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Rancore: “Per scrivere questo disco sono quasi impazzito”

Il rapper romano racconta “Xenoverso”, il suo nuovo visionario progetto.
Rancore: “Per scrivere questo disco sono quasi impazzito”
Credits: Giovanni Onofri

In un’epoca in cui le verità sono spesso in ostaggio, Rancore compie un’operazione magica e visionaria: crea un mondo narrativo e musicale in cui perdersi e ritrovarsi, in cui abbracciare nuove forme di veridicità per conoscere qualche cosa di nuovo di noi stessi. Il nuovo disco “Xenoverso” arriva dopo la duplice esperienza al Festival di Sanremo, dapprima nel 2019 al fianco di Daniele Silvestri come co-autore del pluripremiato brano “Argento vivo”, e successivamente nel 2020 con la sua “Eden” che gli è valsa la vittoria del premio Sergio Bardotti per il miglior testo.

Un viaggio fantasy

Non è solo un album, è un viaggio fantasy, da 17 tappe, attraverso qualche cosa che mette alla prova. È il progetto più ambizioso nella carriera dell’artista. “Tutto parte da alcuni principi filosofici in cui l’interpretazione gioca un ruolo importante – racconta Rancore – il significato che ho attribuito io alla parola ‘xenoverso’ è quello che maggiormente rappresenta il disco, per questo l’ho chiamato così. Io spesso ho provato la sensazione di stare in un universo straniero. La musica, la scrittura e la fantasia mi hanno permesso di visitare luoghi e mondi sconosciuti. Io in primis, con quello che è stato ribattezzato il mio ‘rap ermetico’, ho creato realtà parallele. Non avevo mai trovato, però, una parola che potesse raccontare tutto questo, che facesse da recipiente. Con questo progetto l’ho trovata e l’ho sviluppata”.

La colonna sonora di un film

Da qui la creazione di una storia, di un universo confinante con il nostro. “Piano piano ho iniziato a costruire le regole, i personaggi, le leggi fisiche, le piante, gli animali di questo xenoverso, come se fosse un mondo reale retto da alcuni principi – continua Rancore – in tutto questo c’è anche un significato politico e sociale: tutte quelle realtà che non facciamo rientrare nel nostro campo, sono percepite come straniere, generano paura e incomprensioni. Il disco parla proprio di una guerra tra i ‘versi’ e della necessità del raggiungimento di una pace”. Le canzoni delineano la narrazione, permettono all’ascoltatore di immergersi nel Matrix costruito scientificamente da Rancore. Le parole e i brani si collegano, si richiamano, tutto trova un equilibrio. “I pezzi sono la colona sonora di un film che per me già esiste – prosegue – Margherita Vicario e Naty non sono solo due collaborazioni presenti nell’album, ma rappresentano due incontri che fa il protagonista della mia storia”.

Rompere il concetto di disco

L’obiettivo è stato chiaro sin da subito: realizzare un “meta disco”. “Voglio rompere il concetto di disco, da bambini quando si colora oltre i segmenti delle figure è naturale, non ci si pone il problema – ammette Rancore – l’esterno è una proiezione di quello che abbiamo dentro. Inizio compiendo un percorso che parte da dentro di me e poi diventa una sfida con l’esterno. A volte, uscendo da noi, possiamo intraprendere un sentiero o un labirinto. Non ti nascondo che per scrivere questo album sono quasi impazzito perché sono veramente entrato nell’altro mondo. Ho combattuto delle battaglie. Ho perso delle convinzioni. Ho capito che nelle piccole cose c’è qualche cosa di immenso”. Ma come si rompe l’idea di album? “Nella copia fisica del disco ci sono delle figurine che mancano – sottolinea il rapper – darò i mezzi per trovarle. Per farlo sarà necessario uno sforzo attivo, bisognerà muoversi, incontrare delle persone, dialogare e confrontarsi. I due mondi, quello del disco e quello reale, si sovrapporranno. Ho anche creato un portale per immergersi nella storia: www.xenoverso.com”.

La fantasia come porta per il divino

Carmelo Bene, provocatoriamente, diceva che a volte il “non capire” rappresenta una magnifica occasione di abbandono. Ma la domanda è necessario porsela: tutto questo non può risultare troppo cervellotico e pesante? “È un quesito che mi pongo sempre – sorride Tarek Iurcich, questo il suo vero nome – le cose che mi appassionano e mi piacciono richiedono degli sforzi, non si spiegano in due minuti. Hanno bisogno di tempo. Per me un disco non deve necessariamente attenersi a regole di mercato, regole che abbiamo deciso noi. Inoltre questo non è il mio album più hardcore, grazie alla bravura dei produttori coinvolti (Dardust, Dade, d.whale, Michelangelo, Meiden e Jano, già al fianco di Rancore nel precedente “Musica per bambini”, ndr) ci sono diverse parti melodiche e accessibili. Io credo che sia la fantasia a dover sempre prevalere perché è l’unica porta che permette di accedere al divino. Ho bisogno di avere fede, di avere fede nel mondo”.

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