Quando Franco Battiato scoprì le MAB
Il 9 febbraio 2007 Franco Battiato pubblicava il venticinquesimo album intitolato "Il vuoto". Un disco a cui collaborarono Manlio Sgalambro ai testi e la rock band femminile delle MAB (“Le ho incontrate ad un concerto", disse) in alcuni brani. Ne ricordiamo l'anniversario pubblicando la nostra recensione.
Negli ultimi anni la discografia di Franco Battiato si è fatta irregolare: un paio di live, qualche raccolta (editata dalle "vecchie" etichette), i due dischi di cover “Fleurs”. Questo perché Battiato è un irregolare della musica italiana, e lo dimostrano il suo ormai noto ondeggiare tra musica popolare e colta, tra musica e altre arti (il cinema, sopratutto, negli ultimi tempi). Inevitabile, quindi, che un disco “regolare”, di nuove canzoni inedite, susciti più aspettative di altre pubblicazioni. Tanto più quando il disco è un ritorno, alla Universal: una delle tre major discografiche frequentate da Battiato nella sua lunga carriera insieme a Emi/Decca e a Sony/Bmg.
La Universal è stata la casa di alcuni dei dischi più amati di Battiato, su tutti “L'imboscata”. “Il vuoto” è un disco che rispetta le aspettative, nel bene e nel male. E' un disco dal suono più omogeneo e meno sperimentale di altri album di inediti, che “impasta” melodie tradizionali, elettronica, rock, orchestrazioni. La title track, nonché primo singolo, è il miglior esempio di questo impasto: un buon ritmo, melodie, voci e lingue che si sovrappongono, esattamente ciò che si aspetta da Battiato, filosofia (“Vuoto di senso/senso di vuoto”) e popolarità. A questo si aggiunge un buon senso dello “scouting”, grazie all'apporto divertente e azzeccato della rock band al femminile MAB.
Nel resto del disco, però il gioco riesce meno, tra ballate che giocano più sul lato orchestrale (“Tiepido aprile”) e altre che recuperano maggiormente l'elettronica (“Niente è come sembra”, che è anche la canzone da cui prende il titolo il terzo film, la cui lavorazione è appena terminata). In sostanza, “Il vuoto” suona un po' come un disco di maniera: ben scritto, ben prodotto, ma tutto sommato senza grandi guizzi che non siano la title-track o alcuni passaggi, come il bel crescendo centrale di “Io chi sono?”. Il che non è necessariamente un male, perchè Battiato, che è e rimane un genio, ogni tanto ha la tendenza ad essere un po' troppo dispersivo. Qua ha la tendenza opposta: “Il vuoto” è un disco lineare, fin troppo per chi è abituato alle sorprese che solitamente ci riserva il Maestro.