Kurt Cobain: il ricordo del manager, Danny Goldberg

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Danny Goldberg è stato il manager dei Nirvana negli ultimi anni dell'attività della band, dal 1991 al 1994. Nel 2019 ha pubblicato un libro, "Serving the servant - Ricordando Kurt Cobain", dal quale abbiamo tratto il testo che segue, per gentile concessione dell'editore, HarperCollins Italia S.p.A.
È probabile che, se Kurt non fosse morto, avrebbe avviato un progetto con diversi musicisti e un’impronta più acustica. Stava pensando di collaborare con uno dei suoi idoli, Michael Stipe dei R.E.M. Stipe mi ha scritto che per molti anni ha scelto di non parlare di Kurt se non in privato, con Frances, ma ha accennato a un’intervista che aveva rilasciato poco dopo la sua morte, in cui diceva che Kurt gli aveva parlato della “direzione musicale che aveva deciso di intraprendere”. Stipe racconta: «So come sarebbe stato il disco successivo dei Nirvana. Tranquillo, acustico e con molti archi. Dovevamo registrare insieme una demo per l’album. Era tutto pronto, avevamo già prenotato il volo e l’auto che sarebbe andato a prenderlo all’aeroporto. All’ultimo minuto mi ha chiamato e ha detto che non poteva venire».
Anche se ho ormai assunto un atteggiamento fatalista sul suo suicidio, a volte mi chiedo se le cose sarebbero potute andare diversamente. Forse sì, se avessi passato più tempo con lui negli ultimi mesi, se gli avessi parlato in maniera diversa quell’ultima volta, se gli avessi chiesto di restare con noi per qualche giorno o se fossi riuscito a trovare qualcuno di più competente per aiutarlo.
Nel 2016, ci sono stati 44.965 suicidi certificati negli Stati Uniti. Più di tre quarti sono uomini e la metà di loro ha usato un’arma da fuoco. È un fenomeno globale: nel 2015 si sono suicidate più di ottocentomila persone in tutto il mondo.
Eric Erlandson ha fatto molte ricerche sull’argomento per il libro "Letters to Kurt" (è un tema che lo tocca da vicino dal momento che due mesi dopo Kurt anche la bassista delle Hole, Kristen Pfaff, è morta per un’overdose, aggiungendo angoscia all’angoscia). Eric elenca alcuni dei fattori di rischio che aumentano la probabilità di suicidio: fra essi ci sono la solitudine, l’isolamento e il tentativo di alleviare il dolore con le droghe.
Secondo alcuni entrerebbe in gioco anche la predisposizione genetica. Kurt diceva spesso di avere “geni suicidi”: mi ha raccontato che i suoi prozii Burle e Kenneth si erano sparati, e pensava che il suo bisnonno si fosse accoltellato a morte.
Eric mi ha scritto: “Non sono un grande fan della teoria genetica. Forse può valere per la depressione, ma per quanto riguarda il suicidio credo semplicemente che una persona con problemi mentali, scoprendo che altri hanno scelto quella via di fuga, sia portata a considerarla come una valida opzione. La malattia mentale può trasmettersi da generazione a generazione, ma l’idea che un gene costringa qualcuno ad andare contro l’istinto di sopravvivenza non mi convince. Come molti depressi, Kurt avrebbe usato qualsiasi cosa per giustificare i suoi problemi, piuttosto di prendersi la responsabilità di cambiare”.
Eric non è l’unico, tra chi gli è stato vicino, a essere arrabbiato con lui per essersi tolto la vita. Krist è ancora incazzato: «Si è arreso! Come ha potuto far questo a sua figlia? E ha pure fatto comprare a Dylan il fucile. Come ha potuto? Aveva i mezzi per fare tutto ciò che voleva, era il padrone del mondo, e invece ha deciso di mollare. Perché, cazzo? Si sarebbe dovuto preoccupare solo del bene di Frances».
Rispetto il suo punto di vista, ma la vedo diversamente. Anche se è un dovere morale fare tutto il possibile per prevenire e impedire il suicidio, continuo a pensare che Kurt avesse una malattia incurabile che lo ha portato a togliersi la vita a ventisette anni. È l’unica ipotesi che mi sembra corretta, ma la realtà è che nessuno lo sa.
Le sue ultime parole a Courtney sono state: «Qualunque cosa accada, ricorda che hai fatto un buon album».
"Live Through This" delle Hole è stato pubblicato il 12 aprile, una settimana dopo la morte di Kurt, ed è una coincidenza sconvolgente. Il titolo era stato deciso molto tempo prima, e si riferiva ai tanti ostacoli che Courtney aveva incontrato nella vita, ma quando l’album è uscito sembrava un sinistro riferimento al suicidio di Kurt.