Tra vuoti e magie, il ritorno di Ben Harper a Torino

Ritrovare Ben Harper è sempre una gioia. Per fortuna l’artista statunitense è sempre molto attivo ed elargisce date in Italia con grande generosità. Tra le tante tappe della nostra prima estate di concerti senza restrizioni dall’arrivo del Covid, c’è quella alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, Torino, in occasione dell’ormai consolidato Sonic Park.
Il connubio tra la rassegna piemontese e il musicista originario di Claremont, California, doveva avvenire nel 2021, con posti a sedere numerati e nella veste solista e acustica. Il protrarsi dell’emergenza sanitaria e il lutto per la scomparsa del bassista Juan Nelson, poco prima della scorsa estate, hanno però fatto saltare i piani, portandoci al recupero odierno, questa volta in compagnia dei fedelissimi Innocent Criminals. Inutile dire che la location lascia ancora una volta a bocca aperta, per la bellezza architettonica, per il potenziale degli spazi - forse ancora lontani dalla piena realizzazione, ma con grandi speranze per il futuro - e per il forte potere evocativo.
Ben e soci salgono sul palco per intonare a cappella e in coro “Below Sea Level”, brano che apre anche il nuovo disco “Bloodline Maintenance”, in uscita venerdì. Il vuoto lasciato dal buon Juan si percepisce fin da subito e dà le vertigini: il problema non è il basso, che nella serata verrà egregiamente sostituito da Darwin Johnson, ma una presenza fisica e spirituale che da ventisette anni accompagnava Ben Harper, come colonna portante degli Innocent Criminals. Fortunatamente la banda di criminali al soldo di Ben è sempre compatta e piena di estro. E quando si parla di estro degli Innocent Criminals, il nome di riferimento è sempre quello: Leon Mobley. Lo storico percussionista è come sempre la punta di diamante nello spettacolo. Dispensa sorrisi, corre da una parte all’altra del palco. Un secondo prima lo vedi saltare dietro al suo muro di conga e djembe, un secondo dopo è seduto sul cajon, con l’energia di un bambino che ha appena scoperto il ritmo.
La prima parte dello show procede in scioltezza, attingendo da tutti i generi che da sempre caratterizzano la variegata proposta: blues, rock, folk e quella spolverata di reggae e funk che lo ha reso qualcosa in più del classico cantautore americano. Pur mostrandosi impeccabile, in verità sono pochi i momenti degni di nota a inizio set, salvo i soliti virtuosismi sulla lap steel e sulla chitarra resofonica, che pongono da sempre Ben Harper tra i maestri della tecnica slide. Ogni volta che il buon Ben si siede e appoggia uno strumento a corde sulle proprie gambe, si ha la consapevolezza di essere sulla rampa di lancio per un viaggio di sola andata verso la meraviglia. Non fa eccezione questo concerto, soprattutto nel momento della toccante “Inland Empire”, unico episodio estratto dall’ultimo album solista: lo strumentale “Winter Is For Lovers”.
Ma è dalla celebre “Don't Give Up on Me Now” che l’esibizione cambia davvero passo, prendendo per mano la platea del Sonic Park per accompagnarla nel cuore pulsante del mondo di Ben Harper. Asciugate le doverose lacrime per la struggente supplica di uno dei brani più belli della carriera - “I need to change, I don't know how / Don't give up on me now” - e messi via i cellulari che la successiva “Diamonds On The Inside” attrae sistematicamente, è tempo di sprigionare la vera potenza degli Innocent. “How Dark Is Gone” e “Finding Our Way”, l’eredità del bellissimo album “Call It What It Is” del 2016, ci mostrano una band ancora nel pieno della propria vitalità, fiera del materiale post-reunion.
Un tuffo nel passato per “The Will to Live” (title-track del 1997) e poi la solita, meravigliosa vetta: “Amen Omen”, da quasi vent’anni cantata da Ben con l’enfasi che l’ha reso uno degli interpreti più apprezzati del cantautorato americano. Un saluto frettoloso, una breve pausa, e si torna sul palco per un lungo encore che ha il compito di completare il climax.
Quasi mezz’ora di musica in più, chiusa da una favolosa tripletta finale: “With My Own Two Hands”, “Walk Away” e “Waiting on an Angel”. Rispettivamente la migliore prova performativa, il pezzo più emozionante e l’accorata dedica ad una persona, Pietro, che merita che il brano venga ripetuto dopo una richiesta di assoluto silenzio. Se fossimo nel Wizarding World della scrittrice britannica J. K. Rowling, potremmo dire di aver trovato a fine serata tre Horcrux. Un Horcrux è un oggetto in cui un mago oscuro ha nascosto un frammento della propria anima al fine di raggiungere l'immortalità. Ben, pur essendo tutt’altro che oscuro, dev’essere riuscito a trovare il modo di trasferire una parte di sé nell’esecuzione di queste tre canzoni, se non per l’immortalità, almeno per entrare magicamente nelle vite dei propri fan e tornare a casa con loro, dopo l’ennesimo concerto memorabile.