Delle idee extra per il ritorno degli Estra
 
                                            Una delle realtà artistiche più interessanti del rock italiano degli anni ‘90 fu quella degli Estra, band di Treviso formata da Giulio Casale (voce e chitarra), Abe Salvadori (chitarra), Eddy Bassan (basso) e Nicola "Accio" Ghedin (batteria). Per loro, tra il 92 e il 2001, sei dischi in studio, un Ep e un doppio live a testimoniare una carriera interessante, che li ha visti riscuotere molto successo nella loro zona di origine, il nord est, ma non limitarsi a una visibilità locale. A un suono robusto si aggiungevano i testi intensi, a volte ermetici di Giulio Casale che metteva anche il suo fascino un po’ misterioso e un profondo amore per la musica, con una vena cantautorale. Se vogliamo classificare la band veneta possiamo collocarla nell’archivio del rock d’autore. Nel 2014 gli Estra chiudono definitivamente la propria attività. Tre dei quattro componenti sembrano essersi allontanati dalla musica e dalla scena. Giulio Casale invece, trasferitosi a Milano, inizia a lavorare nell’ambito del teatro canzone, occupandosi di Giorgio Gaber (di cui diventa uno dei più apprezzati epigoni), Fabrizio De André, ma anche di beat generation. Al suo attivo anche una manciata di dischi con composizioni proprie. Il destino oramai sembrava essere segnato su queste strade. Improvvisamente in questi giorni arriva però la notizia che la band è in studio per lavorare a un nuovo album.
Abbiamo così contattato Giulio Casale per farci raccontare cosa sta succedendo e perché sta succedendo. Il front man degli Estra, molto tranquillo e contento per la situazione, ha dato delle anticipazioni del nuovo disco, che è finanziato con una campagna di crowdfunding.
Cosa è successo? Come mai avete deciso di ritornare sulle scene, di fare un nuovo disco?  
Nel 2003/2004 abbiamo fatto il nostro ultimo vero tour, quello da cui era uscito il doppio live “A conficcarsi in carne d'amore” (2003). Nel 2014 io dissi che, 10 anni dopo bisognava fare un tour celebrativo per dire che insomma salutavamo veramente, cioè che questa volta era l’addio. In previsione dei live realizzammo due singoli, (“Kamikaze politico” e “Veleno”). Ci fecero fare 10 serate da Bari a Milano che andarono molto bene, noi eravamo felicissimi perché davvero non ci aspettavamo dopo 10 anni tutto quell'affetto e soprattutto non solo a nord-est, dove siamo evidentemente e storicamente più forti.
Questo l'antefatto. Da quella volta ci siamo ritirati ufficialmente. Poi continuavano a farci proposte e abbiamo avuto altri due concerti, uno in pieno Covid, nel momento in cui si poteva farlo. Ed è andato benissimo, con 2000 persone da tutta Italia. Stiamo parlando ovviamente di Treviso come location, ma sono venuti dalla Sicilia, da Trani. Incredibile. Era l'estate del 2020. A quel punto quando siamo scesi dal palco abbiamo capito che c’era ancora qualcuno che ci aspettava e ci siamo detti che nel momento in cui avessimo avuto qualcosa di nuovo da dire, perché quella è l'unica condizione, si poteva pensare di tornare. Era l'8 agosto del 2020 e oggi siamo in studio con 10 nuove canzoni. Ci sono voluti tre anni per riuscire a scrivere e a provare con tutte le difficoltà del trovarsi: io stavo a Milano, loro a Treviso. Insomma non è stato semplice. Anche perché volevamo incontrarci fisicamente, registrare insieme e non usare la tecnologia
Che avete di nuovo da dire dunque?
Eh adesso dovrei svelarti il titolo del disco, allora tu capiresti subito, ma non posso farlo. Al momento non abbiamo nessuna data di uscita e stiamo raccogliendo fondi con un crowdfunding. Abbiamo messo a fuoco idee nuovissime, che non hanno nulla a che fare con quello che abbiamo già fatto o apparentemente, forse sì. Ti garantisco che saranno cose nuove. Ti dico però che alla produzione artistica stiamo lavorando con Giovanni Ferrario (chitarrista e produttore di PJ Harvey, John Parish, Scisma, Rokia Traorè, Hugo Race), che io considero il miglior musicista che l'Italia abbia mai espresso, perlomeno nella nostra generazione. 
Come mai la scelta di un crowdfunding?
Abbiamo bisogno di soldi, abbiamo bisogno di andare in un vero studio, di avere un produttore vero. Gli Estra non sono mai stati un fenomeno commerciale e quindi sappiamo benissimo oggi come è messa la musica, molto peggio di 25 anni fa. Quindi se non eravamo un business allora, figuriamoci adesso che non ci ricorda più nessuno. Nessuna discografica sarà mai disposta a mettere sul piatto qualche decina di migliaia di euro solo per produrre il disco e altri per promuoverlo. Per questo abbiamo detto molto umilmente: se ci volete bene, se volete veramente che torniamo a fare un disco e quindi poi, si spera, tornare a fare concerti nei club e nei veri Festival italiani, abbiamo bisogno di un budget perché sennò noi non siamo ricchi di famiglia, non possiamo permettercelo. Ecco tutto qui. 
Com’è possibile partecipare al finanziamento? Quant'è il budget che avete come obbiettivo?
