Anna Tatangelo è stata l'occasione mancata del pop italiano
“La sua canzone è una specie di inno delle nuove generazioni”, dice, rivolgendosi alla platea dell’Ariston, Pippo Baudo, padrone di casa che con i concorrenti in gara ai suoi Festival è notoriamente affettuoso e accogliente. Con la ragazza acqua e sapone in jeans e canottiera che accompagna per mano al centro del palco sembra esserlo un po’ di più. Anna Tatangelo ha solamente 15 anni quando nel marzo del 2002 – esattamente vent’anni fa – vede la sua carriera, appena agli albori, essere baciata dal lanciatore di talenti più celebre della tv italiana. Nel vero senso della parola. Un affettuoso bacetto sulla guancia di fronte a 12 milioni di spettatori, che imbarazza non poco la già timida e impacciata cantante, arrivata tra i giovani in gara al Festival di Sanremo da Sora, piccolo comune del Basso Lazio in provincia di Frosinone (che viene idealmente portato anche all’Ariston con una foto che ritrae Anna in mezzo ai genitori dietro al banco del forno che questi gestiscono, noto nella zona perché ancora oggi sforna le migliori ciambelle sorane, un prodotto tipico locale), dopo aver partecipato e vinto svariati concorsi regionali e nazionali. La sua canzone si intitola “Doppiamente fragili” ed è un manifesto: “Ho soltanto la mia età / tra le mani / pochi amici e due o tre guai / e chi se li prende mai”, sussurra lei nei primi versi del brano. Anna non pensa al successo: l’unica preoccupazione, per lei, sono i commenti dei compagni di scuola e del suo paesino. Che al rientro, da vincitrice, l’accoglierà da eroina.
I fischi del pubblico
Sei anni dopo il palco è lo stesso, il conduttore pure e la cantante anche. Di anni ne ha 21, stavolta. E canta una canzone con un significato ben diverso: “Il mio amico” non è un pezzo adolescenziale o quello che ci si aspetta da una ventunenne (“Sono nata vecchia e sto ringiovanendo”, avrebbe detto lei nel 2019, due anni prima di pubblicare un disco tra – tutto vero – urban e trap). Parla delle discriminazioni subite da un ragazzo – un amico dell’interprete – omosessuale, sebbene l’associazionismo lgbt giudichi quel testo un po’ goffo, tra luoghi comuni e versi che oggettivamente suonano un po’ come quelli di una canzone di Checco Zalone: “A chi dice che non sei normale / tu non piangere su quello che non sei”. La canzone porta la firma di Gigi D’Alessio, che di Anna Tatangelo è il compagno, e che la sera della finale del Festival di Sanremo 2008 è seduto tra le prime file della platea del Teatro Ariston: “Gigi ti amo”, dice la cantante sul palco, dopo essere stata premiata per il secondo posto in classifica (vincono Giò Di Tonno e Lola Ponce con “Colpo di fulmine”, con lo zampino di Gianna Nannini). I fischi, soprattutto quelli delle donne sedute in platea, la travolgono. D'altronde nel 2008 Gigi D'Alessio è una sorta di sex symbol per il pubblico femminile, che ha conquistato con canzoni come "Non dirgli mai", "Como suena el corazon", "Tu che ne sai", "Miele", "La forza delle donne". In quell'istante Anna Tatangelo diventa la donna più invidiata - e di conseguenza odiata - d'Italia. I conduttori ridacchiano, Baudo - pensando forse allo share - parla anche di una presunta maternità, alimentando quel clima di ostilità da parte della platea nei confronti della cantante. Da quel momento in poi, quella che sembrava una carriera di successo subirà una brusca battuta d’arresto destinata a durare troppo a lungo.
