi valori fondativi, rifiutando derive materialiste, mercenarie, di mercato e frivole. E la partecipazione al Super Bowl sarà l’occasione, come ha spiegato, per ribadire le radici di questa cultura: “Il rap è ancora il genere di maggior impatto e io sarò lì per ricordare al mondo il perché”. Il rapper, vincitore di un Premio Pulitzer con “Damn” del 2017, qualche giorno fa ha pubblicato una nuova canzone sul suo Instagram. La traccia di cinque minuti è uscita senza didascalia o titolo, con solo l'audio, e una foto di un paio di vecchie scarpe usurate. Quest’ultimo non è un dettaglio: in “Push Ups” Drake lo prendeva in giro per la sua taglia di calzature, Lamar risponde con l’istantanea di un oggetto usurato, vissuto, vero, non patinato o nuovo.

A differenza della maggior parte della musica di Lamar nel 2024, la nuova canzone, però, non è un palese diss a Drake, c’è qualche cosa di più, qualche cosa che va oltre. Ovviamente, segue la corrente delle cinque pubblicazioni di attacco al rivale di Toronto: "Like That", "Euphoria", "6:16 in LA", "Meet the Grahams" e la hit "Not Like Us", quest’ultima è la diss track più di successo della storia della musica rap debuttando alla posizione numero uno della classifica americana Billboard. La traccia è arrivata pochi giorni dopo l'annuncio che Lamar sarà l’headliner dello spettacolo nell'intervallo del prossimo Super Bowl, a New Orleans, nel febbraio 2025. Il rapper di Compton, che aveva già preso parte all’halftime Show del 2022 insieme a Dr. Dre, Snoop Dogg, Mary J. Blige, 50 Cent ed Eminem, a questo giro avrà i riflettori tutti per sé e li userà proprio per la “causa”.

Nella nuova traccia, che dovrebbe intitolarsi “Watch the party die”, un’anticipazione di quello che potrebbe essere il cuore del suo prossimo progetto, che arriverebbe a due anni di distanza da “Mr. Morale & the Big Steppers”, Lamar riflette sullo stato della cultura, criticando gli influencer e il loro ruolo nell'aiutare a costruire un panorama ingordo e amorale per la musica rap, sempre più schiava di anti-valori. In altre parti K-Dot si lamenta della corruzione e del peso dell’industria, non risparmia nessuno, neppure la sua comunità black. Pensateci: è esattamente il motivo per cui si è scontrato con Drake, accusato di essere un impostore, un artista che ha sfruttato l’hip hop per raggiungere fama e ricchezza, non per far proseguire una legacy culturale. Jay-Z ha dichiarato, incoronandolo: "Kendrick Lamar è un artista e performer unico nella sua generazione. Il suo amore profondo per la cultura hip-hop nutre la sua visione artistica. Ha una capacità senza eguali di definire e influenzare la cultura in tutto il globo. Il lavoro di Kendrick trascende la musica e il suo impatto sarà ricordato negli anni a venire".

Le barre di Lamar sono infuocate: “Festeggiano più delle troie, ditemi per cosa lavorate? Glorificano le truffe, verrai ammazzato per una carta di credito. Gli influencer mi sminuiscono perché non faccio merda basilare. Ma non odiano me, odiano l'uomo che rappresento. Il tipo di uomo che non lecca culi per ricevere favori. L'uomo che vive con pazienza”. Non è finita. Lamar si sente oggi più che mai dentro una guerra: “Penso sia ora di guardare la festa morire, ne*ri di strada e impresari, i rapper che riportano falsità, voglio che le loro famiglie siano mortificate, possiamo vivere senza loro, trovate un posto per i corpi”. Nel 2012 con “Good Kid, M.A.A.D City”, dopo l’esordio di “Section.80” dell’anno prima, iniziava il viaggio tortuoso di un ragazzo che dal buio di Compton cercava la luce. Oggi, dopo psicoanalisi e indagini personali, oltre che di società, basti ricordare “To Pimp a Butterfly” del 2015, Lamar è sempre più dentro i panni di un profeta, abiti che gli hanno e che si è cucito addosso, chiamato a “salvare” l’hip hop. Che più che essere protetto ha bisogno di essere rispettato con la forza di parole sincere e non eterodirette dall’asfissiante idea dell’“arrivare”, parole vere proprio come quelle di Kendrick.   

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