Il budget è di 20.000 euro e siamo già molto vicini; ci sono ancora 50 giorni e noi non disdegniamo offerte anche a budget raggiunto perché significa poter avere altre opportunità. Sia chiaro: tutto, incasso e spese, sarà documentato e niente ci entrerà in tasca. La piattaforma on line è quella di Produzioni dal Basso (PDB), dove tra i progetti si può trovare quello degli Estra con tutte le spiegazioni, i nostri video e le dichiarazioni di intenti
Non ci dici il titolo, ma almeno dei contenuti puoi anticipare qualcosa?
Quelli ci sono già, ovviamente. È chiaro che oggi quei quattro ragazzi, a parte che non sono più ragazzi anagraficamente, hanno acquisito una grande esperienza, perché tutti hanno continuato sempre a suonare in progetti più o meno grossi, più o meno piccoli, e ognuno ora porta questa nuova esperienza all’interno del disco, in termini proprio di capacità performativa e di creatività insieme. E questo fa già un disco nuovo, inevitabilmente. Per quanto mi riguarda quello che emergerà saranno i testi che sono un passo nuovo, una scommessa altissima: cioè, essere molto più esplicito di un tempo, diretto, senza, diciamo così, abdicare alla poesia. È una scommessa difficilissima perché è un attimo scadere.
Invece dal punto di vista musicale cosa dobbiamo aspettarci?
Siccome siamo nel pieno dei lavori non tutto è ancora definito e definitivo. Però l’abbozzo, secondo me, è molto interessante perché è un disco ricco musicalmente, non monotono, con 10 tracce che suonano tutte diverse, c'è una certa varietà, una tavolozza di colori abbastanza estesa. E nello stesso tempo però c'è anche molta crudezza, perché è tutto molto live in studio. Probabilmente è il disco più vicino ad “Alterazioni” (1997), anche se non sarà proprio quello, perché tutto è molto nuovo. È un disco che stiamo facendo come si faceva una volta con la band live in studio e il cantante nell'altra sala, ma suonando tutti insieme. 
Visto il produttore, immagino ci saranno parecchie chitarre..
Sì è un disco assolutamente di chitarre rock, più o meno violente, più o meno graziose più o meno dolci. Penso che sarà un disco di canti dolci. Solo che questi canti dolci assieme alle chitarre, ma anche alla ritmica che, ti assicuro, è potentissima, esprimeranno rabbia, indignazione e incredulità per come stiamo riducendo il mondo, la vita, la cultura, la musica, la bellezza. Tutte queste cose stanno venendo meno insieme alla complessità, alla profondità. Ma anche all'utopia, il sogno. Dov'è più il sogno? Dov'è un altro mondo possibile? Tutti ci stiamo dicendo: “Mettitela via, il mondo è questa roba qua”. È una forma anche di saggezza e dover fare i conti con quello che c'è, siamo diventati tutti più realisti del re.
Come è stato ritrovare tutta la band sia dal punto di vista umano che dal punto di vista artistico?
È un'emozione per me quasi inesprimibile, nel senso che è una vertigine costante. Adesso abbiamo accelerato, ci troviamo spessissimo. Andiamo in studio, torniamo sui pezzi un sacco di volte per mettere tutto a fuoco ed è straordinario. Sì, mi sembra di lavorare con una band che non conosco perché è una band nuova, quindi anch'io devo prendere le misure, dall'altra se penso che il primo concerto di Casale, Alberto Salvadori, Nicola Accio Ghedin è dell'inizio dell' 89, ormai ci conosciamo da oltre 30 anni, è una roba che mi commuove e su certe cose ci capiamo prima ancora di doverle dire ed è bellissimo. C'è un'intesa ormai viscerale. Dal punto di vista artistico questi anni di lontananza, come dicevo, hanno portato esperienza ed allora insieme si possono fare cose nuove, scoprire limiti diversi, arrivarci insieme e questo è un vantaggio assoluto.
Previsioni di uscita e di quanto avete ancora da lavorarci?
Noi contiamo di aver ultimato proprio tutto entro l'autunno, fra 2/3 mesi. Poi ci guarderemo intorno e capiremo se qualcuno ci dà una possibilità, cioè se un'etichetta vuole aiutarci, se un management vuole aiutarci, se un booking vuole aiutarci, perché sennò facciamo tutto da soli. Siamo prontissimi a farlo, però sarebbe bello avere anche qualche professionista intorno che ci aiuti a fare le cose fatte come vanno fatte. Noi non siamo venditori di noi stessi, per esempio. Per cui non sarebbe semplicissimo da parte nostra fare tutto da soli, ma nel peggiore dei casi siamo pronti, anche perché forti di questo affetto meraviglioso che stiamo ricevendo. In poco più di una settimana siamo al 75% del budget e senza che nessuno lo sapesse. Vuol dire che la voce è corsa solo tra i nostri più accaniti sostenitori, circa 210 in questo momento, e io sono senza parole
Avete intenzione di mettere il disco anche sulle piattaforme in streaming?
Ci stiamo ragionando. È un dibattito molto, molto serio all'interno della band. Io, per esempio, starei solo su Bandcamp. Invece la sezione ritmica è contraria, per cui democraticamente arriveremo a decidere dopo averci ragionato sopra. Certo stare sulla rete ti permette di rientrare negli algoritmi e questo, che piaccia o no, sempre per il realismo di cui si diceva prima, ti dà visibilità. Questo gioverebbe anche al “catalogo” e magari la vecchia casa discografica potrebbe riproporlo e aiuterebbe anche per i concerti. C’è da pensarci bene su cosa fare, e noi lo faremo.