I pregiudizi e i gossip
La storia tra D'Alessio e Tatangelo era venuta alla luce nel 2006 - quattro anni dopo il duetto su "Un nuovo bacio" - e aveva subito sollevato un polverone a causa della grande differenza d'età tra i due: lei all'epoca aveva 19 anni, lui - che si stava lasciando alle spalle il primo matrimonio - ne aveva 39. "Alcuni giornalisti sono sempre stati più affamati di gossip che di altro. Si appassionarono morbosamente a quella storia: non si capacitavano del fatto che io fossi legata a un collega molto più grande di me perché c’erano dei sentimenti veri, reali. E poi durante i vari Festival non parlavano della canzone in gara, ma del trucco, del tacco, della scollatura. Non era sessismo: capii che volevano ferire la persona, non la cantante”, dirà, molti anni dopo quell'episodio, la cantante. E ancora, parlando dell'atteggiamento snobistico dell'establishment musicale nei suoi confronti: “Una volta mi capitò di sentire in vivavoce un direttore di una radio, che non menzionerò, che disse: ‘Lei per me è un’artista grandissima, ha una bellissima voce. Ma siccome è legata a Gigi, non la passerò’. Quello per me fu un grande colpo basso”. Qualche sassolino se lo toglie anche con le canzoni. “Era troppo facile, credimi, sparare a zero / su un’anima fragile con le parole di vetro”, canta in “Anna zero”, la title track dell’omonimo album in salsa urban-trap dell’anno scorso, il primo inciso da indipendente dopo la rottura con le multinazionali.
La fine dell'incantesimo
Che il gossip abbia avuto un peso eccessivo sulla sua carriera e che quell’episodio a Sanremo, nel 2008, abbia di fatto spezzato un incantesimo lo testimonia, al di là delle parole, il fatto che negli ultimi tredici anni, dopo hit come la stessa “Un nuovo bacio”, “Ragazza di periferia”, “Quando due si lasciano”, “Essere una donna” e “Colpo di fulmine”, Anna Tatangelo non abbia mai più vinto un Disco d’oro, nonostante un’esposizione non indifferente: dai talent e i reality (ha fatto il giudice a “X Factor” nel 2010, e tutti ricordiamo quel “quando la persona è niente l’offesa è zero” diventato cult, ha partecipato a “Ballando con le stelle” nel 2012 e a “Celebrity MasterChef” nel 2018, dal 2020 è nella giuria di “All together now”) ad altri programmi tv (ha co-condotto “I migliori anni” con Carlo Conti, “About love” e condotto “Scene da un matrimonio”), passando di nuovo per il Festival di Sanremo (è tornata in gara nel 2011 con “Bastardo”, nel 2015 con “Libera” e nel 2019 con “Le nostre anime di notte”). La cantante laziale non si è rilanciata nelle classifiche neppure quando ha sposato operazioni iperpop come “Muchacha” (era il 2014, la scrisse Kekko Silvestre dei Modà, la cui firma in quel periodo era garanzia di successo per chiunque, da Annalisa a Bianca Atzei) o il remake di “Ragazza di periferia” con Achille Lauro.
Un milione di copie vendute, 20 tra Dischi d'oro e di platino
Eppure il talento c’era (e c’è ancora), le potenzialità anche. E i numeri, soprattutto. Che forse abbiamo dimenticato troppo in fretta. In quell’intervallo di tempo lungo sei anni, compreso tra il Festival di Sanremo 2002 e il Festival di Sanremo 2008, sembrava che Anna Tatangelo dovesse diventare da un momento all’altro la nuova regina della musica italiana, lottando faticosamente contro i pregiudizi e schivando le cattiverie più pesanti (anche da parte delle colleghe), per poi vedersi puntualmente sorpassare da altri personaggi, prima che i talent archiviassero per sempre la fase sanremocentrica del pop italiano sfrattando dalle classifiche tutto ciò che era uscito in quel periodo, riscrivendo le regole del gioco. In fondo non era mica da tutti, all’epoca, vendere un milione di copie in cinque anni tra album e singoli, quando i dischi si acquistavano davvero e nelle automobili c’erano ancora i lettori cd, o collezionare 20 tra Dischi d’oro e di platino - 9 dei quali vinti dalla sola "Essere una donna", l'inno femminista scritto da Mogol, 180 mila copie vendute nel 2006, in top 20 per oltre due mesi - quando le soglie delle certificazioni erano ben superiori a quelle attuali (che premiano chiunque con grande, forse eccessiva, semplicità). Quella ex ragazzina che vent'anni fa cantava di avere soltanto la sua età, senza immaginare quanto e come la sua vita sarebbe cambiata in una manciata di anni, facendola diventare grande, adulta, matura più in fretta del previsto, si consolerà realizzando che a distanza di una quindicina d’anni quelle canzoni, piacciano o no, restano successi musicali tangibili, non tormentoni da una stagione e via.